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I campioni della F1: cinque cose da sapere su Niki Lauda, il computer umano

Tre titoli mondiali – due con la Ferrari e uno con la McLaren – ma soprattutto il terribile incidente del Nurburgring che lo costrinse a lottare tra la vita e la morte: dagli inizi grazie a un ingente prestito fino al secondo definitivo ritiro, ecco la storia del campione austriaco.
A cura di Matteo Vana
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Niki Lauda - Mark Thompson/Allsport
Niki Lauda – Mark Thompson/Allsport

Sono molti i piloti a potersi vantare di aver vinto un mondiale di Formula 1, molti meno quelli capaci di confermare le proprie capacità una volta essere saliti sul tetto del mondo: confermarsi è sempre la cosa più complicata, correre con la consapevolezza di essere il più forte senza essere schiacciati dal peso delle aspettative rischia di essere un boomerang. Niki Lauda, però, non ha mai avuto questi problemi: lui, soprannominato "il computer" per la sua freddezza, è stato capace di portare a casa ben 3 titoli mondiali, due dei quali con la Ferrari interrompendo un periodo d'astinenza della casa di Maranello che durava da ben 10 anni. L'austriaco, però, non è ricordato solo per i suoi trionfi, ma soprattutto per via del tremendo incidente che lo vide protagonista al Nurburgring.

Un prestito per cullare un sogno

Nato a Vienna da una famiglia di banchieri, il giovane Niki si interessò subito al mondo dei motori. Una scelta che però non venne condivisa dalla famiglia che per lui aveva in mente in futuro nella finanza. Nel 1968, all'età di 19 anni, decise di lasciare l'università per inseguire il suo sogno. Dopo aver racimolato i soldi per correre in Formula 1 grazie a un grosso prestito bancario, l'austriaco riuscì a convincere il team March a farlo correre in Formula 2. A 22 anni arriva il debutto, ma la categoria era fin troppo affollata all'epoca: i partecipanti ad ogni gara erano oltre 40 e già qualificarsi era una vera e propria impresa. Nonostante questo Lauda riuscì a fornire prove convincenti tanto che l'anno successivo, nel 1972, arriva la grande occasione. Lauda è al via del campionato di Formula 1, ma la vettura non è competitiva tanto che nei primi anni non riesce mai a classificarsi tra i primi. Solo nel 1973, in Belgio, arrivano i primi punti iridati grazie al quinto posto.

A Maranello grazie a Clay Regazzoni

I risultati scarseggiano, ma il suo talento non passa certo inosservato: ad ottobre è la Ferrari a bussare alla sua porta, impossibile rifiutare. Nonostante un contratto già firmato con la BRM per le prossime due stagioni si svincola pagando una penale salata ed approda a Maranello: il suo ingaggio è favorito da Clay Regazzoni, già suo compagno nella precedente avventura. La Rossa però non è più quella di un tempo, Lauda non le manda certo a dire e si mette a lavoro sulla vettura: il miglioramento è incredibile, già alla prima gara in Argentina il Cavallino è sul podio e Juan Manuel Fangio pronostica per lui un futuro radioso. La smania dell'austriaco non conosce confini, ma a tradirlo è troppo spesso la vettura: sono molti i ritiri tanto che la Ferrari decide di puntare su Regazzoni per conquistare il mondiale. Una decisione che non fa felice Lauda che, invece di fare da gregario e aiutare la squadra a portare a casa il titolo, continua a voler primeggiare: l'atteggiamento del giovane pilota non aiuta lo svizzero che perderà il mondiale all'ultima gara.

Niki Lauda con la Ferrari - Allsport UK /Allsport
Niki Lauda con la Ferrari – Allsport UK /Allsport

Il primo titolo mondiale con il Cavallino

Nel 1975 la velocità di Lauda e la competitività della Ferrari formano un binomio quasi imbattibile. Quella dell'austriaco è una cavalcata senza ostacoli, i cinque podi consecutivi – con 4 vittorie e un secondo posto – lo proiettano a un passo dal sogno che si realizza poi grazie al terzo posto ottenuto a Monza in un tripudio Ferrari. La Rossa torna a vincere un mondiale, Lauda riesce a realizzare l'obiettivo che si era prefisso all'inizio della sua carriera. Il pilota non è ancora sazio e si presenta al via della stagione seguente più motivato che mai. Arrivano subito due vittorie, poi due secondi posti e ancora due vittorie: l'esito appare scontato, il mondiale sembra essere già indirizzato, ma il destino ha in serbo per lui un amaro destino.

L'incidente e il ritorno

Il 1° agosto 1976 si corre il Gran Premio di Germania. Il circuito del Nurburgring è considerato uno dei più pericolosi, ma nessuno dei piloti presta attenzione a queste dicerie. Il margine su Hunt è rassicurante, ma l'inizio gara è subito in salita: vista la piogga caduta Lauda scelse le gomme da bagnato, ma durante il primo giro perse posizioni rispetto ai piloti con gomme slick, quindi si fermò a cambiarle e ripartì cercando di recuperare. Proprio nel tentativo di dimezzare il gap l'austriaco, in una curva a Bergwerk, anche a causa della poca aderenza fornita dalle gomme fredde, su un tratto di asfalto ancora bagnato, perde il controllo della sua vettura colpendo una roccia. Il casco salta via, la macchina prende fuoco: sono secondi interminabili quelli che vedono Lauda avvolto dalle fiamme fino a quando alcuni piloti, scesi dalle loro vetture, riescono a tirarlo fuori. Le sue condizioni sono disperate; il suo volto è ustionato, i polmoni pieni delle esalazioni dei fumi di benzina. Il pilota della Rossa passa una settimana in ospedale lottando tra la vita e la morte, ma dopo 42 giorni è di nuovo in pista. Nel frattempo Hunt aveva recuperato quasi tutto lo svantaggio, tanto che i due arrivarono appaiati all'appuntamento decisivo in Giappone.

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Il ritiro in Giappone e il secondo titolo in Ferrari

La corsa fu disputata sotto una pioggia torrenziale tanto che molti piloti, tra cui i due principali contendenti al titolo, avrebbero preferito non correre. Alla fine prevalsero gli accordi commerciali, ma Lauda al 2° giro rientrò ai box: troppo pericoloso gareggiare in quelle condizioni. Forghieri gli propose di dare la colpa a un problema elettrico, ma Lauda preferì prendersi la responsabilità del ritiro. Hunt, invece, incurante del pericolo, proseguì e ottenne il piazzamento necessario a vincere il titolo, con un punto soltanto di vantaggio sul ferrarista. Il comportamento di Lauda attirò diverse critiche da parte della Ferrari, cosa che compromise il rapporto fino a quel momento ottimale. Nel 1977, però, Lauda è di nuovo al via con la Rossa di Maranello, l'incidente solo un brutto ricordo. Il pilota viennese torna ad essere il computer umano che tutti conoscono mostrando una regolarità incredibile: nessuno riesce a tenere il suo passo, le 3 vittorie, unite ai tanti secondi posti, lo fanno salire di nuovo sul tetto della Formula 1. Lauda è campione del mondo per la seconda volta in carriera grazie al 4° posto negli Stati Uniti. A causa dei pessimi rapporti con la squadra, però, decide di non disputare le ultime due gare della stagione, il suo addio è inevitabile.

Addio e ritorno

Nel 1978 è al via con la Brabham, ma non riesce più a ripetere i risultati raggiunti con la Ferrari. Due stagioni, poi il ritiro per dedicarsi allo sviluppo della sua compagnia di aerei. Il richiamo delle corse, però, è troppo forte tanto che nel 1982 è di nuovo in pista, stavolta con la McLaren. Gli ci vogliono 3 anni per tornare ai vertici, ma nel 1984 è di nuovo campione del mondo, un risultato sul quale in pochissimi avrebbero scommesso al suo rientro in Formula 1. Quello sarà l'ultimo acuto del campione austriaco che si ritirerà per la seconda, e stavolta definitiva, volta alla fine della stagione successiva. Alla fine saranno tre i titoli mondiali, ma negli occhi di tutti rimangono le scene di quel terribile 1 agosto 1976.

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