Pagare per correre, cinque piloti arrivati in Formula 1 grazie al denaro

Quello della Formula 1 è un mondo particolare, per arrivarci servono talento, fortuna e molti soldi. Costruirsi una carriera nel massimo campionato, infatti, richiede tanti sacrifici e una buona riserva aurea alle spalle: fin dalle categorie minori le famiglie dei giovani piloti sono costrette a pagare le trasferte e soprattutto il materiale per i propri figli. Alcune di esse devono trovare uno sponsor per assicurare la possibilità di partecipare alle gare al giovane rampante, altre, invece, possono permettersi direttamente di comprare il posto, rivolgendosi a una delle piccole scuderie che compongono la griglia di partenza e che accusano qualche problema finanziario. Una forma di baratto: il team ottiene i soldi per garantirsi una parte di stagione e il pilota si garantisce il proprio sogno. Non sempre, però, la formula ha portato alla ribalta dei campioni.
Anche i campioni del mondo pagano
Niki Lauda è l'eccezione che conferma la regola, il suo talento era chiaro fin dagli albori. Il campione della Ferrari è il più famoso caso di pay-driver nella storia della Formula 1: figlio di una importante famiglia di banchieri austriaci, Lauda decise di lasciare l'università per inseguire il suo sogno. Un desiderio pagato grazie a un prestito molto importante che gli consegnò il sedile del team March, impegnato all'epoca in Formula 2. Ha inizio così la storia del tre volte campione del mondo, uno dei rarissimi casi in cui l'investimento fu giustificato.

Tutto merito di papà
L'esordio del brasiliano Pedro Diniz è targato 1995: per lui pochi meriti sportivi, ma tanti soldi alle spalle. Merito del padre, Abílio dos Santos Diniz, proprietario della Companhia Brasileira de Distribuiçao ed uno degli uomini più ricchi del Brasile, e di alcuni importanti sponsor come, solo per citarne uno, la Parmalat. Il debutto con la scuderia Forti è da dimenticare, il tabellone dei punti dice zero. Poi il passaggio alla Ligier con la quale conquista un sesto posto in Spagna e nulla più. Nel 1997 è sul sedile della Arrow con cui conquisterà 5 punti in due anni. In Formula 1 disputa sei stagioni, chiudendo con la Sauber: alla fine saranno 10 i punti conquistati nella sua carriera. Un investimento fin troppo costoso.

Taki Inoue, il giapponese sfortunato
La scuola giapponese non è mai offerto grandissimi talenti al mondo della Formula 1, ma Taki Inoue è forse il prodotto peggiore mai sfornato. Considerato dagli addetti ai lavori come uno dei piloti meno dotati nella storia delle corse, riuscì nel 1994, dopo aver effettuato vari test con Larrousse, Footwork e Lotus, ad assicurarsi un sedile sulla Simtek grazie al budget messo a disposizione dal padre, magnate delle slot machine in Giappone. Inoue viene ricordato, più che per meriti sportivi, per due incidenti: il primo a Montecarlo, in cui riportò una commozione celebrale. Il secondo, invece, in Ungheria quando fu investito da una vettura di soccorso dopo essere uscito dalla sua vettura ferma per un principio d'incendio, uscendone fortunatamente illeso.

Quattro milioni di dollari per conquistare zero punti
Ancora una volta è il paese del Sol Levante a fornire un pay driver. Sakon Yanamoto, dopo tanti successi nelle categorie giovanili della propria nazione, decide di fare il grande salto provando l'avventura in Formula 1. Tutto ha un prezzo, però, e per le tasche della famiglia Yanamoto non è un problema: nel 2006, infatti, i genitori del ragazzo giapponese decidono di investire ben 4 milioni di dollari per garantirgli il sedile della Super Aguri. Una scelta che, con il senno di poi, si rivelerà decisamente sbagliata: quattro stagioni in Formula 1, zero punti conquistati.

Vitaly Petrov, il russo pagante
Uno dei più recenti piloti paganti è il russo che, grazie all'appoggio di grossi sponsor, riuscì a fare il suo ingresso in Formula 1. Alla sua prima stagione colleziona subito 3 ritiri per poi finire 7° in Cina. La prima stagione, però, nonostante i 26 punti conquistati, riserva poche gioie al russo che l'anno dopo ci riprova, ancora una volta con la Renault, riuscendo a conquistare anche un podio. L'illusione dura poco, il resto dell'anno non regala soddisfazioni tanto che nel 2012 è costretto a passare alla Caterham dove non conquista neanche un punto. Tre anni e un solo acuto: troppo poco per chi aveva rifiutato l'etichetta di pay driver accostandosi addirittura a Fernando Alonso.
