Marquez? Il segreto non è l’elettronica

È il fenomeno, il dominatore, il tritarecord: è Marc Marquez, il 93 del Mondiale, il 21enne di Cervera che in questa sua seconda stagione in MotoGP sfila sotto al naso i primati a miti e leggende che ormai si sentono mancare l’asfalto sotto i piedi. Ma cosa c’è dietro? Cosa fa la differenza? Quando un pilota va forte, le voci più insistenti danno tutti i meriti all’elettronica. Era già accaduto ai tempi di Casey Stoner, quando si diceva che l’autraliano battesse Valentino Rossi solo perché aveva più elettronica: come da copione la storia si ripete oggi con Marc Marquez, salvo poi scoprire che il segreto dello spagnolo risiede in ben altro.
L’elettronica non aiuta ad andare veloce, anzi
A parlare è Carlo Luzzi, il responsabile dell’elettronica della moto di Marc Marquez, che in un’intervista rilasciata a redbull.com rivela cosa c’è dietro i successi del campione spagnolo: “Partiamo sfatando un po’ un mito. Il pilota va veloce, perché è veloce il pilota. L’elettronica non lo fa andare più veloce” dice Luzzi andando subito al sodo. “L’elettronica, al limite, può aiutare un po’ sul fronte della costanza e del rendimento, sulla distanza di gara. Evita il decadimento della prestazione della gomma in gara e visto che succede che il pilota, ogni tanto, abbia qualche imprecisione nella gestione dell’acceleratore, questo può causare un'usura anomala dello pneumatico. L’elettronica interviene qui, riducendo gli effetti di questi piccoli errori. In pratica aiuta la gomma a sopravvivere più a lungo”.
“Chi usa troppa elettronica non va mai troppo forte”
“È un dato di fatto che chi usa troppa elettronica non va mai troppo forte” aggiunge Luzzi, “Ricordiamoci che l’elettronica non genera potenza. Al massimo la toglie in maniera più o meno intelligente, in base alle strategie che usi”. “A differenza con il passato, l’elettronica aiuta a fargli fare meno highside in carriera” fa eco Livio Suppo, team manager Repsol Honda, “Una volta, per quanto fossero bravi, si cadeva tanto. E si vedevano molte cadute pericolose, arrivate in modo inaspettato per il pilota. Succedeva spesso in uscita di curva, col gas in mano. Adesso invece quel tipo di caduta capita solo raramente”. Ma se non è una questione di elettronica…
Cosa c’è dietro all’incredibile salvataggio Marquez nei test di Brno?

“È molto semplice” spiega Livio Suppo descrivendo la dinamica dell’impossibile recupero di Marc Marquez nei test di Brno, “Marc ha sostenuto per diverso tempo la moto col suo corpo, con ginocchio, gomito e spalla. Era praticamente appoggiato a terra. La moto stava scivolando e aveva provato due volte a salvarla, senza riuscirci. Al terzo e ultimo tentativo ha detto “la tento” e ha dato un colpo di gas. Una spinta decisa con cui la moto è tornata su! Ma non c’era nessun aiuto elettronico. Quel numero gli sarebbe venuto anche col CBR600RR di serie”.
Una questione di DNA, proprio come Casey
“Stoner era uno che aveva la capacità, molto personale, di andare forte fin dall’uscita del box. E proprio quel suo stile alzò all'improvviso – e di molto – il livello della competizione, costringendo gli altri piloti ad adeguarsi” sottolinea il tecnico italiano che faceva parte del team dell’australiano. “Oggi tutti, compreso Marquez, al primo giro vanno subito già vicino al limite. Il bello è che poi Marc è molto simile a Stoner come stile di guida! Anche come richieste fatte ai meccanici. Certo, non sono uguali, ma paragonabili per come impostano il lavoro”.