Marc Marquez, quanto gli costa la figuraccia mondiale

Brutta storia quella di Marc Marquez, il 22enne di Cervera, il rookie dei record, il due volte campione della MotoGp che chiude la sua terza stagione in top class assicurandosi che lo scettro di campione del mondo passi nelle mani di Jorge Lorenzo, suo rivale nel mondiale e compagno di squadra di Valentino Rossi, in ogni caso diretto avversario del catalano della Honda. Epilogo di una storia vera ed iniziata in Qatar, volata in Argentina e passata anche per Assen, Phillip Island, Sepang e Valencia: il gioco di Marquez ha messo il Motomondiale con le spalle al muro, disarmato da una trama diabolica, premio oscar per la miglior sceneggiatura originale. Se non fosse che, a consegnargli un premio, ci hanno anche provato e riprovato, fino a quando il pilota della Honda, ravveduto o consigliato, accettava dalle mani di Staffelli il tapiro d’oro, nel tentativo di spegnere fuochi e polemiche per tornare ad essere nelle grazie di Vale. Come nelle foto con il suo mito quando era un esordiente nel mondiale, come quando andava al Ranch di Tavullia a sgasare un po’, come quando Rossi lo abbracciava dopo averlo “strozzato” al parco chiuso, oppure come quando gli chiedeva il copyright per la replica del sorpasso al cavatappi di Laguna e varie altre manovre viste nei video del ‘dottore’. Valentino ha accolto a braccia aperte Marquez nel mondiale ma a Marc è andata bene fino a quando non era Rossi a vincere. Ora che il ‘dottore' è tornato, non gli scendeva proprio giù che se non fosse stato lui a vincere per il terzo anno di fila, il campione sarebbe stato di nuovo Valentino, per la decima volta in carriera. Ma che arrivasse fino a tanto, davvero non se lo immaginava nessuno. A inchiodarlo le immagini, proprio come in un processo che lo macchia di un reato nascosto sotto a una coperta tanto corta da lasciare scoperti i piedi di figuraccia mondiale.
Il "guardaspalle" di Lorenzo. Se avesse voluto dare anche solo una parvenza di sportività, avrebbe potuto farlo dalla metà gara, per poi lasciare spazio al gran finale del suo preferito. Avrebbe fatto la cosiddetta “mossa”, quella che gli sarebbe bastata per scrollarsi di dosso i milioni di occhi che lo tenevano puntato. Invece nulla, anzi peggio. Il solo sorpasso è arrivato ai danni del suo compagno di squadra, Dani Pedrosa, che avrebbe voluto inserirsi nella cavalcata di Lorenzo verso la vittoria. A guardare le spalle del maiorchino della Yamaha, c’è la Honda di Marquez che al Camomillo non fa sconti e rischia di mandarlo gambe all’aria in quello che sarebbe apparso il remake del volo di Aragon per il cavo del traction control tranciato. Da quegli errori da rookie della MotoGP, in Marquez è cambiato tanto, e tanto è cambiato anche in Honda che dietro allo spagnolo sta perdendo testa e reputazione. Perché è di quest’ultima che si parla, di quella che conviene non perdere per sopravvivere nel motociclismo dove, per dirla alla Iannone, “se ti vedono con una bibita in mano, poi dicono che ci hai messo del rum, e il giorno dopo sei l’alcolizzato della pista. La fratellanza della MotoGP”.
È ora di dire le cose come stanno. Dal biscottone spagnolo a uscirne purgato è Marc Marquez insieme a chi lo asseconda nel suo fare, giustificato da quel “lui è fatto così” che conferma i capricci di un bimbo viziato da papà Julià che, con il fratello Alex, lo ha messo su una motocicletta. El Cabroncito, come battezzato da Guido Meda, è uscito allo scoperto, nudo e crudo, proprio come mamma Roser l’aveva fatto, senza neppure il velo di un po’ di ipocrisia che, mai come questa volta, lo avrebbe ancora potuto salvare dalla gogna mediatica in cui è finito, svergognato da quello strumento di tortura globale da cui è difficile, se non impossibile, uscirne puliti. Se Marquez è riuscito far perdere il mondiale a Rossi, Rossi è riuscito a fargli perdere la faccia. E nel provare a chiudere il vaso di Pandora aperto a Sepang, Marquez a Valencia è riuscito a farlo cadere. Ora non gli resta che raccogliere i cocci di un errore mondiale, pregando che la Speranza abbia fatto in tempo a salvarsi, perché altrimenti non ce n'è più per nessuno, neppure per il più veloce di tutti, neanche per chi al decimo mondiale del ‘dottore’ ha preferito applaudire il titolo del rivale Lorenzo. In un gioco lurido, come zozzo è lo scettro che gli ha consegnato.
Fuga col botto. C’è paura. Paura che Marquez danneggi l’immagine di tutto quello che casualmente tocca. Perché adesso, già solo a pronunciare Marc Marquez, si rischia di rimanere con la lingua impigliata. Lo temono i rivenditori italiani del marchio Honda, che paventano l’allontanamento dei clienti, lo urla la rete che di consensi negativi ne è piena fino all’orlo. Forse è meglio non affrettare la smentita di voci che parlano di contratti stracciati e sponsorizzazioni giunte al capolinea. Perché arrivati a questo punto, forse è meglio fare finta di niente, lasciando che insulti e minacce di boicottaggio a Honda e sponsor come Repsol, Red Bull e Gas vengano additati solo come l’irrefrenabile sfogo di chi la pensa come gli altri. Perché il danno d’immagine è già bello e grosso così com’è che è meglio non rigirare il coltello nella piaga. Perché con dichiarazioni di stima e fiducia nei confronti di Marc si è fatto addirittura peggio. Meglio allora far saltare tutto senza fare troppo rumore, lasciando che contratti e clausole scoppino, per dire, da soli. Al botto finale manca solo Marc, che dalle stelle di una Honda ereditata da Stoner passa a stalle maiorchine, dove il rivale lo aspetta per inzuppare nel latte il biscottone mundial.
Quanto gli costa la figuraccia. Salato è il prezzo da pagare per un comportamento non consono, per non dire anti sportivo, che peserà nelle scelte commerciali di brand e sponsor che fino ad oggi gli hanno coperto ogni centimetro della tuta pur di assicurarsi quel posto in prima fila che solo nella passata stagione gli è riuscito in sedici Gp su diciotto round disputati. “Ci vorranno mesi, non per dimenticare, perché non sarà mai possibile dimenticare” ha ammesso Valentino Rossi per sé, profetizzando i tempi di un primo colpo di spugna a levare il grosso dello sporco di una delusione impossibile da cancellare. Un lungo inverno per riflettere e ritrovare la carica prima che si arrivi ai test invernali ma comunque fatto di impegni per i quali è necessario rivedere atteggiamenti e dichiarazioni, a meno che non si decida di continuare a giocare con quel fuoco da sui Marquez è già uscito bruciato. Per lo spagnolo la lite con il ‘dottore’ non si è tradotta in un buon affare, almeno in termini pubblicitari, perché di agonismo e integrità morale per future collaborazioni non restano che frantumi, spazzati via quasi fossero record in pista. Stracciati così come la fine che rischia di fare il contratto tra Marquez e la Vr46, l’azienda di Valentino Rossi, che secondo stime mai confermate, verserebbe 500mila euro l’anno nelle tasche di Marquez proprio in diritti d’immagine, a fronte di un fatturato di 12 milioni e mezzo derivante dal merchandising di capellini, magliette, felpe, giubbotti, gadget e quant’altro porti il numero 93. Ora però, più dei soldi, conta l’onore perché tra conferme e smentite, la vera risposta l’ha data proprio Rossi che nella retorica di un “secondo voi?” ha detto più di quanto un comunicato stampa possa fare. Infine la Honda, ultima ma prima e indispensabile arma nelle mani di Marquez per provare a riscrivere la storia ma che senza la quale neppure questa sarebbe mai esistita.