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MotoGp, Rossi-Marquez: un anno fa il calcio di Sepang

Il 25 ottobre del 2015 i due rivali scrivevano la peggior pagina della storia del Motomondiale: Valentino cadeva nella trappola dello spagnolo e reagiva come in una rissa da strada, allargando prima la traiettoria e poi il ginocchio. A un anno dal fattaccio, nulla sembra essere più un caso.
A cura di Valeria Aiello
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Valentino Rossi e Marc Marquez durante il 7° giro del Gp di Malesia: i due entrano in contatto, il pesarese allarga la gamba e lo spagnolo cade / MotoGP.com
Valentino Rossi e Marc Marquez durante il 7° giro del Gp di Malesia: i due entrano in contatto, il pesarese allarga la gamba e lo spagnolo cade / MotoGP.com

È passato un anno esatto dalla vicenda che ha avvelenato il finale della passata stagione: quel fattaccio che ha fatto consumare litri di inchiostro e tastiere, quello che è il peggior capitolo di un libro chiamato MotoGp e che ancora oggi è letto e riletto in ardite interpretazioni. Una vicenda di reciproca scorrettezza che ha prodotto un pessimo spettacolo sportivo prima ancora che mediatico macchiando di un’azione da stadio uno sport nobile come quello del motociclismo. Ma andiamo per gradi.

Tensione dopo Phillip Island

Mancano due gare alla fine della stagione 2015 e dopo l’Australia si vola in Malesia per la terza delle tre gare della tripletta di ottobre. Valentino Rossi è leader del mondiale con 11 punti di vantaggio su Jorge Lorenzo e insieme al maiorchino e un Marc Marquez ormai fuori dai giochi del campionato è pronto per la conferenza stampa della vigilia. Il pesarese lo aveva fatto intuire già a Phillip Island, ma il suo affondo arriva durissimo davanti ai giornalisti: “Ho rivisto la gara di Phililp Island. Marc ha giocato con noi e un bel po’. Forse il suo obiettivo non era solo quello di vincere la gara ma anche aiutare Lorenzo ad andare lontano, e farsi più punti alle mie spalle. Da Phillip Island, Lorenzo ha un nuovo fan che è Marc e questo cambia le cose”. Parole con cui il pesarese smascherava lo spagnolo, sperando di metterlo all’angolo e di giocarsi il titolo iridato in una lotta con il solo Lorenzo e che, invece, non avrebbero eluso il terzo principio della dinamica di Netwon, per cui ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Le accuse di Rossi non fermano Marquez che “decide di decidere il mondiale”. Dalla sua Valentino cade nella trappola della provocazione.

La trappola di Marquez

È domenica 25 ottobre e i piloti sono schierati in griglia per il Gp di Malesia. In pole c’è Pedrosa, che alla partenza mantiene la posizione davanti a Marquez e Rossi. Alle loro spalle Lorenzo archivia le Ducati di Dovizioso e Iannone e al secondo giro supera Valentino senza troppe cerimonie. Un altro giro ed ecco l’errore di Marquez che va largo alla curva 4, lasciando che Lorenzo lo sorpassi agevolmente per guadagnare la seconda posizione. Ed è qui che inizia il duello tra Rossi e Marquez. Valentino non vuole far scappare Lorenzo e al terzo giro attacca Marquez, ma lo spagnolo replica alla tornata successiva. Tra i due è bagarre. Marquez ci riprova, Rossi incrocia la traiettoria, Marquez replica ancora. Il botta e risposta tra i due toglie il respiro, mentre Pedrosa e Lorenzo guadagnano metri importanti. Valentino torna davanti al 6° giro, Marquez lo ripassa, Rossi si rimette davanti, lo guarda, lascia per un attimo il manubrio e con un gesto della mano sinistra lo manda a quel paese, Marquez replica ancora. Inizia il settimo giro.

Il calcio di Sepang

Marquez va largo in curva 14. Rossi lo affianca all’interno, si volta. Lo guarda ancora, sembra aspettarlo. Intanto allarga la traiettoria, portandolo verso l’esterno. Marquez prova a stringere ed entra in contatto. Rossi reagisce, allarga la gamba e in un attimo Marquez è a terra. Per lo spagnolo la gara finisce lì, mentre Rossi prosegue. Restano 13 giri e la direzione gara decide di valutare il contatto al termine de GP. Rossi chiude terzo al traguardo alle spalle di Pedrosa e Lorenzo. Nel frattempo, l’incidente viene esaminato da ogni angolazione, specie dall’elicottero che mostrerà come la leva del freno della Honda tocchi la gamba di Rossi che perde l’appoggio dalla pedana. Dopo la gara è faccia a faccia tra i due, convocati in direzione gara. “Bravo eh, gran gara” dice Valentino a Marc. “Bel calcio” risponde Marquez mentre i giudici decidevano di non sanzionare Marquez mentre il pesarese veniva penlizzato con tre punti sulla patente che, sommati al punto già comminato a Misano, avrebbero costretto il Dottore a scattare dal fondo dello schieramento del Gp successivo, nella finale di Valencia.

Come in una rissa da strada

Nella manovra di Valentino c’era la volontà di spingere Marquez all’esterno. “È vero, volevo dargli fastidio, mandarlo fuori traiettoria ma non farlo cadere” dichiarava il pesarese. Un’ammissione che arrivava da un campionissimo come il Dottore, all’interno di un comportamento antisportivo di entrambe le parti, ma che nel caso di Marquez era limitato al solo dare fastidio. Lo spagnolo era riuscito a tessere una formidabile trappola in cui anche uno come Valentino era finito per cadere, in una manovra che può essere interpretata come difensiva o offensiva ma che, ad ogni modo, arrivava da un pilota di esperienza come Rossi, dal pilota più famoso del mondo, da uno che ha vinto nove titoli mondiali e che perdeva la lucidità di fronte alle provocazioni di un giovane Marquez, reagendo quasi fosse una rissa da strada.

Nulla sembra essere più caso

Il fattaccio di Sepang ha cambiato la storia non solo della passata stagione, ma della MotoGP. Da quel giorno niente è più come prima, nulla sembra essere più un caso. Ogni sorpasso, ogni caduta, ogni movimento al box appare immediatamente sospetto. Ogni dichiarazione viene sezionata, verificata, ribaltata, alla ricerca di accuse, accordi segreti, tacite intese, denunce velate, che fanno passare in secondo piano la realtà. Non si perde occasione di sottolineare la spontaneità o meno di certi gesti, di taluni sorrisi, di strette di mano arrivate ma “tardive”, di tensioni andate ma mai archiviate, di polemiche che sembrano dissolte ma che riaffiorano più cattive. Restano i veleni di un epilogo difficile da smaltire, di una rabbia faticosa da trasformare in un presente che è frutto di un passato impossibile da cancellare.

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