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Da Ascari a Piquet, top e flop dei figli d’arte in Formula 1

La storia del mondiale è piena di esempi: alcuni, come l’italiano capace di vincere due mondiale con la Ferrari o come Jacques Villeneuve, campione del mondo nel 1997, riescono a superare gli illustri genitori. Altri, invece, come il brasiliano o Nakajima, decisamente no.
A cura di Matteo Vana
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Nelson Angelo Piquet con il padre Nelson Piquet - Getty Images
Nelson Angelo Piquet con il padre Nelson Piquet – Getty Images

Ci sono mestieri che si tramandano di generazione in generazione, spesso i figli scelgono di seguire le orme tracciate dai padri con risultati più o meno soddisfacenti. La Formula 1, sotto questo punto di vista, non è diversa dalle altre professioni: un fenomeno che si è sempre verificato nel mondo del motorsport anche se negli ultimi anni sembra esserci una vera e propria invasione. Anche nel passato recente, però, gli esempi non mancano.

Famosi e vincenti

In principio fu Alberto Ascari, pilota che agli albori della Formula 1 riuscì a conquistare ben due titoli mondiali con la Ferrari prima di trovare la morte in un test privato a Monza nel 1955. Pochi sanno che la passione fu trasmessa dal padre, Antonio, che conquistò il GP d’Italia del 1924 e quello del Belgio del 1925. Quello del piloti italiano, però, no è l'unico caso in cui i figli riuscirono a fare addirittura meglio dei padri. Clamoroso è quello di Jacques Villenueve: il canadese approdò in Williams nel 1996 dove fece coppia con l'altro figlio d'arte Damon Hill che proprio in quell'anno eguagliò il record del padre diventando campione del mondo. Appena un anno dopo riuscì a conquistare il titolo di campione del mondo battendo niente meno che Michael Schumacher. Un accostamento, quello con il più famoso padre, sempre rifiutato dal pilota a causa della pesantezza del cognome e della sorte tragica che toccò al genitore: Gilles, infatti, divenne molto popolare per il suo stile di guida combattivo e spettacolare, ma non riuscì mai a conquistare il titolo. La sue esperienza in Ferrari si concluse l'8 maggio 1982 in un tremendo impatto che costò la vita al pilota.

Non tutti i figli d'arte riescono con il buco

Non tutti i figli d'arte, però, riescono a ripercorrere le carriere dei padri. Due casi emblematici sono rappresentati da Nelsinho Piquet e Kazuki Nakajima. Il brasiliano, figlio del grande Nelson, tre volte campione del mondo in Formula 1, deve la sua notorietà più al famoso "Crashgate" che ai risultati in pista. Il fatto risale alla stagione 2009 quando Piquet viene appiedato dalla Renault: solo allora il brasiliano decide di denunciare la sua ormai ex scuderia che, stando alle sue accuse, gli intimò di finire a muro nel Gp di Singapore del 2008 per favorire il recupero di Fernando Alonso. Una vicenda che portò allo stop di due anni per il team e chiuse anticipatamente la carriera del giovane pilota brasiliano. Altro caso è quello di Kazuki Nakajima. Il giapponese, figlio di Satoru che fu il primo pilota del Sol Levante a gareggiare in pianta stabile nel mondiale, arrivò in Formula 1 grazie alla Williams che cercò di ripetere l'esperimento già riuscito con la coppia Hill-Villenueve con lui e con un giovanissimo Nico Rosberg. Ma mentre per il tedesco la storia ha dato ragione al team, lo stesso non può dirsi per Nakajima famoso per un incidente al limite del grottesco. All'esordio il giovane giapponese arriva lungo al pit stop e travolge alcuni meccanici, fortunatamente senza gravi conseguenze. La sua carriera finisce nel 2009 quando è l'unico pilota a non andare a punti nonostante abbia disputato tutti i Gran Premi della stagione.

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