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Ayrton Senna, il mito non muore mai

54 anni fa nasceva Ayrton Senna, un campione eccezionale la cui vita fu stroncata dall’incidente del primo maggio del 1994. Oggi viene ricordato con una grafica ad hoc dal doodle di Google.
A cura di Redazione Motori
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Cinquantaquattro anni fa nasceva a San Paolo, in Brasile, uno dei piloti più forti di tutti i tempi. Ayrton Senna è stato il quarto pilota dopo Juan Manuel Fangio, Jim Clark ed Alberto Ascari ad aver ottenuto più pole position in Formula 1 in rapporto al numero di gare disputate ed è il terzo, con 41 gran premi vinti, ad essere salito più volte sul gradino più alto del podio, dopo Michael Schumacher (91) ed Alain Prost (51). Arriva in Formula 1 nel 1984 con la Toleman (ottenendo nel primo anno un nono posto), passando poi a Lotus, McLaren e Williams. Il primo campionato viene vinto nel 1988 con la McLaren, dove incontra Prost. L'anno è praticamente monopolizzato dalla McLaren, che vede distribuirsi quasi tutte le vittorie tra i due piloti. E' l'inizio di un antagonismo che segnerà non solo quell'anno, ma anche i successivi, specie quando Prost passerà alla Ferrari nel 1990. Nel corso dei suoi dieci anni di carriera nella massima competizione di Formula, Senna vince tre campionati (con la McLaren), prima del tragico incidente del 1994. Il primo maggio, alla sua prima stagione con la Williams, Ayrton Senna trova la morte nella curva del Tamburello di Imola.

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L'incidente mortale di Ayrton Senna

Ayrton Senna nel 1985
Ayrton Senna nel 1985

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La morte di Ayrton Senna

Il Gran Premio di Imola del 1994 era cominciato nel peggiore dei modi. Il venerdì delle prove un incidente senza gravi conseguenze aveva messo in pericolo il pilota della Jordan, Rubens Barrichello. Il giorno successivo il primo lutto: alla curva Villeneuve muore Roland Ratzenbergerm, pilota austriaco della Simtek al suo primo anno di Formula 1. L'incidente colpisce molto Ayrton, che decide il giorno dopo, quello della gara, di salire sulla monoposto con la bandiera austriaca da sventolare in caso di vittoria in ricordo di Ratzenbergerm. Il gran premio inizia subito con un incidente, quello tra  J.J. Lehto e Pedro Lamy, in seguito al quale entra la sefety car. E' il settimo giro, l'auto lascia la pista e le monoposto riprendono a correre. Alle 14.47 le telecamere riprendono la fase conclusiva di un'auto che alla curva Tamburello perde il controllo e finisce contro il muro. Subito si capisce che al volante c'è Senna e che l'impatto è violento. I medici entrano in pista, prestano il primo soccorso, ma il pilota brasiliano viene portato in elicottero all'Ospedale Maggiore di Bologna, dove morirà alle 18.40.

Le cause dell'incidente che ha procurato morte di Ayrton Senna sono state individuate ben presto. Stesso nel reparto di rianimazione dell'ospedale bolognese si appurò che il danno maggiore proveniva dal puntone della sospensione destra che si era spezzato, aveva spaccato la visiera del casco del pilota e sfondato la regione cranica temporale destra. Successivamente l'autopsia, ordinata dalla magistratura italiana, accertò che, oltre al trauma cranica, sul corpo del campione non era presenti segna di lesioni particolarmente gravi. In passato, del resto, altri piloti avevano fatto incidenti alla medesima curva senza rischiare la vita. Il circuito di Imola fu posto comunque sotto sequestro e nei mesi successivi vennero apportate diverse migliorie. Il tragico pomeriggio di quel primo maggio fu il risultato del concorso di più cause. Il piantone dello sterzo cedette, rendendo la vettura del tutto ingovernabile. Lo stesso Senna aveva chiesto ai suoi tecnici, la sera prima della gara (e quindi senza farne alcuna prova), di allungare il piantone per migliorare la visibilità della strumentazione. La saldatura, tuttavia, cedette a causa delle sollecitazioni dell'alta velocità. Impotente sullo sterzo e vedendo la curva avvicinarsi, Senna frenò, ma un gradino d'asfalto posto all'inizio della via di fuga fece sollevare da terra la monoposto, ritardando dunque l'effetto della frenata. Poi l'impatto, l'accartocciamento della parte posteriore destra della vettura e la sospensione che sfonda il cranio.

Il processo cominciato nel 1997 ha assolto nei tre gradi di giudizio sia Frank Williams, proprietario della scuderia, sia il progettista della vettura Adrian Newey. La Cassazione ha invece stabilito il non luogo a procedersi per prescrizione nei confronti del direttore tecnico Patrick Head. Tuttavia il processo ha evidenziato manovre di occultamento di materiali utili all'indagine da parte della Williams e della Federazione, come la scomparsa delle centraline elettriche della vettura o degli ultimi fotogrammi della telecamera di bordo della vettura.

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