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Ferrari verso un anno senza vittorie: tutte le colpe del Cavallino (poco) rampante

L’errore al pit-stop che danneggia Raikkonen è lo specchio della stagione Ferrari. Un anno vissuto con la fregola dei punti e l’ansia da prestazione. E che potrebbe diventare il 13mo senza vittorie nella storia del Cavallino.
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Più fondo del fondo. Non c'è luce nella selva oscura di un Cavallino mai così poco rampante. "Le prestazioni recenti di Raikkonen dimostrano che ha fiducia nella squadra" diceva Arrivabene a poche ore dalla gara. Il team, però, lo ripaga mandandolo in pista con una pistola ancora attaccata alla ruota e lo costringe al ritiro. "Il mio ritiro? Non ho ancora parlato con il team, non sapevo del problema della gomma" si è difeso Iceman. "Quando sono partito ho chiesto se era tutto ok, ho visto delle scintille, mi hanno detto che era tutto ok ma ho dovuto fermarmi".

Vettel, bicchiere mezzo pieno – Nemmeno il ritiro di Verstappen, così, consente alla Ferrari di avvicinare la Red Bull e abbandonare il ruolo di terza forza, di comprimaria, che ormai dura da Monza, dall'ultimo podio della Rossa. L'errore, solo l'ultimo di una lista insostenibilmente lunga, diventa l'epifania di una stagione vissuta tutta con l’ansia da prestazione che ha attanagliato un team costretto ad inseguire senza i mezzi adeguati per farlo. "Siamo stati parecchio competitivi per diversi giri, soprattutto verso la fine degli stint" ha provato a sostenere Vettel. "Non possiamo essere soddisfatti del weekend ma ci sono anche dei lati positivi, in generale siamo andati meglio che in qualifica e possiamo essere contenti del passo che abbiamo avuto oggi. Anche se al momento sembra tutto difficile per noi, ci sono anche molte cose che stiamo imparando dalla macchina e che potrebbero aiutarci per il futuro".

Ferrari piatta – Col passare delle gare, la Ferrari non è cresciuta per niente. Ormai solo una rottura delle due Mercedes, e magari di una Red Bull, potrebbe permettere al Cavallino di evitare che questa diventi la sua 13ma stagione senza vittorie in F1. Ma la Rossa sembra tornata a passo di gambero al 2014, l’anno che portò alla cacciata di  Montezemolo, Domenicali, Alonso e Mattiacci.

Troppa fretta, troppi cambi – “Che cosa è successo alla squadra che avrebbe dovuto far resuscitare i fasti dell’era Schumacher?" si chiedevano sulla Bild. "Domenicali, uomo di fiducia di Arrivabene, andò via prima che potesse arrivare in Ferrari. Andrea Stella lo vedeva bene come ingegnere di pista, ma ben prima di cucirsi la tuta rossa addosso, ha preferito la McLaren. Massimo Rivola, infine, avrebbe dovuto essere il suo braccio destro. Fatto fuori a inizio 2015. James Allison era il garante per mettere in pista una vettura finalmente vincente. E è anche lui si è dato alla macchia (o lo hanno fatto andare)".

Arriva Boullier? – La discussione con la direzione corsa per l'unsafe release non cambia l'esito e la sostanza di una gara che suona come l'asciugamano al centro del quadrato, l'addio ai sogni di gloria, l'arrivederci al 2017. Il futuro, però, è sempre più incerto. Arrivabene è in bilico (oggi più di ieri) e per tutto il weekend si sono rincorsi i rumors che incrociano i destini di Ferrari e McLaren. Perché Ross Brawn sembra vicino al rientro in F1, gli mancano "alcune parti della mia vita in Formula 1: il lavoro e lo spirito di squadra e lo sviluppo della macchina" ha detto alla Bild. E il nome di Eric Boullier torna a circolare come possibile nuovo team principal della Ferrari anche se il team di Woking smentisce.

La rabbia e l'orgoglio – Stavolta, almeno, Vettel ha mantenuto una condotta disciplinata, ordinata senza gli eccessi per la fregola di ottenere punti. "Di sicuro il quattro volte campione del mondo ha realizzato che il «regalo» ricevuto nel 2014 era una scatola vuota e di sicuro non è diventato un brocco" si leggeva sul Tempo qualche settimana fa. "Ma diciamo la verità non ha tante altre frecce al suo arco, è obbligato all’all-in: se non lo facesse sarebbe criticato e bollato come un pilota bravo ma ordinario. E a se stesso e poi anche alla Ferrari che sta cercando di dimostrare di essere speciale. Nel bene e nel male. Umanamente Vettel è talmente comprensibile da suscitare ancor più rabbia nei confronti del Cavallino, disordinato e arruffone". Da quando è arrivato, ha gà visto passare due presidenti, tre team manager, altrettanti capi progettisti e motoristi. E adesso "rischia di far la fine di Alonso, magari con meno polemiche, ma con la stessa mortificazione mondiale. Ed è questo che Vettel alla soglia dei 30 anni deve aver compreso".

Mai competitiva – La verità può essere crudele quanto semplice. Fin dall'inizio dell'era ibrida, il Cavallino non è più riuscito a essere rampante. Nonostante l’impegno di tecnici e ingegneri, la Ferrari non eccelle in alcuna delle aree che servono per esprimersi ai massimi livelli in Formula 1. "Non mettono abbastanza soldi? No, hanno tutto – spiegava Flavio Briatore al TGZero di Radio Capital –. Piuttosto, la Ferrari ha gli stessi uomini di due anni fa, qualcuno è andato via ma non è stato sostituito, quindi credo che i risultati siano una logica conseguenza".

Vettel, Newey e il futuro – Troppe gare, ammetteva Vettel alla vigilia, "non sono andate secondo i piani, ma credo che non abbiamo mai perso di vista l'obiettivo. Siamo andati avanti per la nostra strada ed era la cosa giusta da fare. Stiamo ancora andando nella giusta direzione, i risultati arriveranno".

Ma nel weekend di Austin, dove si è rivisto anche Adrian Newey c'è chi ha gridato al possibile ritorno indietro. Perché Vettel si è fermato a parlare con il progettista ce l'ha reso quattro volte campione del mondo. “Sebastian vuole comprare una delle Aston Martin che Newey ha contribuito a sviluppare, una supercar da 1000 cavalli che costa 3 milioni di dollari, ha spiegato Helmut Marko. "Con Adrian ha discusso delle particolari richieste che vuole per la sua macchina". La domanda, però, sorge spontanea: in quale notte ci perderemo? Quale futuro ci raccoglierà?

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