F1, non solo Rosberg: da Verstappen a Magnussen, l’esercito dei figli d’arte

Nico come Keke: la famiglia Rosberg, insieme a quella degli Hill, capaci di aggiudicarsi il titolo prima con Graham e poi con Damon, ha riscritto la storia della Formula 1. La passione per il mondo delle quattroruote sembra essere un affare che si tramanda di generazione in generazione, una tradizione difficile da interrompere; la stagione 2016 verrà ricordata come quella dei figli d'arte. Quello del neocampione del mondo, infatti, non è l'unico caso in cui i figli decidono di ripercorrere il tracciato già segnato dal padre.
Verstappen, futuro da campione già scritto
Il caso più eclatante è proprio quello del pilota Mercedes, capace di arrivare al successo ben 34 anni dopo il padre. Una rincorsa partita da lontano: l'esordio del tedesco, infatti, è datato marzo 2006. Ci sono voluti 10 anni di duro lavoro per emulare l'impresa del genitore che nel 1982 vinse uno dei campionati più strani che la Formula 1 ricordi. Una carriera che ha molti punti di contatto con quella di Keke, a partire dal numero 6, lo stesso che Nico ha voluto sulla sua vettura. I Rosberg, però, non sono l'unica famiglia presente nel mondiale. Spesso l'allievo supera il maestro, come nel caso di Max Verstappen che può vantare addirittura una doppia discendenza nel mondo delle corse. Il padre Jos, infatti, disputò 106 Gp correndo con Benetton, Steward e Minardi – solo per citarne alcune – conquistando 2 podi mentre la madre, Sophie, ha corso come pilota di kart. C'è già chi scommette che campione dei prossimi anni sarà lui, ma intanto il baby fenomeno ha già fatto meglio di entrambi i genitori: trionfando in Spagna, infatti, è già entrato nell'albo d'oro della Formula 1 diventando il più giovane pilota di sempre a vincere un Gran Premio.
La strana coppia Renault
C'è poi chi non si accontenta di avere un solo figlio d'arte, ma preferisce esagerare. E' il caso della Renault che quest'anno si è presentata al via con due figli d'arte. Kevin Magnussen e Jolyon Palmer, infatti, hanno entrambi il motorsport nel DNA. Il danese, dopo l'esperienza poco fortunata in McLaren nel 2014, aveva già migliorato lo score del padre, che conquistò un punto iridato in tre stagioni tra McLaren e Stewart, con il podio all'esordio, ma si è ripetuto arrivando a 7 punti nella stagione appena conclusa. Palmer, invece, dovrà attendere ancora per superare le gesta di Jonathan, medico e pilota, con sei campionati all'attivo tra il 1983 e il 1989 e un quinto posto nel 1987 a Montecarlo con la Tyrrell. Figlio d'arte, anche se in un ambito diverso, è Carlos Sainz Jr, stesso nome del padre ma sport diversi. Lo spagnolo, infatti, si laureò campione del mondo sia nel 1990 che nel 1992 ma nel campionato Rally, impreziosendo ulteriormente il proprio palmares con la vittoria nel Rally Dakar 2010: una vera e propria impresa quella a cui è chiamato il giovane Carlos, attuale pilota della Toro Rosso.
Le generazioni future
Ci sono poi le giovani leve, figli d'arte ancora in erba che puntano a seguire le orme dei padri ben più famosi. E se per Giuliano Alesi, figlio dell'ex pilota Ferrari Jean ancora alle prese con il campionato Gp3, l'anticamera della Formula 1, il compito è arduo ma non impossibile visto che il padre ha vinto una sola gara in carriera, pur collezionando 32 podi, di tutt'altro spessore è l'impresa al quale è chiamato Mick Schumacher, figlio del sette volte campione del mondo. Per ora il 17enne tedesco si limita a sperare di sbarcare il prima possibile nella massima competizione del motorsport; in questo caso eguagliare le gesta del padre sarebbe forse chiedere troppo.