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F1, la storia di Alonso in Ferrari

Il quinquennio di Alonso in Ferrari è una grande occasione mancata. Ha conquistato quasi 1200 punti, ma ha vinto gli stessi GP di Massa.
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Triste, solitario y final. Abu Dhabi è il capolinea del lustro di Alonso in Ferrari. Un quinquennio che ha il gusto un po' amaro delle cose perdute, l'inequivocabile sentore di un'occasione mancata. In cinque anni in Ferrari, ha vinto 11 GP, praticamente gli stessi di Massa, anche se il brasiliano è rimasto di più. Ha conquistato 44 podi e 1186 punti. Nei primi cinque anni in Rosso, Schumacher aveva già firmato 34 successi, 33 pole e 2 titoli mondiali. Il confronto, purtroppo, è impossibile da sostenere. "Già ci pensavo nel 2013" ha detto. "Io senza Montezemolo non ci sto più". E' finita un'era, dunque. Al divorzio dall'uomo simbolo dell'epoca degli Agnelli si accompagna il divorzio dal pilota che ne ha segnato l'ultima fase, il declino dopo l'abbagliante luce di Michael Schumacher. Una fase di ripensamenti, di attenzione ai fatturati e ai bilanci più che alle corse, nella F1 dei piloti "sponsorizzati", del contenimento dei costi e dei motori super-costosi. Abu Dhabi è una fine e un inizio. E' futuro e moderno, è l'appendice di quel passato e la prima tappa della nuova stagione targata Marchionne, con la Ferrari a Wall Street e un nuovo cavallo vincente su cui puntare.

Le tappe chiave – E' proprio Abu Dhabi il primo grande rimpianto dell'asturiano, per l'errore di strategia che gli costa un Mondiale praticamente già vinto. I dubbi aumentano in inverno, Alonso non crede nei tecnici del Cavallino che hanno messo a punto una vettura tutt'altro che competitiva. La frattura si consuma in Spagna, con le Rosse addirittura doppiate. Alonso rinnova il contratto fino al 2016, a pagare è il dt Aldo Costa, che poi andrà a partecipare alle fondamenta della nuova era Mercedes. Non era stato Alonso a chiedere la sua testa, ma non fa niente per difenderlo. Le prospettive per il 2012 non sono certo positive, ma le Ferrari trovano prestazioni inattese. Le qualità di "guidatore" di Alonso fanno il resto e dopo la terza vittoria in rosso, in Germania, il suo vantaggio su Vettel sale a 44 punti. Il sogno Mondiale sembra vicino, bello e possibile. Ma è una chimera illusoria, dolorosa. A Singapore, perde vantaggio competitivo e pazienza. "Sono quattro anni che la Red Bull ci distacca di un secondo al giro" sbotta. Se la prende ancora con il team, che non avrebbe portato innovazioni aerodinamiche di rilievo. Tombazis le promette prima del GP di Corea, ma Alonso è in versione san Tommaso: "Vediamole in pista, le parole non servono". E' un condottiero accerchiato in India: si qualifica quinto con Pat Fry convinto che ci fosse abbastanza potenziale per agganciare almeno la seconda fila. La frattura tra il pilota e la squadra non sarà mai del tutto sanata, a dispetto delle interviste recenti. "Correre in Ferrari è speciale", ha ripetuto più volte l'asturiano, ma il sotto testo è chiaro: è l'identità del brand che fa speciale la Ferrari. Vettel vince un altro Mondiale all'ultima gara, ma l'anno successivo sembra davvero quello buono. Alonso vince due delle prime cinque gare, salvo pagare una strategia "politica" perdente. Red Bull e Mercedes vogliono cambiare le gomme. Alonso e Domenicali si dichiarano contrari alle Pirelli, che però verranno scelti come pneumatici ufficiali. Vorrebbe anche l'assunzione di Pat Symonds, l'ex direttore tecnico della Renault, ma si scontra con l'opposizione di Domenicali. In estate, poi, dichiara di voler passare alla Red Bull. Il legame con la squadra è ai minimi storici. Montezemolo lo bacchetta, ma la trattativa con Horner c'è davvero, e in off season lo scambio con Vettel, di fatto rimandato di un anno, sembra cosa praticamente fatta. Il resto è cronaca recente di una scuderia che ha partecipato all'approvazione delle nuove regole e poi si è fatta trovare del tutto impreparata alle conseguenze.

Divorzio inevitabile – Qualcosa si è irrimediabilmente rotto, dunque, tra il pilota e la squadra. Le parti si sono staccate irrimediabilmente, e non c'è stata mai una vera volontà di trovare un collante che potesse far rinascere un feeling dai cocci di una separazione comunque rancorosa. Perché se Alonso andava forte era merito suo, se andava male era colpa della squadra. Perché Alonso voleva vincere presto, e Domenicali poi Mattiacci, Montezemolo poi Marchionne, sono alle prese con una rivoluzione tecnica e gestionale dai tempi incerti ma sicuramente non immediati. Perché gli errori e le omissioni non sono mancati, e si sono ingigantiti nell'orizzonte opaco di una delusione reciproca, di una disillusione che offusca le prospettive e toglie serenità. "Sono estremamente fiero dei secondi posti in Ferrari, si chiude una porta e se ne apre una nuova. Ora si apre un nuovo capitolo della mia carriera, era il momento di avere un nuovo progetto e stimoli nuovi. Il tempo dirà se è stata la decisione giusta" ha detto in conferenza stampa. Lo spagnolo correrà il Gran Premio di Abu Dhabi con un casco speciale, con le foto e gli autografi dei membri del team: "Sono contento e fiero di loro e voglio portarli in pista con me". Un gesto consolatorio e per certi versi tardivo. Un gesto triste, solitario e finale, come la sua ultima corsa in Ferrari.

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