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Fittipaldi contro i team di F1: “I piloti? Sono robot. Devono essere liberi”

Il pilota brasiliano, che riuscì a conquistare due titoli mondiali e a risultare uno dei piloti più amati degli anni ’70, ha parlato della Formula 1 moderna e si è scagliato contro i team che non permettono ai piloti di esprimersi.
A cura di Vito Lamorte
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Emerson Fittipaldi ha le idee chiare sulla F1 moderna: "I piloti odierni di Formula 1? Robot". Uno dei piloti più amati di sempre della Formula 1 e vincitore del titolo per due volte ha parlato dell'approccio dei piloti nei confronti dei tifosi e della stampa, ritenendoli come dei veri e propri automi. L'ex pilota automobilistico brasiliano di origini italiane ha parlato della comunicazione dei driver del circus: "Penso che la comunicazione per i piloti sia molto importante, soprattutto al giorno d'oggi. Se c'è una parola che dovrebbe essere consentita è la seguente: libertà. Negli Stati Uniti tutti parlano di libertà d'espressione ma se guidi una Ferrari, ad esempio, prima della conferenza stampa ti verrà detto cosa dire e, soprattutto, cosa non dire. E questa è proprio una situazione di m…a! I piloti sono robot o hanno personalità? Questa, forse, manca…".

Nel recente sondaggio della GPDA insieme a Motorsport.com l'86% dei tifosi che hanno lo hanno compilato hanno asserito che i piloti dovrebbero essere molto più aperti e disponibili con loro. Fittipaldi ha dichiarato: "Faccio un esempio. A un pilota dovrebbe essere consentito di dire: hey, ragazzi, oggi il mio team mi ha rovinato la gara sbagliando strategia. Quei maledetti! Invece questi alle domande rispondono come automi dicendo: buona gara. Hanno bisogno di personalità, ma non è colpa loro, perché è il sistema che li circonda che è sbagliato".

L'ex iridato chiude così sulla Formula 1: "Gli addetti stampa dovrebbero consentire ai piloti di poter dire di più e avvicinarsi di più alla gente. Non prendiamocela con i piloti, non è colpa loro e i tempi sono decisamente cambiati rispetto a quando correvo io. Ma questo sport non può essere danneggiato da quello che gli atleti sono o non sono autorizzati a dire".

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