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GP Europa: Ferrari, conta più Vettel o il lavoro di squadra?

Il tedesco disobbedisce agli ordini di scuderia e non si ferma subito ai box: il secondo posto lo premia. Peccato per Raikkonen, penalizzato e fuori dal podio, che lascia sfilare il compagno di squadra. Dopo le libere, però, il team ha rimesso a punto una macchina lenta e con poca trazione.
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Più di così, a Vettel non si poteva chiedere. Peccato, certo, per l'attraversamento di linea bianca che ha tolto a Raikkonen la possibilità di rivedere due Ferrari sul podio per la seconda volta in stagione dopo Barcellona, ma dopo le libere di venerdì questo scenario sarebbe apparso, anche ai più ottimisti, ai limiti dell'utopico. Tutto il team ha lavorato anche nottetempo per rendere competitiva una vettura che si è presentata alla prima a Baku troppo carica dal punto di vista aerodinamico, con poca velocità sul dritto e poca trazione in uscita dalle curve lente. Tra qualifiche e gara la SF16H ha dimostrato di reggere il confronto anche con le Frecce d'Argento nei primi due settori. Nel terzo, segnato dai 2 chilometri di rettilineo d'arrivo, poco si può fare: la differenza di potenza fra le power unit, con le Mercedes che viaggiano anche a 8-10 kmh in più, non è né una sorpresa né una novità.

Due secondi posti – Però, dopo i dubbi di Montecarlo, Vettel ha piazzato due secondi posti di fila che soddisfano il team principal Arrivabene e rinforzano la tesi del presidente Marchionne. La Ferrari c'è, il lavoro pure e si vede, il feeling fra i piloti e la macchina cresce. Forse, ha sottolineato Marchionne, bisognerebbe dare a Vettel e Raikkonen, comunque brillante oggi e superato da Perez, che comunque lo avrebbe sopravanzato in classifica per i 5 secondi di penalità, perché "fuori con i consumi", una monoposto ancora leggermente migliore per lottare con le Mercedes.

"Non mi fermo" – "Oggi è stato un gran giorno per noi" ha detto Vettel, entusiasta di un circuito dalle grandi scenografie e dalle grandi premesse su cui, è questa la sensazione, nessuno ha voluto rischiare fino in fondo. "La macchina ha iniziato a prendere vita ieri alla fine delle qualifiche. Siamo di nuovo secondi, ci siamo anche noi, abbiamo il passo giusto. Grazie a tutta la squadra". Eppure stavolta è quasi impossibile pesare i meriti del pilota quattro volte campione del mondo e quelli della squadra. Perché senza il lavoro frenetico dopo le libere, Vettel non avrebbe avuto a disposizione una Ferrari competitiva sia in assetto da qualifica sia in gara. Ma chissà che sarebbe successo se avesse ascoltato l'ordine di scuderia di anticipare la prima sosta per evitare che Ricciardo potesse eventualmente superarlo al pit stop.

Diversificare o no? – Vettel sentiva bene la macchina, e in effetti il ritmo nel primo stint con le supersoft è rimasto costante, al netto del gap evidente nell'ultimo tratto, e il tedesco ha deciso di rimanere in pista, di continuare per altri dodici giri, di fatto di diversificare le strategie rispetto a Raikkonen. Una scena che rimette al centro della Formula 1 il dibattito sul vero ruolo del pilota e sul peso che può avere nel corso della gara. "I piloti dovrebbero avere tutta la libertà di decidere cosa fare nel corso della gara" diceva Damon Hill l'anno scorso dopo il GP del Brasile, quando si aprì una diatriba non troppo dissimile in casa Mercedes, con Hamilton che avrebbe voluto cambiare la sua strategia di gara rispetto a Rosberg. "Con due tattiche uguali, hai due situazioni uguali" diceva Hill. "Diversificando, qualcosa può succedere: uno dei due piloti può fare un pit stop migliore, può guadagnare magari se l'altro incontra un po' di traffico e comunque la gara diventa più interessante". Ma d'altra parte, notava Wolff, diversificare in partenza le strategie può aumentare le controversie, le gelosie interne.

Quadro d'insieme – Anche in Ferrari, come in Mercedes, il capo del reparto strategia, Inaki Rueda, definisce la tattica di gara per entrambi i piloti. E in questa occasione, vista la difficoltà o per meglio dire l'impossibilità di contrastare Rosberg, ha da subito indicato a Vettel la via: bisogna fare la corsa su Ricciardo. L'australiano, in difficoltà con le supersoft, si è fermato presto e il Cavallino ha temuto il cosiddetto undercutting, la tattica che nel 1994, l'anno del ritorno ai rifornimenti di benzina ai box, rese Schumacher il primo tedesco a vincere il Mondiale di Formula 1. Si tratta, in sostanza, di guadagnare terreno facendo più soste ai box quando anche una sola sarebbe sufficiente: se il tempo guadagnato in pista girando con una macchina più leggera e con gomme più morbide, supera i circa 30 secondi che servono per completare la sosta in più, il gioco è fatto.

Cambia tutto – Negli ultimi anni, con il carico di benzina fissato a inizio gara, le limitazioni al flusso di carburante e la dotazione di gomme per pilota decisa prima, senza contare l'obbligo per tutti di usare tutte le tre mescole previste per ciascuna gara, le possibilità di fare la differenza al box si riduce di molto, nonostante i 150 sensori presenti sulle vetture in grado di fornire fino a 1000 dati al secondo ai supercomputer che nelle sedi delle varie scuderie li analizzano al ritmo anche di 40 trilioni di operazioni al secondo. Bisogna, comunque, cercare poi di intuire anche quel che hanno in mente di fare gli avversari, di anticiparne le mosse: c'è chi poggia sulla distribuzione di probabilità congiunta e chi si fida di più delle risultanze della teoria dei giochi.

La Ferrari prima dei piloti – Ma soprattutto c'è un mondo, quello della Formula 1, che sta cambiando, che cerca di avvicinarsi al mercato delle auto, di lanciare messaggi di sostenibilità e contenimento dei costi. Un mondo che chiama anche una scuderia come la Ferrari ad evolversi senza cedere a un caposaldo della sua identità, al valore principale che il Cavallino ha ereditato dai tempi del Drake, dagli anni gloriosi di Enzo Ferrari: gli uomini passano, la squadra resta. E quel suo "in fondo, oggi ha vinto la squadra" dopo il "tradimento" di Pironi a Villeneuve a Imola nel 1982, dopo quel duello che ha cambiato la sua storia e indirettamente portato all'incidente mortale di Zolder, dà la misura di una scala di priorità da sempre avvertita come centrale in casa Ferrari. E la gara di oggi non fa eccezione.

L'Iceman furioso – "Non so quando ho tagliato la linea e non ho capito il motivo della penalità che mi è stata inflitta, ma è andata così" si è lamentato Raikkonen, "se un altro pilota fa la stessa cosa non viene punito". Per quella penalità, gli hanno chiesto di lasciar passare Vettel. E Iceman, pur perdendo tempo prezioso, si è sfilato subito. "In quelle circostanze, la richiesta del team è stata una scelta corretta" ha concluso. Per come la vedo io avrei aspettato un altro punto per farlo passare, ho dovuto rallentare molto ed ho perso un secondo in quel giro". Uomo squadra sì, ma ambizioso, anche perché c'è un contratto da ridiscutere e la concorrenza di Perez che si fa più minacciosa.

Vittoria vicina – Il GP d'Europa dimostra, ancora una volta, che i piloti non sono dei semplici esecutori, non si possono ridurre a burattini senza capacità di giudizio. Sono loro che sentono la macchina, al di là dei numeri e delle telemetrie, e una squadra vincente sa come valorizzare le indicazioni di chi guida. Le difficoltà di Ricciardo anche con le altre mescole, poi, hanno fatto il resto. E alla Ferrari rimane un secondo posto che soddisfa ma non accontenta, che continua a nutrire ambizioni per quella vittoria vicina eppure irraggiungibile.

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