Dovizioso: “Rossi e la Ducati? Il più grosso flop della storia della MotoGP”
Tema caldo di questi giorni è il fallimento in Ducati. Ma non parliamo di Jorge Lorenzo e del suo difficile adattamento alla moto di Borgo Panigale, bensì di Valentino Rossi e della sua complicata avventura in Rosso. “Dopo tre giri con la Desmosedici ho pensato ‘Siamo nella merda’” raccontava il Dottore qualche anno fa, dopo aver ritrovato il sorriso con la Yamaha. Siamo nel 2013, quando Andrea Dovizioso ereditava la Ducati di Valentino mentre il pesarese tornava in sella alla sua amata M1. Alla fine della stagione 2012 il forlivese aveva raccolto sei podi con la Yamaha Tech3 che gli avevano aperto l’opportunità di un passaggio nel team ufficiale al fianco di Lorenzo: “Era una prospettiva che aveva un suo senso” ricorda Dovizioso nella sua autobiografia, ‘Asfalto’, libro edito da Mondadori in cui parla di sé e della sua carriera. Le cose però andarono diversamente e per vedere Dovizioso e Lorenzo allo stesso box si sarebbe dovuto aspettare ancora qualche anno.
Il più grosso flop della storia della MotoGP
Dopo sei stagioni in Ducati, la sincerità e la trasparenza delle parole di Dovizioso sul biennio di Rossi suscitano interesse tanto quanto rispetto: “Vale e la moto, insieme, hanno prodotto il più grosso flop della storia della MotoGP – scrive Dovizioso – I due anni del fiasco con Valentino hanno lasciato un segno profondo. Al punto che (non lo posso sapere con certezza ma ne sono abbastanza convinto) forse la moto che ho trovato io dopo i due anni di Valentino è persino peggiore di quella guidata da lui la prima volta”. Un biennio disastroso che però non ha cambiato la stima del forlivese per il collega: “Io sono di sette anni più giovane e quando sono arrivato in MotoGP lui aveva già vinto sette Mondiali, perciò è inevitabilmente un idolo, il punto di riferimento assoluto” si legge sempre nel libro. “Nonostante non abbia mai avuto la possibilità di frequentarlo veramente, penso si tratti di una persona per molti aspetti di un altro livello. Ha condizionato in positivo il Motomondiale, ha insegnato a essere più spensierati anche pensando ai risultati, ha dimostrato che si può vivere di colori, di adesivi, di personalizzazioni divertenti. A modo suo, con le sue regole, ha mostrato come si vive da rockstar senza tirarsela come una rockstar. Io stesso, in principio, non capivo perché attirasse così tante attenzioni. Perché Valentino che arriva decimo conta più di chi ha vinto? Ma partivo da un presupposto sbagliato: se sei unico, è ovvio che deve andare così. Lo si può amare o odiare, ma Valentino ha avuto il merito di attirare gente che non sapeva nemmeno quante ruote avesse una moto. È l’anomalo che periodicamente viene fuori nello sport: Alberto Tomba, Michael Jordan, Usain Bolt. Questa è la storia, e non si può discutere”.