I campioni della F1: 5 cose da sapere su Alberto Ascari, l’ultimo iridato italiano

Quella di Alberto Ascari è una storia che parte da lontano, quando la Formula 1 era velocità, passione e rischio e i piloti correvano a braccetto con la morte. Figlio di Antonio Ascari, morto in un incidente automobilistico a Montlhery, in Francia, il giovane Alberto aveva ereditato dalla figura paterna l'amore per le corse: questione di DNA, difficile spiegare a parole la scelta del pilota milanese che, pur di scendere in pista si scontra con le resistenze della madre. Ascari non è solo uno dei pionieri della Formula 1, ma soprattutto è l'ultimo pilota italiano a diventare campione del mondo con la Ferrari, il primo a conquistare il titolo con il Cavallino.
Gli esordi
Eppure il primo amore fu per le due ruote: l'esordio in una competizione – la 24 Ore attraverso l'Alta Italia – è datato 1936. Il ragazzo ci sa fare, la prima vittoria arriva quasi subito, poi l'ingresso nella squadra corse ufficiale Bianchi, ma il richiamo delle sirene a quattroruote è troppo forte, impossibile resistere nonostante l'incidente che ha portato via suo padre. La guerra interrompe ogni sogno, ma al termine del conflitto Ascari decide che è arrivato il momento di fare sul serio. La prima vittoria è datata 1948, insieme alla gloria arrivano i primi incidenti: prima lo schianto a 200 all'ora, poi il Brasile dove si frattura una scapola e si incrina due costole. Ci vuole ben altro per fermare Alberto Ascari che, nel 1950, firma con l'emergente Scuderia Ferarri: sta per nascere il mito.
Il primo titolo mondiale
La prima stagione non è di quelle da ricordare, nonostante due secondi posti. L'anno seguente il pilota milanese decide di prendere parte alla prestigiosa Mille Miglia. La corsa fu, però, funestata da un grave incidente: partito nella notte, Ascari uscì di strada colpendo mortalmente uno spettatore dopo essere stato abbagliato dai fari di un'auto in sosta. Accusato di omicidio colposo, venne assolto solo dopo 3 anni. La Formula 1 lo chiama, lui risponde presente e getta le basi per quello che sarà il capolavoro della sua breve ma intensa carriera: le vittorie in Germania e Italia sono solo l'antipasto, il secondo posto mondiale serve per alimentare la sua fame di vittorie. E' il 1952 l'anno che mostra a tutto il mondo il suo talento: dopo aver saltato il Gran Premio di Svizzera ed essersi ritirato alla 500 Miglia di Indianapolis, Ciccio – così lo chiamava il padre per via del carattere calmo e bonario – non sbaglia un colpo: saranno sei le vittorie che lo porteranno a conquistare il titolo di campione del mondo, il primo in carriera per lui e per la Ferrari.
La sfida con Fangio
Se quello del 1952 era stato un trionfo, è l'anno seguente a far entrare ufficialmente Ascari nell'Olimpo dei grandi. I suoi detrattori, infatti, reputano che la sua vittoria sia dovuta all'assenza di Juan Manuel Fangio, il grande talento che aveva dovuto saltare l'intera stagione per un infortunio a Monza: l'argentino, infatti, arrivò al circuito solo un'ora prima della partenza dopo aver guidato tutta la notte. La stanchezza e la necessità di rimontare lo tradirono, mandandolo lungo alla prima di Lesmo: le conseguenze dell'incidente lo costrinsero a rimanere fermo per un lungo periodo. Nel 1953, però, l'argentino è pronto per tornare in pista. Ascari si impone subito, proprio nella gara di casa di Fangio, lanciando il guanto di sfida al rivale. Il doppio ritiro del pilota della Maserati prima in Olanda e poi in Belgio impediscono ai due di lottare, ma intanto Ascari continua a collezionare vittorie. La prima vera sfida arriva in occasione del Gp di Francia, l'italiano non va oltre il 4° posto mentre nella successiva tappa in Inghilterra arriva il successo proprio davanti all'argentino: ormai è chiaro a tutti che Alberto Ascari è il nuovo astro nascente della Formula 1. Il Gp di Germania, pista sulla quale il ferrarista si imponeva dal 1950, fu disastroso: mentre si trovava in testa la Rossa prima perse una ruota, poi fu il propulsore a tradirlo costringendolo al ritiro. L'appuntamento con il bis mondiale, però, era solo rimandato e arrivò all'appuntamento successivo, in Svizzera, quando Ascari riuscì a conquistare la vittoria dopo una rimonta incredibile, culminata con il sorpasso all'altro italiano, Nino Farina.
La stagione da dimenticare
L'anno successivo il pilota milanese decide di sposare il progetto Lancia: la vettura però si dimostra troppo fragile tanto che Ascari esordisce al mondiale del 1954, dopo aver saltato i primi due appuntamenti, con una Maserati grazie alla deroga del costruttore piemontese. Sul circuito di Reims, però, arriva subito un ritiro, seguito da quello in Inghilterra. La scelta di Ascari si rivelò sbagliata, tanto che tornò in pista per il Gp d'Italia con la Ferrari, ma il destino si mise di traverso: dopo aver battagliato per tutta la gara con Fangio e Moss, arrivò il ritiro anche con il Cavallino. L'ultimo appuntamento in Spagna non fu certo migliore: quello del '54 si confermò l'annus horribilis di Ascari che non riuscì a concludere nessuna gara.
L'appuntamento con il destino
Il 1955 sembra l'anno giusto per tornare a duellare con il rivale di sempre, quel Juan Manuel Fangio che nel frattempo è diventato campione del mondo. E' ancora la Lancia la vettura con la quale riprendersi la corona, ma in Argentina arriva un altro ritiro. Ascari ripone grande fiducia nell'appuntamento successivo, quello di Monaco è un circuito particolare. La gara, però, si rivela drammatica: Moss rompe il motore e va ai box, in pista rimane dell'olio. Ascari ha la sfortuna di passare proprio su un chiazza di liquido lasciato dalla vettura dell'inglese: la sua Lancia sbanda paurosamente all'uscita del tunnel, subito prima della chicane, volando nelle acque del porto. Il pilota italiano ha la prontezza di uscire dall'abitacolo prima che il veicolo si inabissi e risalire in superficie dove una lancia di salvataggio lo soccorre. Portato al più vicino ospedale se la cava con la rottura del setto nasale e qualche contusione. L'appuntamento con il tragico destino, però, è solo rimandato, la Samarcanda dell'italiano è Monza. Mentre era nella sua casa di Milano, infatti, gli amici Villoresi e Castellotti lo invitarono a Monza dove stavano testando la Ferrari 750 Sport. Ascari esce in abiti civili, saluta la moglie e, una volta giunto all'autodromo, chiede di fare non più di 3 giri di allenamento. Proprio nell'ultimo, alla stessa curva che lo aveva visto uscire di pista nei test con la Lancia l'anno precedente, la macchina sbandò e si capovolse, schiacciando il pilota, che morì sul colpo. Un destino beffardo lo porta via ad appena 37 anni. Trenta anni dopo l'incidente del padre, anche il figlio perde la vita in un incidente automobilistico: finisce così, senza eredi, la storia della famiglia italiana che prima di tutti conquistò il mondo delle corse.