Commissione Industria del Senato indica la strada al Governo: “Aprire a gruppi esteri”
Uno studio preparato da Unioncamere e Prometeia per la Commissione industria del Senato, presieduta da Massimo Mucchetti, sostiene che la strada per garantire un futuro alla filiera dell'automotive in Italia è fatta di incentivi per favorire l'insediamento di nuovi produttori oltre a FCA. Questa mattina il lavoro viene discusso dai rappresentanti delle industrie dell'automotive italiano e del governo. L'indagine parte da un punto base come l'industria dell'automobile continui ad essere un po' la madre di tutte le attività produttive e che è lontana dall'aver raggiunto il punto di saturazione soprattutto se la produzione viene venduta fuori dall'Europa. Secondo Mucchetti, autore della prefazione al volume della ricerca, scrive "i politici italiani devono scegliere se mettere o meno risorse pubbliche in un'industria che continuerà ad essere cruciale per l'economia italiana e ad avere un moltiplicatore tecnologico e occupazionale tra i più alti " e afferma che "non si tratta di tornare al passato, di tentare la clonazione fuori tempo delle Partecipazioni statali, ma di usare bene lo strumento degli incentivi mirati sui territori imparando dall'esperienza torinese di GM o da quella bolognese che ci porterà il suv di Lamborghini".
Sempre nell'introduzione il presidente della Commissione ha voluto mettere in evidenza la trasformazione subita dal settore auto, e in particolare da Fca, negli ultimi trentanni e sembra molto interessante la parte dedicata alla destinazione del valore aggiunto: se fino a 25 anni fa in Fiat andava per 76,2% al lavoro, per il 5,6 alle imposte e per il 5 per cento ai dividendi, da quando ci sono Fca e Cnh, al lavoro viene destinato il 55% del valore aggiunto, le imposte si portano via il 4% e agli azionisti resta lo 0,9%. Da quando il timone del gruppo è in mano a Marchionne, il manager italocanadese ha portato ricchezza ai suoi azionisti per 14 miliardi. Secondo Mucchetti l'ideale sarebbe utile all'Italia "il ritorno di Fca a un maggiore utilizzo degli impianti" e "il contributo di uno o più costruttori esteri, meglio se con iniziative legate al made in Italy".