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Hamilton: “Devo tutto a mio padre. Rosberg? Ho vinto più di lui, gli auguro il meglio”

Il britannico della Mercedes: “La Formula 1 è praticamente preclusa a uno di umili origini come me: girano troppi soldi, è tutto troppo costoso”. Poi sul mondiale: “La vittoria non è un’ossessione, conta il percorso fatto, ma ogni volta è come fosse la prima”.
A cura di Matteo Vana
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Lewis Hamilton - Getty Images
Lewis Hamilton – Getty Images

Non si aspettava un inizio così complicato Lewis Hamilton: la Ferrari, dopo un 2016 da dimenticare, è riuscita a mettere in pista una macchina veloce e affidabile, Sebastian Vettel, che lo precede di 13 punti nella classifica piloti, sembra aver ritrovato lo smalto dei tempi migliori, quando non la Red Bull lasciava agli avversari solo le briciole. Dopo il duello con Nico Rosberg, un altro tedesco si è messo sulla strada che lo porterebbe al quarto mondiale della carriera.

Il britannico, però, non ha nessuna intenzione di arrendersi. E' la sua storia a insegnarlo, quando cade si rialza più forte di prima: fin da bambino è stato così. Cresciuto in un quartiere operaio di Londra in una famiglia di genitori divorziati, Hamilton ha sudato per raggiungere i traguardi sperati. A spronarlo sempre il padre, figura di riferimento per il campione inglese:

Se non fosse per lui non sarei qui, ha fatto di tutto per la mia carriera: era impiegato in una ditta di distributori automatici di bevande e finito il turno correva a fare un altro lavoro. Ne ha fatti pure quattro contemporaneamente – ha raccontato in un'intervista concessa alla rivista Rolling Stones – per questo ogni volta che mi siedo al volante sono cosciente di quello che ha fatto per me. Poi in 24 anni non ho mai incontrato un altro pilota nero. Solo adesso comincio a vedere bambini di razze diverse che corrono in auto ed è un cambiamento importante.

La lotta contro bullismo e razzismo

Una vita non certo semplice quella del campione britannico, unico uomo di colore a vincere un mondiale in Formula 1. Eppure non è stato tutto facile per Hamilton, costretto fin da piccolo a lottare contro razzismo e pregiudizi: "A 4 o 5 anni ho subito il bullismo dei compagni di scuola e a 6 anni ho chiesto a papà di fare karate. Poi ho fatto boxe e un giorno, nonostante il naso rotto, ho battuto uno più grande e forte di me. Non so cosa si può fare contro il bullismo, è una cosa terribile, un comportamento da codardi, chi lo subisce deve chiedere aiuto e la gente che assiste deve intervenire. Credo che i professori debbano aiutare i ragazzi nelle scuole" sono state le sue parole. Tanti i sacrifici per arrivare in Formula 1, dai weekend passati sui kart alla rinuncia alle uscite con gli amici. Alla fine, però, Hamilton è riuscito a realizzare il suo sogno.

Ho un bellissimo lavoro – ha aggiunto – e faccio cose incredibili anche se oggi la Formula 1 è praticamente preclusa a uno di umili origini come me: girano troppi soldi, è tutto molto costoso. Servono provvedimenti per invertire la rotta, io ci proverò.

Il rapporto con Nico Rosberg

Quest'anno la lotta è con la Ferrari e Sebastian Vettel; Hamilton ha più volte rimarcato il valore del proprio avversario. Un duello, quello con il tedesco della di Maranello, che lo esalta. Sono lontani i tempi degli screzi con Nico Rosberg, degli scontri al limite in pista e dei sospetti. Proprio il campione del mondo in carica si è voluto complimentare con Valtteri Bottas, il suo successore in Mercedes, per la prima vittoria in Formula 1, ottenuta a Sochi. Hamilton, dal canto suo, liquida l'argomento senza troppi giri di parole. "La vittoria non è un'ossessione, conta il percorso fatto. E' una sensazione che non invecchia mai, è sempre come la prima volta. Ogni vittoria è unica: quel giorno magari hai dovuto fare qualcosa di diverso per ottenerla. Rosberg? Eravamo compagni di squadra, abbiamo lavorato insieme per alcuni anni e ora lui si è ritirato. Gli auguro il meglio. L'anno scorso ho perso il titolo, ma l'ho superato come numero di vittorie" ha concluso.

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