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GP Belgio: Ferrari, non c’è luce alla fine del tunnel

La Ferrari resta fuori dal podio per la quarta gara di fila. Non capitava dal 2014, l’ultima stagione chiusa senza vittorie. Vettel rovina tutto alla prima curva. Marchionne promette: “Chi sbaglia va a casa, e vale anche per me”. Intanto, la Gestione Sportiva cambia ancora: si guarda già al 2017?
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Ha girato e rigirato, senza sapere dove andare. Ha cambiato tanto, la Ferrari, ma niente è cambiato davvero. E nemmeno Spa, con la tradizione positiva e una lunga storia di successi, ha cambiato l'indirizzo di una stagione di scelte sbagliate e di errori assortiti, in pista e fuori. Il Cavallino ha ottenuto più per vittorie (16), pole position (13), podi (45) e giri veloci (17) all'università della Formula 1. Ma la storia non scende in pista.

Il botto alla Source – E la Rossa riprende il Mondiale, dopo la pausa estiva, esattamente come l'aveva lasciato. Con una strategia che si è rivelata sbagliata, puntando tutto sulle Supersoft che, con le temperature record dell'asfalto per tutto il weekend si sono presto rivelato le peggiori. Con una qualifica che non ha permesso a Raikkonen o Vettel di centrare la prima fila nemmeno con Hamilton fuori gioco. Con una gara rovinata alla prima curva. Raikkonen lascia un po' troppo spazio all'interno alla Source a Max Verstappen.

Responsabilità Vettel – L'olandese di madre belga, nato a una cinquantina di chilometri dal circuito e spinto da una quantità di tifosi come da tempo non si vedevano in F1, si infila con tre ruote fuori dalla riga bianca (solo l'anteriore sinistra è dentro). Intanto all'esterno cerca di approfittarne Sebastian Vettel che però stringe troppo presto la traiettoria e tocca Iceman. Il tamponamento porta il finlandese a tamponare Verstappen che arriva lungo. Purtroppo, non è la prima volta che i ferraristi si toccano, e stavolta c'è anche una quota maggiore di responsabilità della prima guida del Cavallino, un Vettel sempre più nervoso e meno capace di dare un contributo attivo per migliorare la vettura.

Verstappen graziato – I commissari, giustamente, non mettono nessuno sotto indagine. Ma non faranno niente nemmeno dopo quando Raikkonen, che corre con un fondo danneggiato e non riparato nemmeno in regime di bandiera rossa, torna a duellare con l'olandese volante. Il teenager è di sicuro un gran talento e sta meritatamente riscrivendo i canoni e i limiti della precocità in Formula 1. Ma le regole dovrebbero valere anche per lui, che invece continua a cambiare traiettoria all'improvviso, senza ormai poter nemmeno far valere la scusa dell'inesperienza. Peraltro, sfugge anche perché l'olandese non sia stato messo sotto inchiesta nemmeno per lo scarto in Germania nel duello con Rosberg che, finito lungo, lo costringerà poi oltre la riga bianca prendendo cinque secondi di penalità. Allora, Rosberg non è stato punito per l'intenzionalità del gesto, esattamente come Vettel quando ha spinto fuori pista Massa a Silverstone, ma il semplice fatto che l'avversario sia stato forzato oltre la riga bianca. Ma Rosberg prese dieci secondi in Austria per aver allargato Hamilton, e nemmeno oltre la riga, che pure aveva sterzato addosso al compagno di squadra.

Ora è crisi – Una maggiore uniformità sarebbe di sicuro un passo importante e auspicabile. La Ferrari però non può appellarsi a questo, non può cercare alibi e giustificazioni auto-assolutorie per una gara in cui c'è da salvare solo il sesto posto di Vettel e una striscia di 15 gare di fila a punti. Ma sono quattro le gare consecutive del Cavallino fuori dal podio, e cinque quelle di Vettel, mai così male nel suo periodo in Ferrari. La rossa, che non passava così tanti GP senza andare a podio dal 2014, l'ultima stagione chiusa senza nemmeno una vittoria, avrebbe meritato di più, e le prestazioni in gara del tedesco con una SF16-H competitiva.

La promozione di Binotto – Ma è il risultato che ancora manca, mentre la Red Bull si allontana di 22 punti nel Mondiale. Non paga la decisione di Binotto di rimandare l'introduzione della nuova power unit, frutto degli ultimi gettoni di sviluppo, a Spa. Il motorista reggiano, entrato in Ferrari nel 1995, è l'ingegnere più rispettato da Marchionne, che gli riconosce di aver portato il sei cilindri disegnato da Lorenzo Sassi vicino alla potenza della power unit Mercedes. Gli sviluppi telaistici introdotti da Barcellona, che non hanno portato i miglioramenti sperati, hanno fatto deteriorare il rapporto con James Allison.

Si guarda già al 2017? – Ora, però, il Reparto Corse "italianizzato" voluto dal presidente, si ritrova con un ingegnere, un tecnico, in un ruolo di coordinamento in cui servirebbe un profilo diverso. E soprattutto dà l'impressione di un "redde rationem" che suona un po' come una resa anticipata, come un guardare già al 2017. È facile aspettarsi che molti uomini ex Lotus possano decidere di andarsene dalla Gestione Sportiva, e il primo nome potrebbe essere quello del tecnico Dirk De Beer, dopo la promozione di David Sanchez, arrivato quattro anni fa voluto da Pat Fry, a capo degli aerodinamici.

Teso Marchionne – "L'impatto dei cambiamenti che abbiamo fatto nella scuderia comincia a farsi sentire" ha detto Marchionne in un'intervento all'Università Luiss. "Insomma chi non porta risultati va via. È una regola che vale per tutti, anche per me". Così, però, non si fa che alimentare ancora un clima di tensione interna alla squadra, di precarietà diffusa, che fa solo lavorare peggio e sbagliare di più. E si continua a comunicare l'immagine di una scuderia che cambia mentre tutto resta com'è. Che gira e si rigira ma ancora non sa bene dove andare.

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