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F1: orgoglio nazionale, quando auto e pilota diventano profeti in patria

Nella storia della Formula 1 non sono molti i piloti a potersi vantare di aver vinto con una vettura del proprio paese: Rosberg è stato l’ultimo a riuscire nell’impresa, prima di lui questo onore era riservato solo a britannici e italiani.
A cura di Matteo Vana
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Nico Rosberg festeggia il titolo mondiale - Getty Images
Nico Rosberg festeggia il titolo mondiale – Getty Images

"Nemo propheta in patria" recita una delle locuzioni più famose al mondo: l'impresa di Nico Rosberg, capace di battere Lewis Hamilton in duello durato una stagione intera, vincendo il campionato mondiale con la Mercedes, primo tedesco nella storia della Formula 1 a riuscirci, è ancora negli occhi di tutti. Nel circus già vedere un pilota guidare una vettura della sua stessa nazione è un caso raro, figurarsi poi vederlo trionfare diventando campione del mondo: un fatto eccezionale, ma che, da quando esiste il mondiale, si è verificato in più di una occasione.

I pionieri Farina e Ascari

L'alba del mondiale di Formula 1 si fa iniziare nel 1950, è quello il primo ad essere considerato il campionato del mondo. Le gare in programma sono solo 7 – 6 GP europei più la 500 Miglia di Indianapolis -, alla fine a spuntarla è un italiano, Nino Farina, che precede quello che poi diventerà il campionissimo Fangio. Il pilota gentiluomo che correva con il sigaro in bocca è il primo campione del mondo in Formula 1 e anche il primo a centrare il binomio pilota-macchina della stessa nazionalità: Farina, infatti, corre con l'Alfa Romeo, casa storica del Bel Paese. Bastano due stagioni per assistere ad un'altra accoppiata, ancora tricolore: a metterla a segno, stavolta, è Alberto Ascari, figlio d'arte che trionfa con la Ferrari portando a Maranello il primo trofeo. Ascari, però, riesce a fare meglio anche dell'illustre predecessore, bissando il titolo l'anno dopo: fu l'ultimo trionfo di un italiano sulla Ferrari.

L'armata britannica

Se i primi a potersi vantare di aver centrato la doppietta sono gli italiani, a farla diventare una tradizione sono stati i britannici. Il primo a riuscirci fu Graham Hill che nel 1962, al volante della BRM, conquistò il suo primo mondiale. La stagione dopo toccò a Jim Clark: ancora un britannico, ma stavolta è la Lotus a permettergli di centrare l'accoppiata. Gli anni '60 sono caratterizzati dal dominio inglese, Hill e Clark riescono a conquistare altri due mondiali – uno a testa – ancora con la Lotus. Ad interrompere il dominio dei sudditi di Sua Maestà arriva Jochen Rindt nel 1970, ma è un fuoco di paglia. Già nel 1971 – e poi nel 1973 –  è Jackie Stewart con la Tyrrell a rimettere le cose in chiaro mentre James Hunt, nella stagione 1976, dopo un duello serrato con Niki Lauda e l'incidente occorso proprio il campione austriaco, riesce a portarsi a casa il titolo con la McLaren. Ne segue poi un lungo periodo di digiuno, interrotto da Nigel Mansell che nel 1992 porta in trionfo la Williams. Ancora una volta è il Regno Unito a scrivere la storia della Formula 1.

Hamilton e Button gli ultimi a riuscirci

Non si scappa da quella che sembra essere una delle regole non scritte della Formula 1, è sempre la Union Jack a sventolare quando si parla di piloti e motori. Nel 1996 c'è in pista Damon Hill, figlio d'arte: tale padre, tale figlio, il destino si compie puntuale. Un britannico su una vettura britannica vuol dire successo, la storia del pilota Williams, capace di salire sul tetto del mondo in quell'anno lo dimostra. Ma il mondo della Formula 1 è universo particolare, un mondo a parte: guardando ai piloti che hanno vinto più di tutti nella storia dei campionati, ossia Michael Schumacher, Juan Manuel Fangio e Alain Prost, non trovano posto piloti britannici, ma una volta seduti al volante di una vettura che batte bandiera di Sua Maestà diventano inarrestabili. Gli ultimi due casi sono recenti e, neanche a dirlo, hanno ancora come protagonista l'Inghilterra. Nel 2008 è Lewis Hamilton ad essere profeta in patria, la sua McLaren riesce a portarlo sul tetto del mondo per la prima volta in carriera mentre l'anno dopo è ancora una prima volta, ma, se possibile, più clamorosa. L'eroe dell'anno è Jenson Button che con la neonata Brawn Gp si laurea campione in uno dei campionati più strani degli ultimi anni. L'ultimo in ordine di tempo, unico insieme a Farina e Ascari a riuscirci è proprio Nico Rosberg. Un trionfo il suo che, vista la storia del mondiale di Formula 1, è ancora più incredibile: perché, a volte, anche chi non ha la fortuna di essere nato sotto la bandiera della Union Jack ha la fortuna di essere profeta in patria.

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