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Emergenza buche, è allarme sulle strade italiane

Le arterie più colpite sono quelle comunali dove si corre ai ripari moltiplicando le limitazioni alla circolazione e della velocità. L’appello di Siteb: “Superato il punto di non ritorno”.
A cura di Valeria Aiello
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Una rete stradale ridotta a un vero e proprio “groviera”: è l’allarme che arriva dalla Siteb, l’Associazione strade italiane e bitumi, tornata a puntare il dito contro il cattivo stato delle strade italiane. A testimoniarlo la contrazione dell’11,8% dei consumi del bitume nei primi 5 mesi del 2018 dopo un 2017 in cui consumi di asfalto hanno registrato un nuovo record negativo – da tre anni intorno ai 23 mln di tonnellate contro i 45 mln del 2006. Una vera e propria emergenza per quanto riguarda lo stato di salute dell’intera rete, in particolare delle arterie comunali dove si moltiplicano le misure di ripiego come limitazione della circolazione e della velocità.

Emergenza buche, è allarme sulle strade italiane

Nel 2017 la produzione di conglomerato bituminoso, dopo un crollo verticale costante registrato nel decennio 2006 (quando toccò quota 45 mln di tonnellate) – 2016, ha registrato un lieve “rimbalzo”, evidenziando un +2,1% che l’ha portata da 23,1 a 23,6 milioni di tonnellate – spiegano dalla Siteb – . Di fatto solo una piccola inversione di tendenza che però lasciava sperare in un 2018 di vera ripresa per il comparto e soprattutto per la sicurezza delle nostre strade. Così non è stato, anzi nei primi cinque mesi il saldo è pesantemente negativo (-11,8% del consumo di bitume vs lo stesso periodo del 2017) e i primi segnali sul periodo estivo, in cui per le condizioni climatiche solitamente si concentra il 60% dei lavori, non sono affatto confortanti. Eppure proprio in questi mesi sarebbero dovuti partire i lavori, negli ultimi anni rinviati, soprattutto in diverse aree metropolitane del nostro Paese, in cui vere e proprie strade colabrodo mettono a rischio ogni giorno l’incolumità di automobilisti, motociclisti e, addirittura, pedoni”.

Siteb: "Superato il punto di non ritorno"

Allo stato attuale, secondo la Siteb, per rimettere in sesto le strade, occorrerebbero oltre 42 miliardi di euro. “Un costo decisamente elevato, ma necessario per preservare il valore complessivo della nostra rete stimato in 5.000 miliardi di euro. La prolungata assenza di lavori di manutenzione delle nostre strade ha ormai raggiunto un punto di non ritorno” aggiungono dall’Associalzione. In questa situazione non gioca a favore delle imprese il costo del petrolio, stabile da anni intorno ai 50-60 dollari al barile, è improvvisamente schizzato a 80 dollari accompagnato da un concomitante deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro. “Il risultato è stato un brusco aumento del 20-25% del prezzo del bitume che ha messo in crisi soprattutto le imprese che hanno vinto appalti di lavori stradali di durata pluriennale; negli appalti di opere pubbliche, infatti, la “revisione prezzi” è abrogata dal 1993 e nessun adeguamento viene riconosciuto anche a seguito dell’aumento del costo dei materiali da costruzione”.

Sembra quasi – evidenzia il Presidente Siteb, Michele Turrini, “si sia diffuso ormai in molte amministrazioni quasi un senso di assuefazione e impotenza nei confronti di strade ammalorate e buche, con una doppia beffa per i cittadini: da una parte sono obbligati a convivere con una viabilità sempre più a bollino rosso e dall’altra, proprio a causa di questi pericoli, sono tenuti a percorrere arterie cittadine anche sotto i 30 km/h. L’empasse è totale. Se poi a questo si aggiunge l’improvviso aumento del prezzo del bitume che da solo rappresenta il 40% del valore di un’opera stradale, si capisce come il Paese abbia perso una ennesima occasione per eseguire i lavori a prezzi più contenuti. È ora fondamentale che il nuovo Governo del cambiamento imprima un deciso cambio di marcia rispetto ai precedenti, puntando, per quel che concerne il trasporto su gomma, su una seria politica di manutenzione del patrimonio esistente di 600mila km di strade e, in particolare, di quelle comunali e provinciali che sono le più disastrate”.

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