Sergio Marchionne: auto elettriche negli Usa. Per la Fiom, questione di finaziamenti
Non piacciono ai sindacati le dichiarazioni rilasciate dall'amministratore delegato del Gruppo Fiat, Sergio Marchionne, secondo il quale la produzione delle auto elettriche dovrebbe essere dislocata negli Stati Uniti, perché "gli americani sono molto più avanzati di noi, investono nell'auto elettrica da anni". Una produzione che quindi volerebbe i mari atlantici per approdare da Torino all'America.
La motivazione, dunque, andrebbe ricercata nella maggiore competenza tecnica degli studiosi americani e, nel dettaglio, degli addetti ai lavori della Chrysler: "c'è [infatti] un gruppo di 25 ingegneri che abbiamo ereditato dalla Chrysler e che sta lavorando sul piano prodotti da anni".
Il privilegio dell'alleanza con la casa americana, dunque, sarebbe proprio la possibilità di poter beneficiare di un supporto conoscitivo a noi ancora non accessibile: "L'accordo con Chrysler ci dà la possibilità di sfruttare le capacità tecnologiche delle due aziende. Quello che si farà in Europa è un altro discorso, ma la tecnologia per il momento esiste in America".
Sul filo Italia-Usa camminerebbe dunque una strategia vincente, in virtù della quale non è prevista, sempre da quanto affermato dall'ad, alcuna ulteriore alleanza con gruppi terzi.
Avvisaglie delle recenti esternazioni di Marchionne, del resto, erano già state le dichiarazioni di Paolo Ferrero, vicepresidente di Chrysler Powertrain, che aveva anticipato che la casa americana sarebbe diventata il perno del gruppo Fiat per le vetture elettriche ed ibride.
Oltre le dichiarazioni del numero uno della Fiat, va ricordato, per completezza e per tenere aperta la possibilità ad un'altra chiave di lettura, quanto affermato da Giorgio Airaudo, segretario generale della Fiom di Torino: "La notizia che il centro delle auto elettriche e ibride si farà negli Usa è comprensibile alla luce della politica del governo Obama, ma è un problema per l'Italia".
Danilo M.