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Le cinque vetture più dominanti nella storia della Formula 1

La McLaren delle 15 vittorie nel 1988. Le Ferrari da leggenda dell’era Schumacher. La Mercedes regina dell’ibrido e l’ultima Red Bull mondiale di Vettel. Sono solo alcune delle monoposto più dominanti della Formula 1. Ma qual è la prima di tutte?
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Che Mondiale ci aspetta? Il cambiamento del regolamento lascerà intatto il dominio Mercedes o permetterà una maggiore concorrenza? Sono queste le domande cruciali per la stagione 2017, tra nuove auto, gomme più larghe e nessun gettone più. Le Frecce d'Argento 2016 rimane una monoposto fra le più dominanti nella storia della F1. Ma non la migliore di sempre. Per scoprirla, abbiamo ricostruito ciascuna stagione e applicato per ogni anno, per uniformità di confronto, l'assegnazione classica dei punti 10-6-4-3-2-1. Il divario medio di punti per gara (ppr) fa emergere le monoposto che hanno imposto il dominio più marcato in una singola stagione. Un criterio che privilegia, dunque, i piazzamenti complessivi di squadra più che il numero di vittorie: per questo non vi rientra la McLaren del 1988 che pure, grazie a Senna e Prost, festeggia una stagione senza precedenti nel 1988 con 15 vittorie in 16 gare, 10 doppiette, 15 pole position, 10 giri veloci. La  Mp4/4 è un evoluzione aerodinamica della rivoluzionaria Brabham-BMW BT55 di due anni prima, la “sogliola” prima creazione del nuovo direttore tecnico del team, il sudafricano Gordon Murray. In quello storico 1988, le Mclaren non centrano il podio solo una volta, a Monza. Solo tre i ritiri: un problema al motore Honda per Prost a Monza, la squalifica di Senna in Brasile e l'incidente del brasiliano a Montecarlo. In fondo, come diceva Enzo Ferrari, "una vettura da corsa è bella solo quando vince". E sue sono alcune delle più belle, secondo il suo principio, di tutti i tempi.

Williams 1996: l'anno di Hill (+5.91 ppr)

La Williams dei figli d'arte si presenta al Mondiale 1996 senza un vero rivale. La Benetton, che ha vinto entrambi i titoli nel 1995, ha perso Schumacher e buona parte dello staff che ha seguito il tedesco alla Ferrari, non ancora competitiva. La FW18 è un'evoluzione della FW17 dell'anno prima, più veloci e affidabili dell'ultima Williams nell'era dell'elettronica. È la grande occasione per Damon Hill che vince le prime tre gare della stagione. Alla quarta si impone il compagno di squadra Jacques Villeneuve. A Monaco, sotto il diluvio, arrivano solo in quattro e vince a sospresa Panis. A Barcellona si celebra il primo trionfo del binomio Schumi-Maranello. Le due doppiette Williams in Canada e Francia trasformano il Mondiale in una battaglia interna alla scuderia britannica, nonostante i capolavori di Schumi a Spa e Monza. Hill si ritira a Silverstone e Monza, il team paga gli errori al muretto in Belgio e a una gara dalla fine Villeneuve ha solo 9 punti da recuperare sul compagno di squadra. A Suzuka parte in pole ma dopo 38 giri la posteriore destra gli si stacca. Hill si stacca, vince e entra nella storia.

Ferrari 2002-2004, Schumi da leggenda (+6.54 6.07 ppr)

L'era Schumacher a Maranello si può racchiudere in due stagioni simbolo. Nel 2002, Byrne disegna una Ferrari rovoluzionaria, con una filosofia aerodinamica innovativa. Un gioiello che debutta in pista solo alla terza gara stagionale, ia Interlagos, e Schumi domina per tutto il weekend. Tra doppiette in serie e qualche ombra, resta la macchia dell'ordine di scuderia a Zeltweg con Barrichello che in maniera plateale fa passare Schumi poco prima del traguardo, il dominio è assoluto. La vittoria di Coulthard a Monaco sarà l'ultima in stagione per un pilota non targato Ferrari. Mai prima di allora si erano viste tante doppiette, mai un pilota aveva conquistato così tanti GP e vinto un Mondiale con sei gare d'anticipo come Schumacher, che centra il suo quinto titolo ed eguaglia la leggenda di Juan Manuel Fangio. Ma il vero capolavoro rimane la F2004, forse la monoposto più veloce mai creata. La cinquantesima Ferrari da Formula 1 mantiene la stessa filosofia (ottimizzare l’efficienza aerodinamica, abbassare il baricentro, perfezionare la distribuzione dei pesi) con un telaio tutto nuovo e sospensioni migliorate anche in virtù delle modifiche al regolamento tecnico che impone un numero massimo di motori in stagione. Senza veri rivali, la Ferrari vola. Schumacher vince 12 delle prime 13 gare, fermato solo dal tamponamento di Montoya a Montecarlo, Barrichello completa sette doppiette e in Ungheria è già storia. Schumi è campione del mondo per la settima volta, è il più vincente di sempre, e la Ferrari incamera anche il titolo costruttori per la 14ma volta nella storia. A fine anno, il Cavallino eguaglia il record della leggendaria McLaren Mp4/4 nel 1988 e celebra a Suzuka il successo numero 15 su 18 gare in stagione.

Red Bull 2013: Vettel come Ascari (+6.90 ppr)

La stagione 2013 inizia con 5 vincitori diversi nelle prime 10 gare. Vettel costruisce un vantaggio di 38 punti sui rivali al volante della Red Bull dopo la prima parte del Mondiale, ma la Mercedes dimostra di poter essere competitiva (al di là dei test non consentiti con Pirelli in avvio di stagione). A Silverstone poi esplode, è proprio il caso di dirlo, la questione delle gomme. Danni e forature si moltiplicano. Per il fornitore unico di pneumatici, però, la colpa è delle squadre che avrebbero montato gomme destre a sinistra e viceversa (da quell'anno la configurazione è diventata asimmetrica) e con pressioni inferiori rispetto a quelle indicate. Comunque da Budapest debuttano le nuove mescole, P Zero White medium e P Zero Yellow soft . Vettel non ha rivali. Vince 9 gare di fila, fanno 13 vittorie e 397 punti in stagione e quattro titoli mondiali in serie. A 26 anni e 4 mesi, ha già conquistato 39 successi, 45 pole position e 22 giri veloci, molto più di Schumacher alla sua età. Ma quando gli dicevano “sei il nuovo Schumi”, Vettel si schermiva. “Sono solo il nuovo Vettel” diceva. Quelle nove vittorie di fila rappresentano la serie più lunga nella storia della Formula 1. L'unico precedente può risalire alla serie di Ascari, cominciata pure a Spa, ma sul vecchio circuito da 14 chilometri, e proseguito a Rouen, Silverstone, Nurburgring, Zandvoort e Monza nel 1952 e l'anno successivo a Buenos Aires, di nuovo Zandvoort e Monza. Prima delle ultime due vittorie, però, c'è in calendario la 500 miglia di Indianapolis, che per l'Europa non conta nulla e infatti Ascari non partecipa nemmeno. “Si correva con monoposto che seguivano un regolamento tecnico diverso” scriveva Alberto Sabatini, direttore di Autosprint. “Faceva parte del mondiale soltanto per un fatto di prestigio, ma a Indianapolis gareggiavano quasi sempre soltanto piloti americani. (…) Per cui molti esperti di statistica non considerano la Indy 500 di quell’anno nel calcolo delle statistiche della F.1”. Per Vettel, però, non c'è paragone. “Negli anni Cinquanta le gare erano più lunghe, le macchine si rompevano più spesso mentre oggi abbiamo un’affidabilità che è eccezionale per tutti. Quel record vale ancora tantissimo. Oggi per come la vedo io è solo un numero”

Mercedes 2014: la regina dell'ibrido (+7.46 ppr)

E' il 2014 la più dominante delle stagioni Mercedes nell'era dell'ibrido. La Renault è il primo sostenitore del passaggio ai nuovi propulsori, ma è la scuderia tedesca che si prepara per la rivoluzione con una meticolosità sconosciuta nella storia della Formula 1. In Australia trionfa Rosberg, prima di un poker si successi di Hamilton. La doppietta di Monaco prelude al primo successo in carriera di Ricciardo, che in Canada spezza il monopolio delle Frecce d'Argento. Ma è un'illusione breve. Le Mercedes tornano a dominare per tre gare, fino all'Hungaroring (altro suggello di Ricciatdo che nel finale duella con la Ferrari di Alonso) e al regalo di Spa, lo scontro al Kemmel che costa il ritiro a Hamilton. Il britannico però vince a Monza e a Singapore passa in testa al Mondiale. Allunga con tre vittorie in Giappone, Russia e Stati Uniti e chiude, dopo i guai per Rosberg nell'ultima gara a Abu Dhabi, con 384 punti contro i 317 del compagno di squadra.

Ferrari 1961: il dominio dello “Squalo” (+8.84 ppr)

Ma è la Ferrari 156 del 1961 la monoposto capace di dominare più di ogni altra (anche se va considerato che allora una scuderia poteva schierare anche più di due vetture). Una creatura nata dalla penna di Carlo Chiti e Mauro Forghieri. Derivata da una Formula 2 che aveva corso a Montecarlo, presenta un musetto a squalo e una potenza iniziale di 200 cavalli. Debutta a Montecarlo, dove però vince Stirling Moss. Chiti ordina di costruire altre tre 156 identiche, ma da alimentare con un motire diverso, il Dino V6 a 65 gradi. In otto giorni, sono pronte per Zandvoort. Farà anche montare delle gomme più larghe, le stesse destinate alle vetture prototipo per la 24 ore di Le Mans. Trionfa Von Trips davanti a Hill, prima del dominio di Spa: la la Ferrari 156 conquistava i primi quattro posti, con Hill, Von Trips, Ginther e Gendebien. È un anno trionfale e tragico, segnato dalla morte di Von Trips che, dopo l'ultima vittoria in Germania con gomme da bagnato su una pista solo umida, si schianta alla Parabolica a Monza. La Ferrari, che ha già chiuso il Mondiale, non parteciperà all'ultima gara della stagione a Watkins Glen. Chiude perà una stagione record, col Mondiale costruttori già deciso dopo 5 GP e cinque successi in sette gare. Un'altra epoca, certo. Un'altra storia.

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