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La MotoGP al giro di boa con una Ducati in forma Mondiale: il titolo non è un’utopia

Un primo bilancio molto positivo per la casa di Borgo Panigale nella classe regina che tra moto ufficiali e clienti della Pramac e dell’Aspar hanno centrato ben sei podi nelle prime nove gare della stagione, con ben due vittorie targate Andrea Dovizioso. Per trovare un inizio di stagione migliore bisogna tornare al 2007 quando Casey Stoner e la Rossa conquistarono il titolo iridato mettendo fine al monopolio giapponese. Il forlivese è adesso in piena lotta per il Mondiale con chance pari a quelle dei suoi avversari in una metà annata che ha visto anche le buone prove di Danilo Petrucci e Alvaro Bautista, mentre Jorge Lorenzo fatica a trovare il feeling giusto con la sua Desmosedici.
A cura di Michele Mazzeo
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Dopo la gara del Sachsenring, nono appuntamento stagionale, la MotoGP è andata in vacanza lasciandosi alle spalle la metà delle diciotto prove in programma per questo Mondiale 2017. Per i protagonisti della classe regina è dunque tempo di primi bilanci, di tirare le somme di quel che è stato in questa prima parte di stagione, e programmare invece cosa sarà delle nove corse che, riposti i costumi da bagno, li attenderanno dal 6 agosto quando il circus sarà di scena a Brno per il GP della Repubblica Ceca. È tempo di un primo bilancio anche per la Ducati che, tra moto ufficiali e team clienti, è sicuramente la più bella sorpresa della stagione (eccezion fatta per Jorge Lorenzo).

Qatar da podio, Argentina da moto clienti, disastro texano

Già all’esordio in Qatar una Rossa aveva impressionato, quella condotta al secondo posto da Andrea Dovizioso, mentre il neoarrivato in casa Ducati Jorge Lorenzo dimostrava fin da subito di non aver ancora quel feeling con la Desmosedici indispensabile per domare la moto della casa di Borgo Panigale. In Argentina invece i due alfieri del team ufficiale fanno flop (costretti entrambi al ritiro) ma a tenere alto lo stendardo della scuderia emiliana ci pensano Alvaro Bautista (4°) del team Aspar e i due piloti del team Pramac, Danilo Petrucci (7°) e Scott Reading (8°), con le Ducati clienti. In Texas, su un circuito non congeniale alle Ducati, le cose non vanno meglio con Dovizioso (6°), Petrucci (8°) e Lorenzo (9°), costretti sulla difensiva dal tracciato indigesto alla Rossa.

Si torna in Europa: risveglio Ducati

Tornati in Europa però la musica cambia. A Jerez il colpo lo fa Jorge Lorenzo che arrivando terzo alle spalle delle due Honda ufficiali centra il primo (e per ora unico) podio in sella alla Ducati, con il Dovi buon 5° a precedere entrambe le Yamaha di Vinales e Rossi che fino a quel momento sembravano le moto da battere. Mentre a Le Mans, nonostante una discreta prestazione, sia il forlivese (4°) che il maiorchino (6°) si devono accontentare di terminare la corsa ai piedi del podio.

Mugello: la gara della svolta

Arriva così il GP di casa, quella che possiamo definire come la gara della svolta per tutte le moto della casa di Borgo Panigale presenti in griglia nella MotoGP. Al Mugello dove per l’ennesima volta in questa stagione, tutte le previsioni e le analisi della vigilia vengono sovvertite dalla pista, a farla da padrone sono proprio le Ducati. Ad imporsi infatti è stato uno straordinario Andrea Dovizioso che precede Maverick Vinales e un finalmente “sbocciato” Danilo Petrucci con la Desmosedici clienti del team Pramac. Completano la festa Rossa il quinto posto di Alvaro Bautista e l’ottavo di Jorge Lorenzo.

Montmelò: il Dovi si iscrive alla lotta per il titolo iridato

Vittoria al Mugello per il Dovi bissata a distanza di sette giorni con quella del Montmelò. Battute prima le Yamaha in Toscana e poi le Honda in Catalogna. Recuperati 24 punti in due gare al leader del Mondiale, adesso distante solo 7 lunghezze, e prepotente candidatura per la corsa al titolo. Il forlivese si impone davanti alle due Honda di Marc Marquez e Dani Pedrosa. Jorge Lorenzo finisce 4° con Bautista 7°, mentre Petrucci finisce a terra a due giri dal traguardo quando era in lotta per le posizioni di testa.

Capolavoro Petrucci, Ducati da sogno, ma in Germania il brusco risveglio

Ad Assen il colpo invece lo fa proprio il pilota ternano del team Pramac che si piazza secondo alle spalle di Valentino Rossi per pochissimi decimi di secondo. Miglior posizionamento per i centauri del team ufficiale è quello del solito Dovizioso che grazie al quinto posto, e alla scivolata di Vinales, conquista la vetta momentanea della classifica iridata. Al Sachsenring, altro circuito non adatto alla potenza della Ducati, invece arriva il secondo flop stagionale delle moto prodotte dalla casa di Borgo Panigale, dopo Austin, con Alvaro Bautista (6°) e Dovizioso (8°) come migliori piazzati tra le Desmosedici in gara.

Una Ducati Mondiale: meglio solo nel memorabile anno di Stoner

Dopo nove gare dunque, le moto della casa di Borgo Panigale, tra team ufficiale, Pramac e Aspar ha raccolto ben due vittorie (al Mugello e al Montmelò entrambe con Andrea Dovizioso), due secondi posti (lo stesso Dovizioso a Losail e Danilo Petrucci al Mugello) e altrettanti bronzi (Jorge Lorenzo a Jerez e il Petrux ad Assen) per un totale di 6 podi stagionali in 9 prove. Lo stesso risultato ottenuto dalle Rosse nel 2015 che però nella prima parte di stagione non riuscirono a centrare nessun successo. Per trovare un inizio di annata migliore bisogna tornare al memorabile 2007, l’anno dell’unico titolo iridato della Ducati, quando Casey Stoner e Loris Capirossi salirono sul podio in 9 occasioni in altrettanti gran premi con ben 5 successi dell’australiano. E se, il paragone con il binomio iridato Stoner – Desmosedici appare ancora azzardato, in un campionato così altalenante va detto che la casa di Borgo Panigale un risultato in questo 2017 lo ha già raggiunto mettendo fine al duopolio giapponese Honda – Yamaha che ha monopolizzato la MotoGP (eccezion fatta per quel 2007) dal 1975 a oggi. Un livellamento di valori che, in un mondiale così equilibrato, fa anche sperare che portare a casa il titolo iridato con Andrea Dovizioso, al momento terzo in classifica a soli 6 punti dal leader Marquez, non sia poi un’utopia.

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