Droga al volante, le nuove sostanze sfuggono ai controlli: è stretta sui test

È dal laboratorio di Tossicologia Forense dell’Università di Firenze, in prima linea insieme ad altre sei Università, Roma, Napoli, Pavia, Verona, Catania e Sassari e in collaborazione con varie direzioni della Polizia di Stato e il supporto le principali associazioni Asaps, Moige, Lorenzo Guarnieri e Gabriele Borgogni, che arriva un intervento concreto su strada, studi e ricerche nell’ambito della prevenzione dell’incidentalità stradale alcol e droga correlata. Secondo i dati Asaps, nel corso dell’ultimo trimestre, su 7.419 conducenti sottoposti a controlli, il 5,6% è risultato positivo all’alcoltest (tasso alcolemico superiore al limite consentito, 0,5 g/l) mentre l’1,5% è risultato positivo ad almeno una sostanza stupefacente nei test preliminari su strada, dove i controlli per guida sotto effetto di sostanze psicoattive sono stati uno ogni dieci controlli alcoltest.
Nuove sostanze psicoattive. In particolare, esiste il problema dell’identificazione precoce di chi si mette alla guida sotto effetto di classiche e nuove sostanze stupefacenti. “I drug test eseguiti annualmente sono molto pochi rispetto a quelli che si dovrebbero eseguire e questo è dovuto anche alla deficitaria esistenza di materiali e metodi che possano essere utilizzati su strada con buoni risultati ed attendibilità nonché validità medico legale” premettono gli enti e responsabili di Life Street, No Drugs, progetto nazionale che parte dall’esigenza urgente di incrementare il numero di drug test e della necessità di sviluppare nuovi protocolli analitici da affiancare alle attuali metodologie, in considerazione delle difficoltà di riconoscimento delle Nuove Sostanze Psicoattive (Nps). Un fenomeno, quello delle Nsp, in continua evoluzione e con sempre nuove molecole pronte ad essere inserite sul mercato e che si riversano anche su strada, con conducenti alterati e sostanze di difficile identificazione.
Controlli di secondo livello. Il progetto di durata triennale (2015-2017) prevede quattro macrofasi, con inizio dell’attività su strada e raccolta campioni dopo i primi tre mesi, mentre nei successivi sei mesi partiranno anche le attività di formazione e ricerca delle nuove metodologie. Sul territorio verrà attivata una rete nazionale di laboratori di tossicologia forense altamente specializzata, che supporteranno la Polizia Stradale nei controlli di secondo livello, assicurando così alle attività di prevenzione e una maggior validità forense. I sette laboratori individuati potranno supportare la Polizia Stradale per le analisi tossicologiche, aumentando le potenzialità diagnostiche precoci e “cominciare anche in Italia come nel resto di Europa, una nuova era nel controllo dei guidatori dopo uso di droghe” come sottolineato dalla prof.ssa Elisabetta Bertol della cattedra di Tossicologia Forense di Firenze, capofila dell’iniziativa.
Già all’attenzione di Renzi. “Con nuovi metodi” ha aggiunto la prof.ssa Bertol, “si possono superare le le intrinseche difficoltà nell’eseguire controlli su strada. Metodi di facile esecuzione da poter poi confermare tempestivamente in laboratorio, con garanzie di scientificità, rispettosi dei diritti dei guidatori e validi in tribunale. Per questo si è costruita una rete su tutta Italia di laboratori qualificati per supportare il lavoro della Polizia Stradale nei controlli antidroga su strada”. Una proposta inviata dal Rettore dell’Univesità di Firenze, prof. Alberto Tesi direttamente al Presidente del consiglio Matteo Renzi, e che troverebbe copertura nel “Fondo per la prevenzione dell’Incidentalità notturna alcol e droga correlata” alimentato dalle sanzioni previste per le violazioni dell’art. 186 e 187 del Cds. “Progetto ambizioso ma fattibile, sostenuto dalla legge, dalla scienza e da una forte motivazione sociale. Riteniamo auspicabile l’attenzione del nostro Primo Ministro a questa proposta, consci della sua importanza per il Paese e per le vittime della strada e le loro famiglie” ha concluso la prof.ssa Bertol.