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Formula 1: Ron Dennis e le sue verità sulla F1

Dopo aver annunciato di non aver alcun rimpianto per il mondo dorato, fatato della Formula 1, l’ex team boss della McLaren, Ron Dennis, dice alcune verità non dette prima.
A cura di Eugenio Tinto
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Dopo aver annunciato con fermezza di abbandonare il mondo delle corse per dedicarsi con tutta la sua professionalità al reparto di automobili sportive da strada del marchio McLaren, dopo aver confermato con altrettanta fermezza, e anche con un po’ di fierezza, di non aver alcun rimpianto per la sua scelta di abbandonare il mondo dorato, fatato delle corse, Ron Dennis, intervistato dal giornale Esquire, si lascia andare a qualche commento libero su qualche verità omessa o su qualche falsità spacciata per verità assoluta.

Sulla Spy Story che vide fronteggiarsi Ferrari (accusa) e McLaren (difesa) Ron Dennis non si nasconde dietro a un dito:

Sono state delle piccole indiscrezioni da parte dei membri del team non di primo piano, questione amplificata dai principali media. Non è stato questo il modo di comportarsi. Con il passare del tempo la verità viene sempre a galla. Non mi piace quando qualcuno danneggia volutamente la reputazione di un gruppo solo perchè io ho combattuto fieramente delle battaglie per i diritti della F1 e della McLaren. Qualche volta si paga un prezzo troppo alto.

Le sue osservazioni vanno ad analizzare anche gli anni di onorata carriera che ha svolto nel mondo della Formula 1:

Quando si scrivono i nomi di tutti i team boss che negli ultimi dieci anni hanno vinto più di cinque gare, la lista è piuttosto corta. Attraverso questi numeri ci si rende conto di quanti si siano dedicati totalmente a questo sport. Però si paga per questo impegno perché  la gente non capisce perché lo fai. È  il prezzo da pagare, ma io dormo bene, sereno. Io andavo in crisi quando le cose non erano eseguite bene, perché i dettagli sono fondamentali per far crescere il gruppo. Ho percepito che qualcuno mi avrebbe buttato giù da una torre d'avorio. C'è gente e non lo dico per orgoglio, che provava paura nei miei confronti, questo solo perché non mi conoscevano.

Eugenio Tinto

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