Piero Ferrari: “Possiamo tornare a vincere senza rincorrere geni stranieri”
Non sarà certo una stagione da ricordare quella della Ferrari, ancora ferma a zero vittorie quando mancano 4 gare alla fine e superata dalla Red Bull, distante ora 50 punti. La Rossa è alle prese con un ricambio che coinvolge ogni aspetto del reparto corse: l'abbandono di James Allison e la successiva promozione di Mattia Binotto è solo la punta dell'iceberg del rinnovamento in corso all'interno della casa di Maranello.
Una strada, quella intrapresa dalla scuderia italiana, in controtendenza: mentre quasi tutti i team si stabiliscono in Inghilterra, puntando sugli ingegneri provenienti dal Regno Unito, in Ferrari preferiscono il "made in Italy". Una strategia che rischia di essere un azzardo, ma che raccoglie consensi. Anche Piero Ferrari, figlio del mitico Enzo Ferrari, il fondatore della scuderia italiana, ne è convinto: "Non può mai essere facile governare un reparto corse che comprende oltre mille persone, c'erano problemi di organizzazione del lavoro ma adesso la direzione è giusta" ha dichiarato in un'intervista rilasciata al blog del giornalista Leo Turrini.
Il caso Barnard insegna
Nessuna antenna tecnologica in Inghilterra, la casa della Ferrari è e rimarrà l'Italia. Un'idea condivisa con il presidente Sergio Marchionne. Inutile puntare sugli stranieri. Entrambi, infatti, sono convinti che i talenti, a Maranello, ci siano eccome, basta solo dargli fiducia e farli lavorare con calma.
Sai quale rimane il mio rimpianto più grosso per gli anni in cui mi occupavo dei Gran Premi? L'assunzione di John Barnard, alla fine del 1986. Fui io a convincere mio padre, che c'era ancora, della necessità di affidarci a un grande progettista venuto da fuori – ha raccontato Piero Ferrari -. Ma Barnard non si integrò mai nella nostra cultura, fu un errore clamoroso. Ecco perché sono d'accordo con Marchionne, possiamo tornare a vincere senza rincorrere geni che con la tradizione della Ferrari sarebbero probabilmente incompatibili.