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MotoGP, Jorge Lorenzo: quando l’acciaio non basta

Il majorquino della Yamaha è riuscito a tenere in bilico il titolo mondiale fino all’ultimo round, rendendo il trionfo di Marquez un’impresa ancor più leggendaria.
A cura di v.a.
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Non sono mancati sdolcinati complimenti nei confronti di chi gli ha portato via la riconferma del titolo mondiale. Inaspettate dichiarazioni d’amore annaffiate da litri di champagne che si sa, può dare alle testa. O forse un modo per cominciare a pressare psicologicamente un avversario inatteso che nel suo anno di esordio in MotoGp ha saputo sfruttare ogni gara per accumulare punti preziosi, cogliendo tutte le sbavature di un Campione del calibro di Jorge Lorenzo. Ma è andata così. Quattro punti di distacco all’ultima gara hanno consegnato al rookie Marquez il titolo iridato e a Jorge Lorenzo l’amara medaglia d’argento.

Era tra i favoriti. Ma non per questo Jorge Lorenzo non ha affrontato il mondiale di petto o, per meglio dire, di spalla, considerato che è stata proprio la sua clavicola sinistra a mettersi di traverso in questa stagione. E anche se la sua Yamaha M1 era in evidente difficoltà al confronto di una superba Honda, Jorge non mai ha chiuso il gas, lottando e credendoci fino all’ultima tappa. Ma non sono bastate le sue partenze a fionda, le otto vittorie sulle sei di Marc Marquez e una grande costanza nei risultati. Il GP d’Olanda e la tappa tedesca hanno riservato al campione majorquino due pesanti cadute che hanno influito sulla sua condizione fisica facendogli perdere quei punti preziosi nei confronti del rookie più forte di sempre.

Un mondiale che per gli eventi di metà stagione sembrava già sfumato e che Lorenzo ha mantenuto in bilico fino all’ultimo round, contrastando con grande tenacia un rookie leader della classifica iridata già dalla tappa tedesca e sottoponendosi a interventi record per tornare in pista più motivato che mai. Da vero uomo d’acciaio, come la placca che Jorge ha portato con sé nel prosieguo della stagione. Inossidabile, come quella filosofia con cui è riuscito a metabolizzare la sconfitta e che negli ultimi anni è diventata una delle sue armi più forti.

Sarebbe filato tutto liscio se nelle libere di Assen quell’high side non avesse compromesso una delle migliori stagioni del majorquino e se, al Sachsenring, quel secondo high side non avesse danneggiato il lavoro dei medici spagnoli tanto da non permettergli di essere presente al via. Uno zero pesante che avrebbe comunque bilanciato quello di Marquez al Mugello, ma che sommato al settimo posto di Le Mans a causa di una Yamaha poco competitiva, al dolorosissimo quinto posto di Assen e al sesto posto post-rioperazione di Laguna Seca, ha mollato Lorenzo nel girone dei perdenti.

Un risultato da cui ripartire insieme ad una Yamaha più competitiva che Jorge ha espressamente rivendicato in questi giorni, individuando tutti quei punti deboli che nella stagione appena conclusa hanno contribuito al risultato, a partire dalla frenata, dalla stabilità del telaio fino a coinvolgere in maniera più generica l’avantreno: aspetti che erano in forza alla M1 delle scorse stagioni ma che ormai non sono più in grado di contrastare l’avversario Honda.

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