Volkswagen, 20 miliardi dalle banche per uscire dal dieselgate

Volkswagen ha raggiunto un accordo con tredici banche sui termini di un prestito ponte da 20 miliardi di euro per far fronte ai costi del diesegate, lo scandalo emissioni truccate per cui Wolfsburg ha ammesso livelli di Nox oltre i limiti consentiti per 11 milioni di auto e veicoli diesel nel mondo. A riportarlo è l’agenzia Reuters secondo cui gli istituti di creduto avrebbero offerto tra 1,5 e 2,5 miliardi di euro ciascuno, per un’offerta complessiva di 29 miliardi a protezione del gruppo automobilistico. Non commentata dal gruppo, la notizia è arrivata nella giornata dell’assemblea di fabbrica a Wolfsburg, dove 20mila dipendenti sono stati rassicurati dal presidente del consiglio di sorveglianza, Wolfgang Porsche, e dal capo del consiglio di fabbrica, Bernd Osterloh. "I posti di lavoro sono un bene molto importante" ha detto in assemblea Wolfgang Porsche, e "le famiglie Porsche e Piech si impegnano a tutelarlo come elemento necessario in un'impresa di successo". Il processo avviato per uscire dal dieselgate durerà almeno un anno ma l’intenzione del gruppo è quella di non pesare sui dipendenti. Parole ribadite dai vertici Vw mentre cresce l’ansia tra i 300 lavoratori interinali che, come riportato dall’Hannoversche Zeitung, a fine gennaio rischiano di non vedersi rinnovare il contratto.
Mueller: "Fuori entro il 2016"
Volkswagen conta di uscire dallo scandalo, almeno per quanto riguarda le operazioni di correzione delle emissioni, entro la fine del 2016, a differenza delle azioni legali contro il gruppo e le rivendicazioni dei clienti che rischiano invece di trascinarsi "presumibilmente per anni". Ne è convinto il ceo di Volkswagen, Matthias Mueller, che in un'intervista allo Stern ha detto: "Spero che entro la fine del prossimo anno ne saremo abbondantemente fuori" ribadendo che "il futuro è elettrico".
Perquisizioni GdF nella sede Porsche Italia
Nel frattempo, in Italia un filone investigativo avviato dalla procura di Padova ha portato a una serie di perquisizioni della Guardia di Finanza nella sede Porsche Italia di Padova. Le perquisizioni, che hanno riguardato anche le abitazioni di otto persone iscritte nel registro degli indagati, sono volte alla ricerca di documenti, anche in formato elettronico, per verificare se sui veicoli prodotti e distribuiti da Porsche Italia siano stati installati software in grado di alterare i livelli delle emissioni di inquinanti rispetto a quelli comunicati. La procura di Padova ipotizza il reato di frode in commercio. Tra i nomi nel registro degli indagati quello dei trevigiani Pietro Innocenti e Luca Baldin, rispettivamente direttore generale e direttore amministrativo di Porsche Italia, e quelli di altre sei manager del Cda di Porsche Italia, tedeschi e residenti a Stoccarda.