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Dieselgate, ex ingegnere Volkswagen condannato a 40 mesi di carcere

James Robert Liang, ingegnere 63enne, collaborò alla creazione del software per alterare le emissioni aiutando il costruttore tedesco a nascondere la frode: per il giudice statunitense al quale è stato affidato il caso l’uomo si è macchiato di un reato grave.
A cura di Matteo Vana
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L'eco del Dieselgate risuona ancora: a distanza di quasi due anni dallo scoppio del più grande scandalo automobilistico della storia, infatti, è arrivata la prima condanna. A finire in manette, infatti, è stato James Robert Liang, 63enne ingegnere che all'epoca dei fatti lavorava per il gruppo Volkswagen, che dovrà scontare 40 mesi di carcere negli Stati Uniti oltre a versare una multa di 20.000 dollari.

L'uomo collaborò alla realizzazione del software incriminato

Una pena, quella comminata all'ingegnere di origini indonesiane, più alta rispetto alla richiesta del pubblico ministero che aveva deciso di non andare oltre i 3 anni, ma migliore rispetto a quella alla quale sarebbe andato incontro senza collaborare con le autorità: Liang, infatti, rischiava fino a 7 anni di reclusione. Gli avvocati difensori avevano chiesto un anno di arresti domiciliari e 1.500 ore di lavori socialmente utili sostenendo che l'uomo eseguiva solamente gli ordini, ma per il giudice Sean Cox l'uomo, che collaborò alla creazione del software per alterare le emissioni aiutando il costruttore tedesco a nascondere la frode, si è macchiato di un reato serio; fornendo informazioni sui principi e sulle motivazioni illegali dei dipendenti Volkswagen è riuscito ad avere un piccolo sconto pur non evitando il carcere.

Il fatto che Liang abbia collaborato con la giustizia e che fosse pronto a deporre contro Oliver Schmidt, il manager in prigione da gennaio negli Stati Uniti nell’ambito della stessa inchiesta, non ha pesato sul giudizio tanto che il giudice ha chiaramente specificato come questo "non giustifichi il proprio comportamento". La vicenda giudiziaria intorno allo scandalo Dieslegate è tutt'altro che chiusa: gli Stati Uniti, infatti, hanno emesso cinque mandati di cattura internazionale per i manager del gruppo tedesco e Liang, stando agli ultimi sviluppi, non sarà di certo l'unico a pagare. La sua condanna è solo l'ultimo capitolo di una storia che sembra non avere fine.

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