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I campioni della F1: 5 cose da sapere su Michael Schumacher, la leggenda tedesca

Il tedesco è la Formula 1, a lui appartengono la maggior parte dei record di questo sport: dal maggior numero di titoli vinti alle pole position, passando per i giri veloci in gara. Dagli inizi sui kart al ritiro, passando inevitabilmente per i trionfi con la Benetton e soprattutto con la Ferrari, ecco la storia del pilota più vincente di tutti i tempi.
A cura di Matteo Vana
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"You're simply the best". Bastano poche parole prese in prestito da una canzone per descrivere Michael Schumacher. Il pilota più vincente di sempre, quello capace di spaccare il mondo della Formula 1; amato e odiato, perché con i fuoriclasse è sempre così. Un uomo che è caduto, ma è stato capace di rialzarsi più volte, arrivando al successo. La maggior parte dei record di questo sport appartengono a lui: il maggior numero di titoli mondiali vinti, quello dei Gran Premi, le pole position, persino i giri veloci. Il tedesco ha lasciato un'impronta indelebile, la Formula 1 è e sarà, ancora per molti anni, Michael Schumacher.

Michael Schumacher - Getty Images
Michael Schumacher – Getty Images

L'inizio della storia

La passione per i motori arriva presto: il papà, proprietario di un circuito di kart a Kerpen, gli fa provare il brivido della velocità ad appena 4 anni. Lui non lo sa ancora, ma in quel momento sta già scrivendo la storia della Formula 1. Con le quattro ruote è amore a prima vista, ma Schumacher deve aspettare i 19 anni per passare alle categorie superiori: a lanciarlo in Formula 3 è Willi Weber, quello che sarà poi il suo manager, facendogli firmare un contratto biennale con la sua scuderia. Al primo tentativo arriva la sconfitta per mano di Karl Wendlinger, ma al secondo anno è titolo. La Mercedes lo adocchia facendolo entrare nel proprio programma junior: il colosso tedesco, ad inizio anni '90, progettava già un rientro in Formula 1 e il giovane Schumacher sarebbe stato il primo pilota, ma la mancanza di fondi per creare una macchina subito vincente frenarono lo sviluppo di una monoposto. Il destino, però, ci mette lo zampino: alla Jordan serve un pilota per sostituire Bertrand Gachot, in stato di arresto a Londra, e così ecco la grande occasione che Michael non si lascia scappare: in qualifica è subito settimo, in gara rompe la frizione dopo pochi giri, ma Flavio Briatore lo ingaggia lo stesso per la sua Benetton. E' iniziata l'epoca Schumacher.

Senna e un rapporto che stenta a decollare

Quando in Formula 1 arriva un campione si riconosce, ma il tedesco riesce ad andare oltre: a punti a Monza, in Portogallo e in Spagna, un risultato clamoroso per un giovane che non ha nessuna esperienza. Nel 1992, con il titolo già assegnato a Mansell a tre gare dal termine, il giovane Michael è in lotta per la seconda piazza con Patrese e Senna: alla fine sarà il padovano a spuntarla con Schumacher che finisce terzo davanti a Senna. Chiunque avrebbe gioito, ma il tedesco no. Lui punta al bersaglio grosso, già il secondo posto sarebbe stato un fallimento. Proprio questa ambizione gli provoca qualche antipatia: i piloti più anziani lo redarguiscono, il suo modo di correre è troppo aggressivo. La rivalità tra il brasiliano e l'astro nascente divampa nel 1992: Schumacher accusò Senna di aver rallentato di proposito in Brasile, poi lo tamponò al Gp di Francia. Il pilota verdeoro, dismessa la tuta, lo rimproverò in mondo visione. I diverbi, però, no finirono lì: a Hockenheim, durante una sessione di test, i due si sfiorarono più volte fino ad arrivare quasi alle mani una volta rientrati ai box.

I titoli mondiali con la Benetton

Schumacher ormai è pronto per vincere, i due anni di apprendistato sono bastati. Il tedesco, nel 1993, vince 6 delle prime sette gare, poi i fatti di Imola, con la morte di Ratzenberger in qualifica e di Senna in gara, gettarono ombre sul campionato. Nonostante due gare di squalifica per non aver rispettato l'ordine di scontare la penalità a Silverstone e per il fondo della sua vettura troppo consumato in Belgio, il tedesco domina il campionato vincendo il suo primo titolo davanti a Damon Hill. Il duello si ripropone anche nella stagione successiva: alla prima gara in Brasile il tedesco vince subito, ma la Fia prima annulla il risultato per colpa del carburante usato, non conforme, poi ci ripensa confermando l'ordine di arrivo ma senza aggiungere i punti alle squadre. Il capolavoro, però, arriva sulla pista di Spa-Francorchamps quando, partito dalla sedicesima posizione, vinse il Gran Premio duellando per alcuni giri con le gomme da bagnato contro il rivale Damon Hill. Schumacher conquistò il suo secondo titolo mondiale con due gare d'anticipo e in estate firmò con la Ferrari.

I dolori prima del trionfo

La rinascita del Cavallino, a secco di vittorie da 17 anni, passa tutta da Schumacher. Un lavoro lungo, di pazienza, che lo porta anche ad attirarsi le critiche di molti che lo davano per perdente già prima di cominciare. Nel 1997 è Jacques Villenueve a sfilargli un titolo che sembrava già vinto: all'ultima gara il canadese lo infila, Schumacher reagisce cercando di speronarlo, ma finendo nella ghiaia. Quella manovra gli costerà tutti i punti mondiali e molti sermoni su come ci si dovrebbe comportare in pista. Passano gli anni, ma del titolo mondiale neanche l'ombra: la Rossa è lì, lotta fino all'ultimo, ma manca sempre la zampata finale. A complicare ulteriormente i piani arrivò anche l'infortunio di Silverstone che lo costrinse a stare fuori fino alla penultima gara in Malesia. I sogni di gloria sembravano svaniti, ma il campione era pronto a rialzarsi ancora una volta per scrivere la storia.

Un dominio mai visto prima

Impossibile condensare in poche righe quello che i primi anni 2000 hanno rappresentato per la Ferrari e per la Formula 1: mai nessuno aveva assistito a un dominio così lungo, mai si era visto un pilota in grado di fare quello che faceva Schumacher. Ognuno ha la sua istantanea legata al campione in rosso: chi ricorda la rimonta del duemila, chi gli 8 podi consecutivi l'anno successivo, migliorati nel 2002 quando tutte le gare videro Schumacher tra i primi tre. Impossibile raccontare una cavalcata così trionfale, alla fine della storia i titoli mondiali vinti con il Cavallino saranno 5, uno più bello dell'altro. L'addio alla Ferrari arriva il 10 settembre 2006: ancora in lotta per il mondiale, il tedesco annuncia che quella sarebbe stata la sua ultima stagione. In Brasile Pelè, uno dei più grandi calciatori di sempre, gli consegna il titolo alla carriera, ma quello più importante, l'ottavo della carriera, sfuma all'ultima gara. Sembra impossibile avere rimpianti dopo una carriera, ma quello sarà un boccone mai digerito fino in fondo dal campione. Quello al Cavallino, però, non è un abbandono tanto che rimarrà per gli anni seguire come consulente.

Michael Schumacher trionfa nel Gp del Giappone - Clive Mason/ALLSPORT
Michael Schumacher trionfa nel Gp del Giappone – Clive Mason/ALLSPORT

L'ultimo triste capitolo

Il richiamo della pista, però, è troppo forte tanto che nel 2010 eccolo di nuovo nel circus, stavolta con la Mercedes. I risultati scarseggiano, ma il lavoro dietro le quinte è prezioso: le Frecce d'argento che oggi dominano il mondiale derivano proprio dai suoi consigli. Il 2012 è l'anno del secondo, e stavolta definitivo, ritiro. Nel 2013, purtroppo, è di nuovo al centro dell'attenzione mediatica: l'incidente sulle nevi di Meribel, che ha cambiato la sua vita per sempre, lo riporta sui giornali di tutto il mondo e lo costringe a una lotta, la più dura della sua esistenza, che sta combattendo ancora oggi. Questa, però, è un'altra storia: i suoi tifosi preferiscono ricordarlo quando emozionava la folla con le sue cavalcate trionfali, sperando di vederlo scrivere la storia ancora una volta.

Michael Schumacher - Getty Images
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