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SBK e SuperSport a Mosca: fino a che punto è giusto correre?

La tragedia di Andrea Antonelli fa sorgere tanti dubbi e tanta amarezza. Fino a che punto è giusto correre per rispettare contratti ed interessi mettendo a repentaglio la vita dei piloti?
A cura di Fabrizio Carrubba
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La giornata nera del motociclismo è di scena nel nuovo circuito alle porte di Mosca, il Moscow Raceway. E per una ironia della sorte, la causa principale, potrebbe essere attribuita alla sicurezza passiva che il circuito offre. Spesso è facile trovare critiche quando si scende in pista su vecchi circuiti, dalla concezione antica e sottoposti a lavori di ristrutturazione per renderli sempre più o meno fruibili dai moderni mezzi a motore, automobili o motociclette che siano. Invece il dramma si consuma su un nuovo circuito, inaugurato solo lo scorso anno, fiore all'occhiello della moderna tecnologia di progettazione, che ormai si affida sempre più a complicati software di programmazione per analizzare tutte le variabili possibili che possono accadere durante una corsa.

La causa della scomparsa di Antonelli è un contatto di gara, con Zanetti, incolpevole che lo travolge. Ma quanto successo era perlomeno evitabile, viste le proibitive condizioni meteo che si sono abbattute sul circuito? Nonostante le nuove tecnologie, gli spazi di fuga calcolati, le vie d'accesso per i mezzi di soccorso, rimane sempre un'unica ed imprevedibile variabile a cui non si può fare fronte: la natura.

La pioggia battente sul Moscow Raceway ha fatto emergere il suo più grosso limite, quello dell'asfalto, e ha presentato il conto nella maniera più cara. Durante tutto il week-end il meteo non era stato clemente, tanto che la giornata di sabato i piloti avevano fatto più prove di pit-stop che turni in pista. Sembrava di poter elogiare l'asfalto moscovita: non trattenendo l'acqua e complice un discreto vento, aveva la capacità di asciugarsi velocemente, permettendo in breve tempo di avere traettorie asciutte dopo pochi minuti dal cessare della pioggia. Nella giornata di domenica, invece, durante Gara 1 della SBK, i limiti sono emersi. Due settori della pista su cui la pioggia cadeva insistentemente erano ricoperti da un velo d'acqua pericoloso che non riusciva a drenare naturalmente. La gara della SuperSport, nonostante tutto, ha preso il via in condizioni proibitive. La nuvola d'acqua sollevata al passaggio delle moto era condizione estrema che doveva costringere la Direzione Gara a sospendere o per lo meno ritardare la partenza. Così non è avvenuto e il prezzo pagato è stato elevato. La visibilità era decisamente limitata, e qualsiasi errore, con il gruppo ancora compatto, poteva portare alla tragedia che di fatto si è consumata. Il primo problema potrebbe essere stato causato da un pilota che precedeva Antonelli, che alza improvvisamente il braccio, per segnalare un problema meccanico o altre difficoltà. E' facile immaginare che chi lo seguiva, Antonelli, l'abbia visto all'ultimo istante e magari nel tentativo di evitarlo sia caduto. Con il pilota a terra e il gruppo alle spalle è stato inevitabile per Zanetti investire lo sfortunato pilota Kawasaki. Le condizioni erano veramente proibitive.

Inutile cadere nelle dietrologie o guardare al passato. Sono tante le gare a cui si può fare riferimento. L'ultimo riferimento potrebbe essere Monza 2012, con gare SBK sospese e cancellate legate a problemi di sicurezza dei piloti, con grande rammarico per spettatori e sponsor paganti. Ma questi fattori possono essere determinanti per lo svolgere di una gara in sicurezza per i piloti? Quanto gli interessi economici possono influire? Cancellare una gara non è cosa semplice: la macchina organizzativa non è facile da arrestare e poi c'è sempre il pubblico pagante e quello da casa che rimane deluso se lo spettacolo viene interrotto e che spera, purtroppo quasi sempre, di assistere a qualche caduta, spettacolare si, ma drammatica no. Occorre poi anche accontentare gli sponsor, che investono in questo sport, che costruiscono un circuito, che determinano a suo di investimenti finanziari il definirsi di un calendario mondiale, dove se nella storia le tappe erano scelte in base alla passione dei tifosi e alle vendite delle motociclette, ora è più legato all'interesse degli sponsor e della visibilità mediatica.

C'è ancora molto da lavorare sulla sicurezza dei piloti e non basta lo sviluppo dell'abbigliamento tecnico, dei caschi o l'ampliamento delle vie di fuga. Non basta servirsi del centro medico più specializzato e di avvalersi delle consulenze più pregiate. Spesso la sicurezza maggiore arriva dal buon senso.

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