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GP Monaco: Ferrari, è il punto di non ritorno

La Ferrari chiude la prima gara del 2016 fuori dal podio. La pioggia, tanto attesa dal Cavallino, tradisce Raikkonen. Il gap dalle Red Bull, che hanno 21 gettoni da spendere, aumenta. Vettel è sempre più malinconico e la pressione sale.
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Per la prima volta nel 2016, la Ferrari resta giù dal podio. Nel gran premio in cui più di tutti, parola di Vettel, il pilota conta ancora più della macchina, sono svaniti, svaporati entrambi. Raikkonen si è tirato fuori da solo, il lungo al tornante Loews ha danneggiato l'ala anteriore e la domenica del Cavallino, oltre a far passare castelli di rabbia all'orizzonte di Grosjean. Vettel ha rischiato più di altri, ha montato le medie quando ancora tutti giravano con le gomme da bagnato, poi le soft quando gli altri passavano alle super- o alle ultra-soft. Alla fine, le morbide negli ultimi giri andavano anche meglio delle più morbide, ma il tedesco non ha fatto i conti con un Perez in versione deluxe. È vero, il pilota ha fatto la differenza, ma quel pilota non guidava una Ferrari.

Il gap cresce – E allora viene da pensare, al di là delle rassicurazioni inevitabili di Arrivabene ai microfoni di Marco Franzelli alla vigilia della gara, che la Ferrari non solo non ha recuperarato il gap sulla Mercedes, ma ha perso pure, e nemmeno poco, dalla Red Bull che si è giocata la vittoria al box con quello che a Ricciardo continuerà a sembrare un auto-sabotaggio non intenzionale quanto fatale. Ma la Red Bull, che ha rinnovato con Renault, ha ancora 21 gettoni da spendere per migliorare ancora la power unit. E ha già rinnovato per il 2017 anche mettendo nell'accordo il super simulatore che fa gola pure a Stoccarda. E a Maranello? Al Cavallino, di gettoni ne hanno solo sei. Ma, a sentire Vettel e a guardare i tempi, la Ferrari è addirittura peggiorata rispetto a se stessa, senza nemmeno stare a guardale la concorrenza.

Pressione – “Le voci che arrivano da dentro la Ferrari” scriveva ieri Marco Mensurati su Repubblica, “raccontano di un pessimo clima. Di una frenesia inspiegabile e nuovissima che ha travolto tutti, a partire dagli ingegneri”. Raccontano di una Ferrari che comincia a sentire la pressione di ambizioni alte, forse troppo alte, fissate da Marchionne a inizio stagione. E la difficoltà di trovare la giusta altezza da terra della SF16-H per massimizzare in assetto da qualifica le prestazioni con le ultrasoft, traduce in centimetri la difficoltà di essere all'altezza dell'immagine che il presidente ha, e vorrebbe trasmettere, della scuderia.

Scelte affrettate – Le aspettative, di fronte a una macchina che via via rivela difetti di telaio e progettazione che James Allison può solo tamponare, mascherare, di fronte a una Red Bull rinata come Fenice dalle ceneri di un 2015 da comprimaria, si trasformano in delusione, apprensione, pressione. Un mix che porta a scelte frettolose, a cercare di rimestare con frenesia di cambiare, di cercare la strada giusta quando niente sembra funzionare davvero e tutto cambia per rimanere tristemente com'è, in una Formula 1 in cui è difficile rivoluzionare i valori in corso.

Vettel non fa la differenza – E allora viene da pensare che la Red Bull non fosse poi così indietro a inizio stagione, che i primi dati, i primi gran premi, hanno illuso che le gerarchie fossero diverse, che questa purtroppo non sia una rivoluzione ma la stabilizzazione di quello che la prima parte di stagione aveva obnubilato. Così, il Vettel sorridente, icona dello spirito di squadra così diverso dall'ultimo Alonso, pare ormai evaporato in una nuvola rossa. L'errore in Cina, cancellato comunque dal secondo posto finale, la sfortuna del Bahrein e di Sochi, i terzi posti un po' scipiti d'Australia e Barcellona, le due corse di rincorse e affanni a Montecarlo per un quarto posto che non accontenta, raccontano una stagione complicata. Raccontano da una parte qualche errore di strategia di troppo del team e dall'altra di un pilota che non riesce con questa vettura a fare la differenza. È un ragazzo immalinconito, con un oceano rosso dietro le spalle, il crepuscolo di un idolo in una stagione sempre più in salita, col divario fra palco e realtà che continua a crescere e il motore Renault che dovrebbe regalare alla Red Bull 40 cavalli in più dal prossimo gran premio. La “Margherita” ha lasciato intravedere al tedesco solo petali scoloriti e spine, ma Vettel troppo poco ha dimostrato di fare per trasportare un po' del suo spirito dentro una macchina in affanno, per tirare fuori il massimo da un motore cui si chiede di riaccendere la fantasia di team e tifosi da troppo parcheggiata.

Nessuna resa – Certo, la Rossa non vuole, non può alzare bandiera bianca, gettare l'asciugamano al centro del quadrato dopo sei gare. Eppure, in questo gran premio del quasi, si è consumato un destino sì beffardo, finanche crudele, di quei destini che però non si subiscono ma purtroppo si creano. La Ferrari aspettava la pioggia per non piangere da sola, ma l'acqua ha lavato le strade strette del Principato e le speranze di rivalsa di un Cavallino tutt'altro che rampante. Ha tradito anche Raikkonen, che quest'anno ha guadagnato più del compagno di squadra dal passaggio alla sospensione push-rod all'anteriore e ha portato la rossa più vicina alla vittoria coi due secondi posti di Barcellona e Sakhir. È stato spesso più costante e lineare, Iceman, sulla distanza, sul passo gara.

Ricominciare – Oggi gli resta un altro fiore non colto, la domanda di quel che sarebbe stato senza quel largo. Di quel che sarà dopo un gran premio senza festa e champagne. Monaco è il Rubicone del 2016 ferrarista. La sottile linea rossa è ormai oltrepassata. Da qui si può solo ricominciare. Ricostruire. Ripartire. Con meno pressione e meno fretta. Ma senza perdere la rotta.

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