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Dal numero 13 ai santini: tutta la scaramanzia della Formula 1

La stragrande maggioranza dei piloti che hanno fatto parte della storia del Circus ha avuto un gesto, un rito, un amuleto, una foto, o altro, con cui crede di scacciare la sfortuna e incanalare la buona sorte.
A cura di Michele Mazzeo
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Copertina scaramanzia

Può un mondo fatto di ingegneria e alta tecnologia mischiarsi con quanto di più umano ci sia? Assolutamente sì, e il rapporto tra la Formula 1 e la scaramanzia ne è la dimostrazione più esemplare. La stragrande maggioranza dei protagonisti di tutta la storia del Circus ha un qualcosa con cui crede di scacciare la sfortuna e incanalare la buona sorte. Ecco le 5 grandi superstizioni nella storia della Formula 1.

La numerazione delle auto

La Formula 1 come detto è portabandiera della superstizione e certe tradizioni le ha mantenute intatte per decenni soprattutto per quel che riguarda la numerazione delle auto. Per esempio come vuole la tradizione britannica il numero 13 è considerato da sempre come foriero di sfortuna (chiedere a Maldonado e alla sua Lotus 2014 per averne conferma). Enzo Ferrari invece non voleva assolutamente per nessuna ragione il 17 sulle sue auto, perché con quel numero nel 1923 perse la vita un suo grande amico Ugo Sivocci durante le prove del primo Gran Premio d’Europa.

Maldonado in fiamme

Le date

Il grandissimo Alberto Ascari, campione del mondo nel 1952 e nel 1953 invece, oltre a vari amuleti e oggetti portafortuna, aveva una regola ferrea dettata dalla scaramanzia: non prendeva mai in mano un volante il giorno 26 di qualsiasi mese. Questa decisione la prese dopo la morte del padre Antonio vittima di un incidente d’auto il 26 luglio 1925, e ne fu ancora più convinto quando il suo grande amico Silvio Vailati muore durante una corsa il 26 maggio 1940. Riuscì sempre a mantenere fede al suo diktat fino al 26 maggio del 1955 quando alcuni amici lo invitarono a Monza, dove stavano testando una nuova Ferrari: il campione non riuscì a resistere e chiese di provarla, nonostante non avesse nemmeno il suo amuleto, il leggendario casco azzurro. Prova che non portò mai a termine perché sul circuito brianzolo proprio in quel 26 maggio trovò la morte.

Ascari casco azzurro

Gli amuleti

Altro atto scaramantico frequente tra i piloti di Formula 1 è quello di portare con sé degli amuleti, oggetti fortunati a cui pensano sia legata la propria fortuna. Come già detto Ascari aveva il suo inseparabile casco azzurro, ma il pilota milanese non è l’unico nella storia delle corse automobilistiche ad avere un portafortuna. I casi più eclatanti sono quelli dell’inseparabile anello del messicano Pedro Rodriguez (che apparteneva al fratello Ricardo morto molto giovane) che ebbe un incidente mortale proprio dopo averlo perso, e delle monetine che l’austriaco Niki Lauda (considerato un uomo-computer e quindi non influenzabile dalla scaramanzia) inseriva in fondo a ogni dito dei guanti.

Pedro e Ricardo Rodriguez anello

I riti pre gara

I piloti che hanno dei riti scaramantici da mettere in atto prima di scendere in pista sono tantissimi, e non potendoli elencare tutti abbiamo deciso di raccontare quello che “l’estroso” Gerhard Berger ripeteva tutte le volte che saliva sulla sua monoposto. L’austriaco aveva un preciso programma di azioni da compiere in successione: prima una bella palpata dove non batte il sole, poi un bel gesto di corna rivolto al volante e per concludere doveva “accarezzare” le natiche di qualcuno di passaggio prima di prendere il via. Non proprio il massimo della classe.

Berger rito scaramantico

I santini

Dal rito profano di Berger a quello sacro di diversi piloti che portano con sé in pista uno o più santini. Piercarlo Ghinzani negli anni ’80 portava sempre dietro un’immagine di Giovanni XXIII, mentre Sebastian Vettel ancora oggi ne ha sempre uno di San Cristoforo, protettore degli automobilisti. Diversi anche i posti in cui vengono custodite queste immagini sacre: Jean Alesi per esempio la nascondeva nel casco mentre Esteban Gutierrez ne tiene più di una su entrambi i lati dell’abitacolo.

Esteban Gutierrez
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