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La F1 di Schumacher: l’erede che manca

A due anni dal suo secondo addio alle corse, le imprese e i record del sette volte iridato sono l’obiettivo di quel successore che nella F1 delle power unit stenta ad arrivare.
A cura di Valeria Aiello
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Nel 1994 era un’intera nazione a scoprire l’amore per il motorsport: a vent’anni dal primo mondiale di Michael Schumacher quel primo titolo, la conferma dell’anno successivo e, quattro anni più tardi, il dominio assoluto con i cinque titoli al volante della Ferrari sono un’intera epoca della Formula 1 le cui emozioni sono ancora oggi più che presenti tra gli appassionati di tutto il mondo.

La Formula 1 è la Formula Schumacher

Era sul circuito di Spa nel 1992 che Michael Schumacher posava la prima pietra di una carriera che non ha visto ancora nessun campione avvicinarsi ai numeri del tedesco. Schumi al volante ha scritto pagine e pagine della F1 raccontando la sua storia, quella fatta di sacrifici e tante rinunce, di determinazione e di una forma mentis che lo hanno portato a firmare sette mondiali in undici anni, a detenere la gran parte dei record tra gp vinti (91), pole position (68) e giri veloci (77), ad essere mito e icona della Formula 1. Dalla gloria al ritiro al momento giusto fino al ritorno “trappola” per il cannibale che non era più il predatore di un tempo: un palmares che con quest’ultimo errore si è vestito di umanità, macchiando con una mosca la perfezione di una carriera.

Dalla velocità alla lenta ripresa

Dopo poco più di un anno dal suo secondo addio alle corse la vita di Schumacher è stata segnata dal terribile incidente sulle nevi di Meribel: un capitolo che non avremmo mai voluto leggere ma che un duro destino ha scritto, lasciando aperta la speranza di un recupero. Dalla velocità alla lenta ripresa, dopo una vita trascorsa al “parco giochi per malati di adrenalina” dove la corsa continua, seppur sconvolta da drammi evitabili e da una crisi incalzante. Tra nuovi interrogativi e certezze sull’orlo del baratro, i numeri di Schumacher resistono nonostante Fernando Alonso lo scorso anno abbia superato i suoi 1566 punti iridati: quello del pilota di Oviedo è un primato che però non ha il sapore del vero record, considerando che fino al 2009 al primo classificato si attribuivano 10 lunghezze a differenza delle 25 conferite dal 2010.

L’erede del tedesco

Battere i record di Schumacher è un’impresa ancora lontana per i piloti e i campioni che oggi sono in pista: partendo dai giri veloci, alla vigilia del round di Abu Dhabi, ultimo appuntamento del calendario 2014, il rapporto è di 77 a 40 tra Michael Schumacher e Kimi Raikkonen; in termini di pole position alle 68 partenze dal palo di Michael Schumacher si contrappongono le 45 di Sebastian Vettel e le 38 di Lewis Hamilton che lasciano ad Ayrton Senna la piazza d’onore con 65 pole; dal punto di vista delle vittorie invece, alle 91 di Schumi (dopo le 51 di Alain Prost e le 41 di Ayrton Senna) ci sono le 39 di Sebastian Vettel e le 32 Fernando Alonso: un abisso difficile da colmare e che vede, ai 155 podi di Michael Schumacher, controbattere un ancora lontano asturiano a quota 97 e comunque alle spalle di Alain Prost che ha all’attivo 106 podi. All’impresa dei cinque mondiali consecutivi ad avvicinarsi era stato Sebastian Vettel con il quarto titolo dello scorso anno ma che in questa stagione ha visto sfumare il sogno di eguagliare il record del connazionale dopo essere stato messo alle strette dall’introduzione di una power unit nettamente soppiantata dal propulsore Mercedes. E semmai ci dovesse essere un passaggio di consegne, lasciamo alle ultime parole di Schumacher la scelta dell’erede. “Se qualcuno deve proprio battere i miei record, mi piacerebbe fosse lui” diceva il sette volte campione che lo scorso anno, esattamente un mese prima dell’incidente, incoronava Sebastian Vettel quale proprio successore. Un’ipotesi che alla luce del prossimo arrivo del quattro volte iridato alla Ferrari dell’era Marchionne è quasi come “dire l’incredibile e fare l’improbabile” ma è anche proprio quello che ci vorrebbe per far rinascere una Rossa reduce da una stagione a digiuno di vittorie.

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