Analisi MotoGP: i valori in pista
Tutto come da pronostico: Marquez conquista il Texas e lo fa con autorità, dimostrando ai suoi avversari che quest’anno sarà dura tenergli testa. I primi segnali erano arrivati già nel corso dei test invernali, con tempi di tutto rispetto che nulla avevano da invidiare rispetto ai big, già da anni abituati a domare i prototipi della classe regina. Poi la conferma con il podio nel Gran Premio del Qatar, ed infine, per mettere a tacere ogni dubbio, con il dominio assoluto nella gara texana. Un week-end di assoluta supremazia, sicuramente agevolato da un tracciato favorevole alle caratteristiche della Honda, dove trazione e accelerazione in uscita dalle curve dell’ultimo settore erano le doti tecniche indispensabili per fare la differenza sul giro, mentre nella prima parte veloce era il cuore e il manico del pilota a dover fare la differenza interpretando le veloci curve da raccordare.
Dominio assoluto quindi: Marquez non deve più dimostrare nulla a nessuno. Domina le prove con tempi stratosferici, gestisce la prima parte della gara tenendo le sue ruote attaccate a quelle del compagno di squadra Pedrosa e, quando le gestione delle gomme inizia a fare la differenza, da la zampata finale per portare a termine il suo compito con la lucidità e la freddezza del vero campione.
Pedrosa, da parte sua, porta a casa un signor risultato. Dopo il Gran Premio del Qatar, stampa ed appassionati, l’avevano già additato come il perdente di casa Honda, avendo come "team mate" un cliente scomodo come il giovane “rookie”. Dani tira fuori il carattere e dimostra che della partita, questa stagione, ci sarà anche lui. Prima ferma lo strapotere di Marquez nella Free Practice Nr 3, poi conduce la gara, complice un largo del compagno di squadra alla prima curva, fino a quando stanchezza fisica e resa della gomma posteriore lo consentono. Il tutto senza farsi mettere sotto pressione, caratteristica negativa spesso verificata in Pedrosa.
Lorenzo lavora in terza posizione con un risultato da “ragioniere”. Già lo scorso anno ci aveva abituato a tattiche del genere. Inutile rischiare una caduta per cercare di tenere il passo dei missili Honda in testa alla gara, meglio ragionare in termini di punti assoluti da accumulare in previsione di questo lungo campionato (Nicky Hayden insegna che si può vincere un campionato del mondo con due sole vittorie come ha fatto nel 2006). Si piazza in terza posizione e controlla.
Crutchlow invece fa il fenomeno a modo suo: guida la sua Yamaha privata più con il cuore che con la testa, e questo comporta errori che alla fine pagano sul risultato, ma vederlo guidare è uno spettacolo. L’esatto contrario di Marquez, che fa della guida pulita la sua caratteristica principale, Cal guida come un cow-boy su un cavallo impazzito: derapate, entrate in curva al limite, gambe che sbandierano in staccata, trattorie improvvisate. Lui è fatto così, viene dalla SBK dove si lotta carena contro carena e non si ha paura di nulla. Fanno pensare i suoi tempi sul giro e l’errore commesso ad inizio gara: senza quello sarebbe stato un osso duro per Lorenzo al fine del terzo posto.
Valentino Rossi in ombra. Va bene che il tracciato non era adatto alle Yamaha, ma davanti a lui due Yamaha hanno conquistato il terzo e il quarto posto, una delle quali affidata ad un team privato. Sedici secondi al traguardo dietro al primo sono tanti, troppi, soprattutto viste le premesse del Qatar. I tifosi si aspettano qualcosa di più. Il risultato è pari alla sua esperienza in Ducati e anche l’intervista post gara ricorda troppo le dichiarazioni in rosso: ci sono problemi all’anteriore, ha perso troppo tempo dietro Bautista, che in fin dei conti non è obbligato a lasciare strada al numero 46, e dalle sue parole traspare che in caso di giornata negativa le colpe siano da attribuire ad troppi elementi.
Dovizioso e Ducati dimostrano il loro potenziale, sempre da metà classifica, ma in crescita rispetto alla scorsa stagione. Vediamo finalmente bagarre anche per la rossa, sorpassi, moto attaccata ad altre moto e non a fare gara a se. Il margine di miglioramento c’è e con un pilota attento come Dovizioso sicuramente vedremo delle belle sorprese già prima della metà stagione.
Ora non resta che aspettare la lunga “infilata” delle gare europee, su tracciati dove Yamaha, dal punto di vista tecnico, potrebbe tornare a fare riferimento, ma con i piloti Honda pronti a dar battaglia. Si preannuncia un grande e lungo campionato, tutto da seguire.