video suggerito
video suggerito

Provaci ancora Vale, a Valencia serve la più grande rimonta di Rossi

Nella gara decisiva per il mondiale il pesarese è chiamato a un furibondo recupero, come quello del 2003 quando vinse nonostante la penalizzazione di dieci secondi, o come quello del 2005, quando proprio Valencia chiuse 3° al traguardo malgrado la 15° posizione in griglia. In carriera, il Dottore non ha mai vinto scattando dal fondo dello schieramento ma corsi e ricorsi storici sono quanto basta per credere che il meglio deve ancora venire.
A cura di Valeria Aiello
4.029 CONDIVISIONI
Valentino Rossi, 36 anni
Valentino Rossi, 36 anni

Saranno tutti davanti, tutti. E poi Valencia è una pista così piccola che si dovrà fare in fretta, senza perdere tempo dietro ai piloti più lenti. Quando si spegneranno i semafori del Ricardo Tormo, l’inferno di Meda non sarebbe stato che l’anticamera del paradiso. Sarà difficile, ma non impossibile, c’è ancora una possibilità, piccola come il margine su Jorge. Ma in gara tutto può succedere. Niente è deciso, neppure il destino. Manca poco più di una settimana alla finale, sarà importante scaricare la tensione, la rabbia e quel nervosismo che è cresciuto fino all’orlo. Poi la goccia, che ha fatto traboccare il vaso, malgrado la terra di Tavullia che c’era dentro, e che avrebbe potuto assorbire ancora, come ha sempre fatto, persino a Sepang. Ma che non è riuscita a incamerare l’ennesimo goccio, nonostante un rovescio che si vedeva da lontano. Il rigurgito ha spazzato l’avversario, in una tornata che neanche una bottiglia di amaro italiano gli farà digerire. Un peso da smaltire in fretta, di cui tutti sono pronti a farsi carico, perché piombato addosso nel momento più importante, quando bastava infilare la chiave nel cassetto per far uscire il sogno di una vita. Il decimo non è un’utopia, non lo è mai stato, e non lo sarà domenica, quando la bandiera a scacchi sventolerà per il migliore, per il più forte e il più intelligente, per colui che di astuzia e strategia ne ha fatto un quinto jolly da giocare per chiudere la partita. È già successo, può accadere ancora, nulla è scritto. La parola chiave è una sola, rimonta, e Vale lo sa.

Nella testa del Dottore. Basta chiudere gli occhi e contare fino a dieci per dare tempo e spazio alla memoria di ricostruire istanti di incredulità e rendere vividi avversari ormai consegnati a un passato che non è mai finito. Pagine e pagine da sfogliare di un almanacco che ritorna dal futuro le cui righe sono impresse con un inchiostro indelebile, fatto di gesta senza troppi calcoli, di immagini che fino a non troppi anni fa erano così consuete da essere trascritte nella più totale normalità. Imprese raccontate quando le moto non erano quelle di oggi, quando l’elettronica non ti salvava dall’highside, quando i piloti erano costretti a fotocopiare traiettorie, giro dopo giro, per non perdere neppure un centesimo nella bagarre. Ma a Rossifumi il centro copie non piaceva, non è mai piaciuto e probabilmente mai piacerà perché di un talento innato il Dottore ne ha fatto un timbro unico, un marchio di fabbrica, un 46 da inseguire in pista, un nome secondo solo a quello di Giacomo Agostini che in verità non è poi più così lontano. Davanti sempre e comunque, rischiando senza correre rischi, in una scia lunga 112 vittorie, 86 in classe regina e iniziate in top class nell’era della 500cc proprio con una rimonta. Era il 2000, a Donington, in Gran Bretagna: la pista era metà bagnata e metà asciutta e Rossi scattava dalla terza fila. Valentino però aveva qualcosa che gli altri non avevano e in tredici giri si portò a tre secondi e mezzo dal gruppo di testa, per poi lottare dal diciassettesimo giro con i due diretti avversari nel mondiale, Kenny Roberts jr, che a fine stagione vinse il titolo, e Jeremy McWilliams. A tre giri dalla traguardo Rossi passò al comando senza più mollarlo, cogliendo così la prima vittoria in classe regina. Da settimo a primo, ma non fu l’unica volta. Anche a Sepang, nel 2002, Rossi fu autore di un’incredibile recupero: il pilota pesarese, campione del mondo in carica della classe 500cc, percorreva i primi chilometri in sella alla Honda dell’era MotoGP. Sempre sul podio da inizio stagione ad eccezione del round di Brno, in Malesia scattava dall’ottava casella in griglia. Da ottavo a sesto al primo giro, per poi infilare ad uno ad uno gli avversari davanti a sé fino ad imponersi su Alex Barros e Tohru Ukawa, per chiudere secondo alla bandiera a scacchi alle spalle di Max Biaggi che in sella alla Yamaha coglieva la vittoria italiana numero 600 nel Motomondiale.

Penalizzato, come nel 2003. Tra tutte le imprese del pesarese, sono altre due le rimonte che con la risalita cui il pesarese sarà chiamato domenica, hanno in comune la penalizzazione in gara, a partire da quella del 2003 sul circuito di Phillip Island. Il campione di Tavullia sempre sul podio da 20 gare consecutive ha già chiuso matematicamente la partita del titolo iridato a Sepang, ma incontenibile al sabato strappava via in qualifica pole e record del circuito australiano. In gara però si trova a lottare prima con Troy Bayliss, Sete Gibernau e poi anche Marco Melandri, scattato davanti al pesarese come ai tempi della 250cc. Ma al 12esimo giro il colpo di scena: Rossi viene sanzionato con 10 secondi di penalizzazione per il sorpasso in regime di bandiera gialla ai danni del ravennate, subito dopo la caduta di Bayliss che, rimasto a terra senza conoscenza, sarebbe stato trasportato all’ospedale di Melbourne. Ma Vale “ha chiuso gli occhi” e ha corso al 100%. “Neanche io pensavo di farcela” avrebbe detto, dopo aver imposto un ritmo impossibile fino a chiudere primo alla bandiera a scacchi con un margine di oltre 15 secondi sul connazionale. Il resto è storia. Vale omaggia Barry Sheene con una bandiera con il numero 7, fatta utilizzando il lenzuolo dell’hotel. Indimenticabile. Così come è impossibile da cancellare è un’altra rimonta epica, quella del 2004, in Qatar, quando il pesarese conquistava l’ottavo tempo in qualifica, ma veniva retrocesso in 23esima posizione perché i meccanici nottetempo avevano pulito illegalmente la casella. Al suo fianco, dalla 24esima casella scattava Max Biaggi, penalizzato anche lui perché il team del Corsaro aveva gommato la casella. A vincere in quella gara fu Sete Gibernau, su cui ricaddero i sospetti di aver fatto da spia in Direzione Gara, mentre quando si spensero i semafori, Rossi partì con una carica senza precedenti che alla fine del primo giro lo portava in ottava posizione, poi in quarta alla quarta tornata, staccato di appena 5 secondi da Gibernau al comando della corsa. Ma accecato dalla rabbia, la rimonta del pesarese si chiuse in una caduta, al sesto giro. Biaggi invece in sella alla Honda chiuse sesto, un risultato record con cui ancora oggi è in testa alla classifica delle rimonte più grandi della storia della MotoGP.

Come a Valencia nel 2005. Ma non è tutto. Non ancora. Perché la migliore rimonta del carriera del Dottore sarebbe arrivata a Valencia, nel 2005, su quello stesso circuito dove domenica si giocherà lo scontro finale. Valentino Rossi è al suo secondo anno in Yamaha ed è già campione del mondo per il secondo anno consecutivo in sella alla M1 a Sepang, con quattro gare di anticipo rispetto alla fine del mondiale. Ma all’ultimo round stagionale, il Dottore scatta 15esimo in griglia, complice una caduta in qualifica. Alla fine della prima tornata il pesarese è già ottavo, poi quinto al quarto passaggio. Davanti a lui ci sono Max Biaggi e Carlos Checa. Valentino infila prima Biaggi, poi anche Checa. Al settimo giro Rossi è terzo, alle spalle di Marco Melandri e Nicky Hayden che viaggiano a 5 secondi dal Dottore. Giro dopo giro il suo ritardo scende in fretta, ma i giri al traguardo non bastano per recuperare un tale svantaggio su un circuito così corto e dove il pesarese chiuderà terzo alla bandiera a scacchi. Da 15esimo al podio, in un capolavoro che al Dottore è riuscito una sola volta e che resta la rimonta più significativa della sua carriera, almeno fino ad oggi. Un risultato che se si ripetesse domenica prossima con Jorge Lorenzo secondo al traguardo, gli permetterebbe di mettere le mani sul decimo alloro iridato. Ma esattamente un anno dopo, sempre a Valencia, Rossi avrebbe invece visto sfumare il sogno del terzo mondiale consecutivo con la Yamaha: a violare la sua imbattibilità quinquennale sarebbe stato Nicky Hayden che terzo alla bandiera a scacchi coglieva il suo primo e quello, che in virtù del suo passaggio in Superbike nel 2016, sarebbe stato il suo unico titolo in MotoGP. Nel 2006 Rossi avrebbe comunque regalato altre due epiche rimonte, a Donington, da 12esimo in griglia e secondo al traguardo, e al Sachsenring, da 11esimo in griglia al gradino più alto del podio dove avrebbe festeggiato la vittoria indossando la maglia azzurra numero 23 di Marco Materazzi, il Matrix della Nazionale di calcio, fresca campione del mondo.

Video thumbnail

Assen 2007, la più spettacolare. Una delle più strepitose cavalcate tra quelle negli annali del campione di Tavullia è certamente la rimonta di Assen del 2007, quando Rossi riuscì a vincere dopo essere scattato da una difficile 11esima casella in griglia. In poche tornate il pesarese risaliva fino alla terza posizione, alle spalle di Casey Stoner e Nicky Hayden. Sia l’asso australiano della Ducati che la Honda del Kentucky Kid sembravano imprendibili ma la M1 del Dottore con livrea dedicata alla nuova Fiat 500 ed equipaggiata di mescole Michelin recuperava in fretta e, infilato Hayden, metteva nel mirino la Rossa di Borgo Panigale. A quattro giri dalla bandiera a scacchi, Rossi supera anche Stoner e coglie la vittoria numero 150 nella storia della Yamaha in MotoGP. Da allora, la rimonta è riuscita ancora al pesarese, nel 2008, anno del ritorno al titolo mondiale dopo 2 anni di digiuno, a Barcellona, da nono in griglia a secondo al traguardo, poi in Australia, a Phillip Island la seconda “casa” del Dottore, dalla 12esima casella alla piazza d’onore sul podio, e ancora a Valencia, da decimo in griglia al gradino più basso del podio. E poi anche ancora a Sepang, nel 2010, sesto in griglia ma nono alla prima tornata. Il Dottore dà tutto in gara e nel giorno in cui si festeggia il primo titolo in top class di Lorenzo, Valentino rimonta e chiude primo alla bandiera a scacchi. Una vittoria che sarebbe rimasta per oltre quattro anni l’ultima in ordine di tempo nella carriera del pesarese che, dopo il difficile biennio in Ducati, è tornato ad assaporare la vittoria solo scorso anno, al Marco Simoncelli Word Circuit di Misano.

Il meglio deve ancora venire. Insomma, la rimonta è nelle corde del Dottore che in questa stagione ha arricchito il suo palmares di altre due imprese, scattando sempre dall’ottava casella in griglia, in Qatar, nella tradizionale gara in notturna di Losail, e in Argentina, al Termas de Rio Hondo, dove il pesarese non aveva mai vinto in carriera e festeggia sul gradino più alto del podio indossando la maglia biancoceleste numero 10 di Diego Armando Maradona. Ma la rimonta più importante nella carriera del pesarese è quella che ancora deve venire, una risalita che, passata la bufera del contatto con Marc Marquez a Sepang, Rossi è chiamato compiere come mai fatto in carriera, su un circuito dove ha vinto due volte nell’era MotoGP, nel 2003 e 2004, salendo sul podio in altre sette occasioni, secondo nel 2002, 2006, 2009 e 2014, e terzo nel 2005, 2008 e 2010. E anche se a pesare è ancora il titolo perso nel 2006, se le Honda di Pedrosa e Marquez confermeranno le sensazioni del finale di stagione, lasciando che Lorenzo chiuda terzo al traguardo del Ricardo Tormo, al Dottore basterebbe un sesto posto alla bandiera a scacchi in virtù del vantaggio di 7 punti in classifica sul maiorchino: oltre 20 posizioni da recuperare dal fondo dello schieramento, in considerazione anche delle wild card in pista nella finale di Valencia, in quella che potrebbe diventare la più grande e leggendaria rimonta degli ultimi 240 Gran Premi della storia della MotoGP dal 2002 ad oggi.

Video thumbnail
4.029 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views