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Musica a tutto volume, adesso è reato anche in auto

Per chi circola con lo stereo ad alto volume non c’è solo la multa prevista dal CdS: chi ascolta la radio “a palla” commette un reato. A stabilirlo una recente sentenza della Cassazione.
A cura di Valeria Aiello
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Ascoltare la radio “a palla” può costare molto caro: una recente sentenza della Cassazione stabilisce che chi circola in città con lo stereo ad alto volume commette il reato di cui all’art. 659 del Cpp. A scoprire il caso è il sito studiocataldi.it che racconta di un fiero automobilista messinese che si è visto sequestrare il suo impianto stereo, beccandosi una condanna per disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone, ora confermata anche in Cassazione con sentenza 7543/2016 del 25 febbraio scorso.

Non solo quindi le sanzioni previste per la violazione dell'art. 151, comma 3 del Codice della Strada per l'uso a bordo dei veicoli di radio o stereo oltre i limiti sonori massimi che non possono superare i 60 LAeq dB (A) misurati a 10 cm dall’orecchio del guidatore (Art. 350 Regolamento attuazione Cds). Per gli Ermellini non c’è alcun dubbio sulla condotta molesta dell’automobilista che aveva impugnato la sentenza di condanna del Tribunale di Messina, lamentando l’iter logico della concreta idoneità potenziale alla lesione del bene giuridico protetto dalla norma. Per la sez. III Penale, è da ritenersi decisiva la testimonianza dell’agente verbalizzante che aveva provveduto al sequestro dell’impianto e tre amplificatori, uno da 1500 Watt e due da 200 Watt, precisa la sentenza.

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete – scrive la Cassazione.

Per questi motivi, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la condanna per l’uomo che, detto addio al suo stereo, dovrà pagare oltre ai 300 euro di ammenda anche le spese processuali e 1.000 euro in favore della Cassa.

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