MotoGP, Ducati spinge per un cambio di regolamento sui sette motori ‘congelati’
Il regolamento MotoGP continua a far discutere, in particolare per quanto riguarda le limitazioni imposte ai costruttori che non godono di concessioni tecniche. Dal 2018 i team senza concessioni torneranno ad essere Honda, Ducati e Yamaha, mentre la Suzuki ritornerà ad avere i vantaggi tecnici persi nel 2017 e di cui continueranno a beneficiare anche Aprilia e KTM.
Sette motori con sviluppo congelato
Tra le diverse disposizioni, il pacchetto di norme che riguarda il numero di motori a stagione impone un limite al numero di propulsori e al loro sviluppo durante la stagione: i team che godono di concessioni possono infatti contare su 9 motori con sviluppo libero anziché sui 7 ‘congelati’ imposti invece a Ducati, Honda e Yamaha. La stessa Ducati, tra l’altro, è la sola casa ad avere un team ufficiale e tre team clienti nel mondiale, offrendo tre diverse specifiche di motore ai suoi piloti: la versione 2018 sulle Desmosedici di Andrea Dovizioso, Jorge Lorenzo e Danilo Petrucci, la versione 2017 sulle moto di Jack Miller, Tito Rabat e Alvaro Bautista e quella 2016 sulle moto di Karel Abraham e del rookie Xavier Simeon. Nei test precampionato in Malesia, la questione legata ai motori è tornata di attualità dopo che Marc Marquez ha lamentato difficoltà nel decidere quale propulsore far omologare per la stagione 2018 tra le due diverse specifiche portate dalla Honda a Sepang. Se da un lato lo sviluppo congelato consente un taglio dei costi, d’altra parte la limitazione può mettere un costruttore in seria difficoltà qualora si commetta un errore nella scelta del motore da omologare prima di inizio stagione.
Ducati spinge per un cambio
A fare il punto sui rischi dello sviluppo congelato è il direttore sportivo di Ducati Corse, Paolo Ciabatti, che in un’intervista a Speedweek.com ha rivelato che la factory di Borgo Panigale sta spingendo per rivedere il regolamento. “Abbiamo avuto discussioni accese da quando sono state introdotte queste norme – ammette Ciabatti – E, naturalmente, ogni anno avere una specifica versione del motore omologata prima del GP del Qatar è una decisione rischiosa perché possono sorgere problemi in seguito. Ecco perché da tempo abbiamo suggerito di consentire un ‘aggiornamento del motore' ad un certo punto della stagione. D'altra parte, capisco le preoccupazioni per i costi”.
Con i motori congelati, ai costruttori non è consentito sviluppare ulteriormente il propulsore già omologato. Tuttavia ciò non evita che gli stessi costruttori continuino a lavorare sui motori per la stagione successiva senza utilizzarli in gara. “Se non è permesso utilizzare i motori dell’anno successivo fino alla fine della stagione, si ha un calendario di sviluppo diverso. Se invece c’è la possibilità di sfruttare un aggiornamento a stagione in corso, si dovrà certamente prevedere un investimento extra nello sviluppo”. Sviluppo a parte, altro nodo che dovrà essere risolto è quello relativo alla limitazione a sette motori a stagione visto che i Gp in calendario – da quest’anno 19 con l’ingresso del Gp di Thailandia – per il 2019 potrebbero arrivare a quota 20 con l’ingresso del Gp di Finlandia o del Gp di Indonesia. “Con 20 Gran Premi bisognerà iniziare a chiedersi se in MotoGP non sia il caso di avere un ulteriore motore”.