Parcheggiatori abusivi, la Cassazione: “Se chiedono soldi è estorsione”
Chiedere soldi a un'automobilista per far parcheggiare la sua macchina in un luogo pubblico, magari minaccia danni all'auto se non verrà saldato il pagamento, equivale a un'estorsione: lo ha stabilito la seconda sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 30365/18.
La richiesta di soldi equivale a un'estorsione
Tempi duri per i parcheggiatori abusivi che rischiano l'incriminazione se chiedono soldi: la sentenza, destinata a fare giurisprudenza, è arrivata in seguito a un episodio verificatosi in un parcheggio di un ospedale. L'automobilista in questione si era visto chiedere dal parcheggiatore la somma di due euro per poter lasciare la propria auto minacciando di rompergli la vettura se l'uomo non avesse sganciato le monete. Al rifiuto dell'uomo è scattato l'alterco culminato con la denuncia del parcheggiatore abusivo sul quale la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi. In primo grado di giudizio il parcheggiatore è stato condannato, in secondo grado pure con gli avvocati del denunciato che cercavano di derubricare il reato a violenza privata.
Nonostante il tentativo degli avvocati difensori, però, la Cassazione ha stabilito che non è configurabile il reato di violenza privata per la semplice ragione che il suddetto reato ha natura sussidiaria rispetto all'estorsione dalla quale si differenzia per l'assenza dell'ingiusto profitto che, invece, nel caso di specie, è configurabile. Sulle minacce, poi, di rompere l'auto qualora non fosse stata pagata la somma richiesta è stato considerato irrilevante il fatto che l'automobilista non si sia sentito intimidito in quanto l'elemento non rende meno grave la condotta tenuta dal parcheggiatore.