Fiat, dopo Chrysler è il momento di pensare anche all’Italia
Alla fine il patto Fiat-Chrysler, con relativa presentazione del piano industriale, è andato in porto non senza difficoltà, non senza lagnanze da parte di alcune classi lavoratrici. Adesso l’attenzione della Fiat si deve spostare necessariamente sul versante nazionale, magari incontrando la rappresentanza della varie sigle sindacali che girano intorno alla casa del Lingotto come FIOM, UILM, FIM, CISL e FISMIL.
Enzo Masini, coordinatore nazionale auto della FIOM CGIL afferma: “Chiediamo un piano industriale anche in Italia, perché il Paese abbia un punto fermo: dobbiamo tornare a produrre oltre un milione di auto, se no si mettono a rischio stabilimenti e posti di lavoro diretti e nell'indotto, cioè qualche decina di migliaia di posti”.
I punti sui quali i sindacati riflettono, quindi, sono una produzione che torni a livelli di oltre 1 milione di vetture prodotte, tutela dell’occupazione e delle piccole e medie imprese legate alla componentistica che al momento non stanno passando un buon momento.
Su quest’ultimo punto si è espresso anche il segretario nazionale della FISMIC Roberto di Maulo: “Chiediamo al governo che si prendano misure concrete per l'accesso al credito delle piccole e medie imprese della componentistica auto che sono veramente a rischio chiusura, in inverno c'è la possibilità che cadano come le mosche, stanno andando verso il collasso. Si tratta di centinaia di migliaia di posti”. Tutti sono d’accordo su un fatto, che i tempi sono maturi per un riflessione che porti a gesti concreti e ben strutturati.