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Ferrari, così è rinato il sogno Mondiale

Dopo due gare, Vettel è a tre punti da Hamilton. Merito del budget aumentato, del progetto di James Allison e di una strategia vincente a Sepang. La Ferrari, per ora, è il principale rivale delle Mercedes. E la sua forza ha indotto all’errore le Frecce d’Argento.
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La vittoria dell'intelligenza sulla forza. Un trionfo di squadra e di strategia. Così, in pochi mesi la Ferrari è passata dalle ombre di Abu Dhabi allo champagne per il successo di Vettel, che dopo due gare si ritrova a tre punti da Lewis Hamilton. Una crescita frutto della nuova galleria del vento, dei 100 milioni in più investiti per ridurre il gap dalle Mercedes, e di una filosofia di progettazione finalmente chiara e univoca. James Allison ha disegnato e realizzato una vettura che ricorda molto da vicino la Lotus E21 del 2013: non può stupire, allora, se Raikkonen che volava due anni fa sia tornato l'Iceman più vigoroso e battagliero sulla SF15-T. Merito anche di Vettel, epifania del nuovo spirito, del nuovo stile che si respira a Maranello.

Strategia vincente – Il successo di Sepang è una vittoria di tattica e di certezze. La sicurezza dei tecnici nel preparare una strategia a due soste e nel mantenerla, senza scimmiottare la maggioranza, dopo la confusione del primo giro e l'ingresso della safety car dà la misura delle fondamenta solide del progetto Ferrari, capace di reggere a un giro quasi intero su tre ruote senza nessun cedimento. E la reazione delle Mercedes, che invece si sono fermate a cambiare le gomme dopo solo quattro giri, l'errore delle Frecce d'Argento che si ritrovano nel traffico mentre Vettel ha la strada libera, è una lezione che Wolff non dimenticherà. Perché l'anno scorso, nonostante i tre successi stagionali di Ricciardo, la rivalità interna Hamilton-Rosberg rimaneva nonostante tutto l'unico orizzonte cui guardare in ottica Mondiale, e qualche problema di affidabilità non cambiava lo scenario complessivo. Quest'anno la situazione è cambiata. Le gerarchie non sono stravolte, le Mercedes rimangono sempre le monoposto da battere, i campioni di tutto, ma i rivali sono cambiati. Con le Red Bull finora matate più dai motori Renault e dal muso corto, vero godot di inizio stagione, con le Williams sempre veloci in rettilineo ma indietro su tutto il resto, le Ferrari diventano i più accreditati avversari delle Frecce d'Argento. E la distanza non è più di sicurezza.

Vettel, grande gestore – Vettel ha fatto il resto, ha messo in mostra il meglio del meglio che ha. Quando ha avuto pista libera, con le Mercedes costrette a destreggiarsi nel traffico, ha costruito il vantaggio. E nel resto della corsa ha gestito le risorse, la macchina, il gap, con la fiducia del front runner che non vince quattro mondiali di fila per caso, che non diventa il quarto più giovane di sempre a toccare le 40 vittorie in carriera per grazia ricevuta. Anche nella Formula 1 dell'elettronica, dei software, delle power unit ibride e dei "tassisti" (copyright Montezemolo), il pilota può ancora contare. Non è più la Formula 1 dei rischi accettati e non calcolati, dei Villeneuve e dei Lauda, di chi con stili diversi sapeva di scendere in pista e rischiare la vita per amore delle corse e dello spettacolo. E il tedesco di Heppenheim, che ammirava Schumacher e ne ha ripreso eredità e stile di guida in una Ferrari in una fase di rifondazione radicale come all'arrivo del giovane Michael, rappresenta la nuova Weltanschauung, lo spirito dei tempi della F1 moderna. Ha puntato dritto all'obiettivo, Vettel, sapeva di poter contare su un cuscinetto di una ventina di secondi, il tempo che serve dall'entrata all'uscita della pit-lane per una sosta standard, e su una vettura più gentile sulle gomme, che le degrada meno anche in condizioni di caldo estremo.

SF15-T, cambio di passo – E non solo questo. La SF15-T ha girato per tutto il weekend su tempi simili alle Mercedes, quando entrambe hanno montato le gomme medie, più performanti di oltre un secondo rispetto alle dure, e hanno vinto sul passo, sulla costanza, sulla durata. Vettel che, con pneumatici hard vecchi di 18 giri, stampa tempi di soli 2 decimi più lenti di Hamilton, con le medie più nuove, è l'indizio che da solo fa una prova. Il segnale che davvero qualcosa, per non dire tutto, è cambiato. Perché nel weekend malese si è vista una Ferrari competitiva in tutte le condizioni, sull'asciutto come sul bagnato, nei tratti veloci (le Mercedes hanno sofferto di più nel primo e terzo settore nelle libere di venerdì) e nella parte centrale, più guidata. Un comportamento che fa pensare a un combinato telaio-aerodinamica capace di bilanciare carico e trazione, tenuta e velocità. E con una power unit evidentemente progredita più di quanto abbia fatto la concorrenza rispetto al 2014, sognare è una distrazione e un dovere.

Futuro – Da Sepang, la Ferrari torna con la conferma più attesa. Per rubare l'espressione simbolo di Guido Meda in un weekend che ha visto anche il trionfo di Valentino Rossi e il primo podio tutto italiano in MotoGp dal 2006, il Cavallino c'è. Ma il meglio, e qui il riferimento alla biografia di Mazzarri è puramente casuale, deve ancora venire. Il team di Maurizio Arrivabene ha speso meno "gettoni" delle Frecce d'Argento, ha più jolly da giocare nello sviluppo stagionale della power unit. Non resta che aspettare Barcellona e il primo grosso pacchetto di innovazioni aerodinamiche. Perché chi va forte al Montmelò, va forte dappertutto.

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