Rossi come Zidane, figuraccia Mondiale
Tra i due litiganti il terzo gode. Non è Pedrosa, che a Sepang ha fatto la tigre della Malesia e vinto il penultimo Gran Premio della stagione, ma Lorenzo contento per il secondo posto. Contento perché adesso il gap da Rossi è ridotto a -7. Contento perché sul circuito della Comunità Valenciana può accadere di tutto. Contento perché in Spagna Valentino partirà ultimo per la sanzione inflittagli. Contento perché l'accoglienza che riserveranno al compagno/rivale in sella alla Yamaha non sarà certo delle migliori a giudicare dall'escalation del duello con Marquez. Dalle parole ai fatti, è nel solco della schermaglia tra il pesarese e il rivale iberico che s'è consumata la lotta in pista. Fino a quando la zampata del ‘dottore' non ha messo fuori combattimento l'avversario. Lo ha atteso all'ingresso della curva e poi l'ha agganciato, rallentando la marcia a 14 giri dalla fine, allargando la traiettoria e scalciando.
Nulla c'è di onorevole in quel pestone che il pilota di Tavullia ha rifilato al ‘cabroncito' nella fase cruciale della gara. Una sorta di regolamento di conti, di quelli che si fanno in strada quando la moto è calda, il cuore pure e la testa lo è anche troppo. Sì, perché Rossi l'ha persa, ha perso la concentrazione, la faccia, la freddezza del campione e ceduto alla voglia di vendetta personale nemmeno fosse un pivello che reagisce alla provocazione.
Come Zidane e quella maledetta testata che alla Francia è costata un Mondiale. A Materazzi, che aveva violato con un insulto le virtù di sua sorella, rifilò una capocciata in petto. Vendicò l'onore, ma perse la Coppa. Disgrazia fu, come il sorpasso azzardato di Senna a Prost a Suzuka. Disgrazia è per Rossi che a Sepang poteva celebrare il decimo alloro mondiale, quello che ne avrebbe fatto una leggenda e invece ne esce con un titolo messo pesantemente in discussione, con l'immagine macchiata da quel gesto che resterà nella storia, come nuvola sulla coscienza, come ombra sulla carriera. ‘Come una cosa che era meglio non fare'. ‘Come il cadavere di una stella (quella di Rossi) sulla schiuma del mare'.