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Fernando Alonso, la costruzione di un campione

Fernando Alonso compie 34 anni. E’ il pilota che ha conquistato più punti nella storia della F1 insieme a Vettel. Ha battuto ogni record di precocità. Per celebrare il suo compleanno, ricordiamo i suoi inizi e i tanti momenti decisivi vissuti in Italia.
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Ha iniziato a correre prima di imparare a contare, Fernando Alonso. Era il più piccolo di tutti quando correva sui kart, e alla fine di ogni gara diceva a tutti sempre le stesse due parole. “Yo gané”, io ho vinto. E José Luis Echeverria, che ha costruito il Circuito de Asturias, la prima pista a Oviedo, terra di calcio e di rally, e ha adottato quel bambino così piccolo eppure già così difficile da superare, gli dava una coppa come a tutti gli altri. È lì, insieme ai piloti asturiani Alejandro Rodríguez, Miguel Diego, Alberto Hevia, Sergio Fonbona, Emilio Carlón, che è nata la leggenda del Nano.

Il primo kart – Ha iniziato per caso, sul kart che papà Jose Luis, impiegato nella fabbrica di esplosivi Explosivos Río Tinto, aveva costruito per la sorella Lorena, che però si è spaventata e si darà alla medicina. A due anni nemmeno arriva ai pedali ma col motore al minimo comincia a girare il volante e non sbatte mai. E quando passa a fare pratica nel parcheggio di un ipermercato, il risultato non cambia: il piccolo Fernando non prende mai le macchine parcheggiate. Per farlo correre prima dei dieci anni, Etcheverria inventa la categoria dei 50 cmc e realizza il suo primo kart: telaio Artesanal e motore Minarelli ricavato da un ciclomotore. Ha già le sue scaramanzie. “Non voleva nonno Tante e nonna Luisa al circuito, diceva che portavano sfortuna” diceva alla Gazzetta dello Sport. “Loro guardavano la corsa di nascosto e sbucavano in caso di vittoria”. È sempre Etcheverria che lo accompagna a Parma. È il primo incontro con l’Italia. E l’Italia gli cambierà la vita.

Il secondo non conta – Ricordo una gara che ho corso lì quando avevo 13 anni” ha raccontato. “Sono arrivato secondo, e per uno spagnolo in Italia era come una vittoria. Ma quando sono rientrato, erano tutti seri e l’ingegnere mi ha detto: Arrivare secondo adesso va bene, ma ricordati che il primo vince, il secondo è solo il primo degli stupidi”. Manca ancora un ultimo tassello, però, per il lancio della carriera di Alonso sui kart. Etcheverria ha raccomandato Alonso a Josip Marcó, che con la sua famiglia gestiva una squadra e due kartodromi in Costa Brava. Suo figlio Genís cerca e trova contatti con i grandi marchi della specialità. È lui che lo proietta a Zingonia, da Mauro Pozzi, alle spalle una carriera decennale di meccanico, stratega della storica Iame. "La fortuna non è stata la loro nel conoscere noi, ma la nostra nell'incontrare ragazzini con un talento innato per questo sport e tanta voglia di arrivare", racconta Pozzi in un’intervista in cui ricorda anche come con i suoi motori hanno corso anche Ayrton Senna e Michael Schumacher. È con i propulsori bergamaschi che Alonso vince a Genk il Mondiale junior di kart. Il valenciano Adrián Campos, 17 GP di F1 alle spalle tra il 1987 e il 1988, compagno di squadra di Alessandro Nannini, lo porta in Formula Nissan per sostituire Marc Gené, passato in Formula 1.

La Formula Nissan – Le loro strade si erano già incontrate quando Alonso aveva 14 anni, al Marlboro Master Kart. Il Nano corre la prova dei professionisti e doppia quasi tutti gli avversari. Poi, con una telecamera sul casco, partecipa anche all’esibizione con le leggende dell’automobilismo e non ha paura di sorpassare Campos, Renée Arnoux e Clay Ragazzoni. Il passaggio in Formula Nissan rischia di essere traumatico. Alonso ha gareggiato solo nei kart e non ha ancora la patente. Prima della prima prova, a Albacete, gli spiegano come si inserisce la prima sul bolide da 250 cavalli che andrà a guidare. Alla fine della giornata, gira solo un secondo più lento di Gené, e fa praticamente i suoi stessi tempi già al secondo giorno. Lo spagnolo, attuale collaudatore Ferrari e commentatore Sky, non crede ai suoi occhi: “Davvero questo ragazzino non ha mai guidato una macchina col cambio prima d’ora?”. Alla prima gara arriva quinto, e promette: “La prossima la vinco io”. Come finirà, è quasi scontato. Alonso primo, il secondo è lontano quasi 50 secondi. Dopo un inizio così, può chiudere solo col titolo. E con il premio più ambito, grazie a un accordo con la RPM, gli organizzatori della Formula Nissan: un test in Formula 1 con la Minardi.

Nessuno come lui – Piove quel 13 dicembre del 1999. Piove come in un pomeriggio di molti anni prima, sul Circuito de Asturias, quando l’undicenne Fernando sale sul suo kart e come gli altri ragazzini fa molta fatica a governarlo. Papà Luis, allora, con un modello improvvisato scende in pista per insegnargli la tecnica sul bagnato, i segreti che Ayrton Senna ha imparato sui kart e che l’hanno reso imbattibile sotto la pioggia in Formula 1. E alla fine la gara diventa un’inattesa battaglia padre-figlio, con Fernando che va fuori pista e papà Jose Luis primo. Per il piccolo Alonso è un’umiliazione e quasi non parlerà al padre per tre giorni. C’è anche quel 13 dicembre, Jose Luis, insieme a Campos, al suo vecchio meccanico, Ermanno Cuoghi, un veterano della Ferrari che ha lavorato anche con Jackie Stewart, e Cesare Fiorio. "Avevamo sei piloti in pista – ricordava in un’intervista alla Gazzetta dello Sport-. Lui, mai salito prima su una F.1, rifilò tre secondi e mezzo al più veloce degli altri! Ma impressionò molto il fatto che avesse tutto sotto controllo. Alla prima curva del primo giro in assoluto, sotto l'acqua battente, staccò dove staccava Barrichello con la Ferrari. Lo richiamai subito ai box, dicendogli di stare calmo e non tirare a quel modo. Mi rispose che non stava affatto tirando". Verso la fine, Fiorio gli dice che può fare un giro al limite. Spesso, in questi test, per farsi notare i piloti più giovani provano a strafare già dal primo giro. Alonso invece, “con calma, tolse altri decimi. E allora capii che era davvero un fenomeno”. Sembra una magia, uno di quei giochi di prestigio che gli piace fare con le carte. E alla fine della giornata chiama Rumi, il proprietario della scuderia. “Ho gestito più di 300 piloti in 40 anni” gli dice, “ma uno così non l’ho visto mai”.

"Gli piace correre" – Il resto è storia. È Briatore che lo porta in Renault quando Rumi si ammala e la Minardi ha bisogno di piloti con sponsor munifici alle spalle. È una sequenza di primati di precocità battuti nel 2003: il più giovane in prima fila, il più giovane in pole position, il più giovane a vincere, ma per chi è sempre stato abituato ad essere il più piccolo, il meno esperto in ogni categoria, non fa poi un grande effetto. È storia di un pilota che non si è mai divertito ad amministrare le gare, che è rimasto anche da campione del mondo con l’indole del Nano che volava sui kart. Una storia che si può racchiudere in una frase dell’amico Etcheverria, probabilmente il miglior ritratto dell’Alonso passato, presente e futuro. Una frase che spiega l’arrivo e l’addio alla Ferrari, una scuderia speciale in cui ha smesso di divertirsi, che spiega lo spygate e il ritorno in McLaren, il record di punti nella storia della F1 appena eguagliato da Vettel e la sfuriata con i meccanici a Montreal. “Non gli piace la Formula 1, gli piace correre”.

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