Termini Imerese non deve chiudere, sul tavolo del Governo sette nuove proposte

Una tavola rotonda che poco ha a che fare con il Re Artù. Non è una favola, né una storia letta in un qualche libro trovato in soffitta. Il caso Termini Imerese purtroppo è attualità, e la cassa integrazione non è mai sinonimo di stato di diritto, stato di lavoro. Non si lavora, per volontà altrui in questo caso è così, e quindi si sta in cassa integrazione, sempre per volontà altrui.
Ritornando alla tavola rotonda si può dire con certo fare epico il nome dei componenti: Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo Economico, Pasquale Viespoli, sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali, Raffaele Lombardo, Governatore della Sicilia, Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia. Presenti al tavolo anche i tre rappresentanti delle maggiori sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti e i responsabili delle categorie dei metalmeccanici. Per la Fiat Paolo Rebaudegno, responsabile relazioni industriali e Ernesto Auci, responsabile relazioni istituzionali. E Re Artù, alias Sergio Marchionne? Assente.
Di seguito le dichiarazioni rilasciate dai componenti della tavola rotonda e di una voce fuori dal coro.
Claudio Scajola: "Abbiamo riannodato le fila per una collaborazione tra governo, Fiat e parti sociali. Questa rinnovata fiducia tiene presente la volontà che cresca la produzione Fiat in Italia in modo sensibile, con la tenuta dei livelli occupazionali". Detto in parole povere il governo auspica che nello stabilimento siciliano rimanga la produzione legata all’automobile, in quanto “Fiat è un asset fondamentale per il Paese e il governo intende agevolarne l'attività”. Più che una richiesta di dialogo sembra un invito per ballare un valzer.
I sindacati. Guglielmo Epifani(CGIL): “La decisione di mettere in cassa integrazione 30 mila lavoratori contrasta con l'andamento positivo dei conti, ottenuto anche grazie agli incentivi pubblici concessi dallo Stato. È necessario esplorare tutte le possibilità per continuare a produrre auto a Termini Imerese e non considerare definitiva la scelta di Fiat di abbandonare lo stabilimento”. Risponde a duro muso alle dichiarazioni di Emme Marcegaglia: “La prospettiva di Confindustria è che si riduca la base industriale, io invece penso che Termini debba sopravvivere”. Epifani la sua parte l’ha fatta, più di parlare non gli si può chiedere.
Raffaele Bonanni(Cisl): “La difesa di Confindustria sulle scelte della Fiat è comprensibile, ma l’azienda non può lasciare per strada nessuno, ancora di più se vuole gli incentivi, ovvero i soldi dei contribuenti, e proprio questi devono sapere che i soldi a cui rinunciano servono almeno a mantenere in piedi il lavoro e il reddito di tante famiglie”. Un quadro verista in chiave contemporanea.
In attesa che le sette proposte giunte oggi sul tavolo vengano sciolte da quel vincolo di segretezza reso necessario “per valutarne l’effettiva consistenza”, un po’ come venne fatto per i misteri di Fatima, giunge l’appello della Comunità Episcopale Italiana attraverso la voce(fuori dal coro) del monsignor Mariano Crociata, segretario generale della CEI: “Ascoltate il grido di dolore di chi resta senza lavoro. C'è il nostro incoraggiamento a conservare e assicurare i posti di lavoro e a farli crescere. Siamo di fronte a famiglie che finora hanno avuto lavoro e adesso sono sulla strada”.