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F1, GP di Singapore: come si guida a Marina Bay

Un circuito scandito da 23 curve, quello di Singapore. Ben 13 vanno affrontate in prima. Per Hamilton è fisicamente più stancante di Montecarlo. Location suggestiva, ma in pista si prevedono pochi sorpassi. Ai piloti servirà molto carico aerodinamico e sospensioni morbide.
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Una location suggestiva come poche. Un circuito noioso come pochi. È questa profonda contraddizione che ha impedito al circuito di Singapore, pur con lo spettacolare skyline di Marina Bay e il fascino dei riflettori, di diventare un classico.

Che fatica – Lo stile dei nuovi circuiti finisce per essere soggetto alle mode come l'architettura. Nei primi anni 2000 dominano i non-luoghi, impianti asettici di cemento come Sepang, Bahrain, Shanghai o Istanbul. Poi, lo stile è cambiato, e la F1 ha inseguito il mare, o meglio i grandi yacht. Sono nati così i circuiti di Valencia, Yas Marina a Abu Dhabi, e Marina Bay, il più elegante, il più maestoso di questo lotto di nuovi impianti che si ispirano a Montecarlo. Monaco, però, non è popolare e unico solo per le grandi barche che fanno da sfondo. Del Principato, Singapore non ha il glamour, non ha il prestigio, non ha le curve storiche come la Sainte Dévote, il tunnel, il Tabaccaio o la Rascasse. Singapore ha solo una successione di 23 curve lente, di cui 10 vanno affrontate in prima o seconda e solo una in quarta, e questo lo rende molto faticoso per i piloti, anche più di Monaco secondo Hamilton. È una pista in cui il motore lavora in gran parte tra gli 8.000 e i 13.000 giri al minuto, che richiede 80 cambiate a giro, il 50% in più di quanto avviene in media negli altri GP del Mondiale

Il circuito – La prima curva, intitolata a Benjamin Henry Sheares, il secondo presidente di Singapore, è una delle più rapide del tracciato. Si arriva a quasi 290 kmh in vista della prima combinazione sinistra-destra-sinistra. Le prime insidie arrivano alla curva 5, una svolta a destra di 90 gradi, con il cordolo un po' alto in uscita che può facilmente sbilanciare la vettura e un muro a sinistra in uscita che non lascia spazio a errori o rischi eccessivi in accelerazione. Segue il rettilineo lungo Raffles Boulevard che chiude il primo settore. È la parte più veloce del circuito. Le vetture sfiorano i 300 kmh prima della curva 7, a sinistra, la Memorial Corner, così chiamata perché in prossimità di un cimitero civile della Seconda guerra mondiale: è la più dura frenata del circuito. La curva 8, a destra, apre a un passaggio a sinistra, anche qui con un muro in uscita che non consente troppe deviazioni dalla traiettoria standard, e al rettilineo che costeggia il municipio. La combinazione che segue, una successione sinistra-destra-sinistra, è uno dei punti più amati dai fotografi che immortalano le vetture cercare respiro sui cordoli rialzati. Altra doppia destra-sinistra alla 11 e alla 12 e, passato l'Anderson Bridge, si entra nella parte più lenta di tutto il tracciato. La 13, un tornante stretto a sinistra, è stato modificato per aumentare la velocità di percorrenza e in uscita sulla Esplanade Drive, così da incrementare la possibilità di sorpassare ritardando la staccata alla 14, a destra, la più lenta del percorso (85 kmh), ora a raggio ridotto rispetto alla prima versione. La 15 è niente più di una rapida deviazione a destra prima del rettilineo che riporta i piloti dalla parte opposta del tracciato, verso altre due doppie curve, del rettilineo che costeggia l'ingresso in pit lane, collocata in un punto piuttosto criticato dai piloti nella prima edizione perché il differenziale di velocità tra chi entrava ai box e chi no avrebbe potuto creare disagi, ed è stata poi ulteriormente anticipata.

Le chiavi – Su un circuito così, con una velocità media di 170 kmh e solo il 45% del tempo sul giro con il gas aperto, i freni sono particolarmente sollecitati. Nessuna delle 13 frenate è di per sé particolarmente impegnativa, ma il ritmo è serrato e non è facile trovare tempi e spazi adeguati per il raffreddamento. Motore termico e turbo avranno vita relativamente tranquilla, ma l'MGU-K (l'ex KERS) dovrà recuperare abbastanza energia cinetica dalle frenate per mantenere l'efficienza della batteria lungo l'intero giro. L'assetto ideale prevede un alto carico aerodinamico, con un ala anteriore diversa rispetto a Monza per mantenere l'aderenza su una delle piste più abrasive del Mondiale e ridurre il sottosterzo (vista la vicinanza delle barriere). Le sospensioni dovranno essere particolarmente morbide, perché su un circuito lento, stretto, con cordoli molto alti, soprattutto alla Sheares e alla curva 4, l'agilità e la flessibilità della vettura faranno la differenza.

Le gomme – Dopo Monza, dove sono scese in pista le due mescole più dure della gamma, a Singapore Pirelli porterà le più morbide, le P Zero Yellow soft e le P Zero Red supersoft. A Marina Bay, dove si gira in senso antiorario, sono le gomme posteriori ad essere più sollecitate, soprattutto la sinistra che deve fronteggiare accelerazioni sia longitudinali che laterali. “Abbiamo scelto le due mescole più morbide per il loro rapido warm-up e gli elevati livelli di grip meccanico: caratteristiche fondamentali per un circuito cittadino” ha spiegato il direttore motorsport Paul Hembery. “Le specifiche di quest’anno sono in realtà più morbide rispetto allo scorso anno, quando scegliemmo la media e la supersoft, quindi ci aspettiamo di vedere strategie gomme interessanti da parte dei team. Tradizionalmente c’è una elevata possibilità di ingresso della safety car, per questo le strategie devono essere sufficientemente flessibili. Con un campionato sempre più acceso, tutti i segnali indicano che assisteremo ad una gara emozionante e imprevedibile”.

GP SINGAPORE – LA SCHEDA

Race Date:     21 Sep 2014
Circuit Name:     Marina Bay Street Circuit
First Grand Prix:     2008
Number of Laps:     61
Circuit Length:     5.065 km
Race Distance:     308.828 km
Lap Record:     1:48.574 – S Vettel (2013)

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