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Multe, valide anche senza l’indicazione dell’ordinanza sul retro cartello

Con sentenza n. 7709/2016 la Cassazione inverte un orientamento consolidato in materia di legittimità della segnaletica stradale. Per gli ermellini “la mancata apposizione del provvedimento regolante la circolazione stradale non determina di per sé l’illegittimità del segnale”.
A cura di Valeria Aiello
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L’art. 77 comma 7 del Regolamento di esecuzione e attuazione del nuovo Codice della Strada, recante le norme generali sui segnali verticali (Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495) parla chiaro: sul retro dei segnali stradali “di colore neutro opaco […] devono essere chiaramente indicati l'ente o l'amministrazione proprietari della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale e l'anno di fabbricazione nonché il numero della autorizzazione concessa dal Ministero dei lavori pubblici alla ditta medesima per la fabbricazione dei segnali stradali. L'insieme delle predette annotazioni non può superare la superficie di 200 cmq. Per i segnali di prescrizione, ad eccezione di quelli utilizzati nei cantieri stradali, devono essere riportati, inoltre, gli estremi dell'ordinanza di apposizione” (art. 39 Cds comma 7). Una norma importante, spesso inosservata da parte delle amministrazioni comunali che, in qualità di ente proprietario della strada, frequentemente posizionano segnaletiche irregolari o non intervengono a regolarizzare quelle già in essere. Una irregolarità che, negli anni, ha portato a pronunce sulla legittimità dei segnali di prescrizione (precedenza, divieto e obbligo), ritendo necessaria l’esistenza di un provvedimento che attribuisse efficacia prescrittiva ai cartelli, altrimenti incapaci di spiegare i propri effetti. Da qui, le speranze di tanti automobilisti che, vedendosi recapitare un verbale di accertamento di violazione, presentano ricorso allegando le prove dell’inosservanza di tale precetto.

A 25 anni dalla pubblicazione del Regolamento in Gazzetta ufficiale, la II Sez. Civile della Cassazione inverte un orientamento ormai consolidato, pronunciandosi sulla legittimità dei segnali stradali. La vicenda che origina il giudizio della Corte riguarda un automobilista che proponeva ricorso in ordine alla sentenza del Tribunale di Cagliari che confermava la sentenza impugnata innanzi al Giudice di Pace con cui si respingeva la contestazione del verbale di accertamento di infrazione al codice della strada per aver lasciato la propria auto in area in cui sussisteva il divieto di sosta. Nel caso di specie, il ricorrente contestava la validità dell’apposto segnale evidenziando la mancata indicazione sul retro del cartello del richiamo all’ordinanza amministrativa.

L’eventuale mancata apposizione sul retro della segnaletica stradale della indicazione della relativo provvedimento amministrativo regolante la circolazione stradale non determina di per sé l’illegittimità del segnale – si legge sulla sentenza n. 7709 del 5 febbraio, pubblicata il 19 aprile 2016.

In tema di segnaletica stradale, la mancata indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione […] non determina la illegittimità del segnale e, quindi, non esime l’utente della strada dall’obbligo di rispettarne la prescrizione, con l’ulteriore conseguenza che detta omissione non comporta l’illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione alla condotta da osservare.

La Corte ha quindi rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio (500 euro) oltre le spese prenotate a debito.

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