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Lorenzo in Ducati dal 2017, la fine dell’era in Yamaha

In nove stagioni in sella alla M1 lo spagnolo ha colto tre mondiali, 41 vittorie e 99 podi in 141 Gp fino ad oggi disputati. Diversi i motivi, non solo economici, a sostegno della sua scelta, a partire dalla sfida di riuscire in sella a una Desmosedici su cui Rossi ha fallito.
A cura di Valeria Aiello
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Era inizialmente atteso per giovedì prossimo, durante la conferenza stampa pre-evento del Gp di Jerez ma le sempre più insistenti voci hanno portato ad anticipare l’annuncio del passaggio: dal 2017 Jorge Lorenzo è uno dei due piloti Ducati, al fianco di uno dei due Andrea, Iannone o Dovizioso, che a suon di risultati si giocheranno la sola Rossa rimasta. Un matrimonio ampiamente snocciolato da quando Ducati ha recapitato al maiorchino una proposta di quelle impossibili da rifiutare, 25 milioni di euro per due anni, migliore anche di quella messa sul tavolo dalla Yamaha che, dalla sua, aveva formulato il più generoso ingaggio di sempre. Ma lo sforzo della casa dei Tre Diapason cede il passo all’offerta arrivata dalla factory di Borgo Panigale per garantirsi lo spagnolo alla sua corte.

I motivi del passaggio

A giocare un ruolo determinante in quella che fino a pochi mesi era considerata un’ipotesi neppure lontanamente immaginabile, la rivalità e sempre più difficile convivenza con Valentino Rossi, dopo anche il difficile epilogo dell’ultimo mondiale, così come la motivazione extra di riuscire in sella a una moto su cui il Dottore ha fallito. Anche solo vincere una gara per Lorenzo significherebbe fare meglio dl pesarese dal momento che, nel biennio in Ducati, Rossi ha colto solo tre podi, terzo nel 2011 a Le Mans e secondo nel 2012 a Le Mans e a Misano. Senza dimenticare Gigi Dall’Igna, con cui Lorenzo ha già vinto i due mondiali in 250 in Aprilia, e che dal suo arrivo in Ducati ha rivoltato quella Desmosedici che solo Casey Stoner sapeva portare al limite, fino a farla diventare un prototipo competitivo sotto ogni aspetto e con cui Dovizioso e Iannone sembrano ormai prossimi a sfatare il tabù vittoria in questa stagione. Per non parlare del peso proprio di Stoner, collaudatore Ducati nonché asso nella manica che la factory di Borgo Panigale è pronto a calare magari in qualità di wild card in uno o due gare del mondiale 2016. Un dream team che ha convinto anche uno come il maiorchino che in passato aveva escluso che il giorno del suo addio alla Yamaha sarebbe mai arrivato.

La fine di un’era

E invece eccoci al capolinea di un’era durata nove stagioni, tre mondiali e, ad oggi, 41 vittorie in sella alla M1 dal 2008, primo amore del maiorchino in MotoGp con cui il Martillo centrava il suo obiettivo nel 2010 grazie a 9 vittorie, sedici podi complessivi e il record di 383 punti in un mondiale . La riconferma nel 2012, come due anni prima sempre davanti a Dani Pedrosa, quindi il terzo alloro strappato dalle mani di Valentino Rossi a Valencia, ultimo round di un mondiale cui Lorenzo approcciava con 7 punti di ritardo sul pesarese che, penalizzato per l’incidente con Marc Marquez a Sepang, scattava dal fondo dello schieramento. La vittoria in gara e la quarta piazza del Dottore, gli permettevano di centrare il mondiale per soli 5 punti su un compagno di squadra avvelenato dal famigerato “biscottone” spagnolo.

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