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Alessia Polita: “La paralisi mi ha insegnato a non mollare mai”

“Ogni 15 giugno mi sveglio sempre alla stessa ora, fisso l’orologio come se volessi cambiare la mia sorte” scrive la pilota jesina su Facebook nel giorno che tre anni fa le ha portato via l’uso delle gambe.
A cura di Valeria Aiello
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Alessia Polita / Facebook
Alessia Polita / Facebook

Era 15 giugno del 2013 quando la vita di Alessia Polita è cambiata. La pilota jesina, tra le più veloci e forti, in carriera è stata capace di mettere dietro certi “piselli”, come si diverte a definire quei maschietti che da lei prendevano paga. “Ho aspettato per anni di andare sul quel tappeto” ricorda, postando un video del terzo posto alla Coppa dei Due Paesi.

A tre anni dall’incidente di Misano che le ha portato via l’uso delle gambe, Alessia ha non ha perso la voglia di lottare, di vincere nel confronto con la vita, senza lacrime o retorica alcuna. Nei suoi post c’è la determinazione di una guerriera, la fermezza di una donna forte, la precisazione che è “la stessa Alessia di prima, soltanto seduta”, la definizione della sofferenza, la descrizione di quel tempo interminabile, di quando pensa alle moto, di come riesce “gestire il dolore dell’amore perso” a costo di cercare qualcosa che la distolga “da tutto quello che la paralisi mi ha tolto”.

Non è vero che le ferite con il tempo guariscono, impari solo a saperle indossare – scrive oggi Lady Polita – Ogni 15 giugno mi sveglio sempre alla stessa ora 7.47, fisso l'orologio fino alle 9.03 come se volessi cambiare la mia sorte… Eppure alla 9.05 ritrovo sempre le mie gambe immobili!”

Di questa seconda vita ho imparato a sopportare montagne sulle spalle, saper ricominciare quando non hai più nulla, lasciarmi in dietro le persone inutili che ci sono state nel percorso della mia vita e contornarmi solo di gente vera, ma cosa più importante ho imparato ad amare la vita più di prima, nonostante a metà…”

Non tutti hanno avuto la mia stessa opportunità – precisa a caratteri cubitali – e cerco di viverla al meglio”.

Ho ancora tante guerre da vincere, ma la mia paralisi mi ha insegnato a non mollare mai… Ed è per questo che ogni mattina mi sveglio, ripetendomi che ho ancora forza per lottare e che non devo mai mollare!”

“Nonostante tutto, vaffanculo 15 giugno! Ti odio” conclude, perché ha ragione di scriverlo, perché ha motivo di pensarlo, perché nella vita ognuno di noi ha una data precisa legata al dito, quella di un giorno che pare infinito, quella che dal calendario si dovrebbe proprio cancellare.

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