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100 volte Targa Florio, storia della corsa più amata di Sicilia

Vincenzo Florio l’ha creata nel 1906 sulle Madonie. E’ rimasta una corsa competitiva fino al 1977. Qui hanno gareggiato Ascari e Enzo Ferrari, Stirling Moss e Graham Hill. Ma nessuno ha appassionato quanto il siciliano Nino Vaccarella.
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“Termini, la tranquilla industre cittadina specchiante su d'un golfo d'opale non si riconosce più. E corsa in ogni senso da un nugolo d'automobili che s'inseguono vertiginosamente e passano davanti agli occhi attenti del pedone, rapidi come una visione”. Il Giornale di Sicilia racconta così la prima Targa Florio, che tocca oggi le 100 edizioni. È il 6 maggio 1906 quando prende corpo la visione di Vincenzo Florio, giovane rampollo palermitano di una delle famiglie più influenti della Sicilia (i Florio del tonno, del marsala, i proprietari del quotidiano L'Ora di Palermo). Nel 1905 ha organizzato a Brescia la Coppa Florio con l'amico parigino Henry Desgrange, direttore del quotidiano L’Auto. In una Sicilia in cui all'epoca circolavano non più di una cinquantina di auto, Florio porta la corsa sul Grande Circuito tra i Monti delle Madonie, che partiva dal rettifilo di Bonfornello e traversava anche le due Petralie, Geraci, Castelbuono e Isnello, con arrivo nella stazione di partenza presso l’antico tempio imerese. Un percorso di 146,901 km da ripetere tre volte. È nata “a Cursa”, la Corsa, vinta in quella prima edizione da Cagno su Itala in 9h 32’ 22″, alla media di 46,5 Kmh.

Gli anni pionieristici – Memorabile la seconda edizione, la “trionfale”, con il debutto della Opel, guidata dal suo stesso fondatore e costruttore Fritz, e di pneumatici Michelin che per la prima volta si smontano con tutto il cerchio: vincerà Felice Nazzaro, l'autista di Vincenzo Florio. La crisi economica complica lo scenario fino allo scoppio della Grande Guerra. Florio, che nel 1913 e 1914 ha provato a varare una formula nuova, un Giro di Sicilia in due tappe, vede cancellata la sua creatura fino al 1919. Tornato all'idea originaria, e grazie ai contatti mai interrotti con i parigini de L'Auto, riporta la corsa sulle Madonie su un tracciato più breve, da 108 km da ripetersi quattro volte: partecipano anche Enzo Ferrari (proprio il Drake, nessuna omonimia) e Antonio Ascari, ma vince Andrè Boillot su una Peugeot “L 25”, la “Belle Helene”, dopo aver urtato le tribune e tentato di tagliare il traguardo in retromarcia.

Fasto e declino – Il 1922 è l'anno della svolta per l'automobile, con la Fiat che inaugura il Lingotto, e del trionfo del conte Masetti. L'anno successivo trionfa Ugo Sivocci su Alfa Romeo: per celebrare la vittoria, fa dipingere sul cofano un quadrifoglio verde su fondo bianco, che diventerà il simbolo della casa di Arese. La prima spedizione in Sicilia di una casa automobilistica, con a capo Ferdinand Porsche, è la vera attrazione dell'edizione 1924. Due anni dopo, il pubblico piange il conte Masetti, “il leone delle Madonie”: la sua Delage si capovolge sotto Caltavuturo per un guasto ai freni. Sono anni gloriosi, illuminati nella ventesima edizione (1930) dal duello fra Nuvolari e Varzi, debuttante e vincitore, ammansiti da una monumentale cena a base di formaggio e carciofi nel casolare di Cerda di un contadino amico del Cavaliere Florio. Dal 1931, poi, la gara si disputerà sul Piccolo circuito delle Madonie fino al 1977, con l'eccezione solo di qualche edizione emigrata al Parco della Favorita. Dal 1933, la Targa subisce una serie di mortificazioni, anche perché deve inchinarsi al regime fascista e a interessi che poco hanno a che fare con lo sport. Inizia una fase declino, anche personale per Vincenzo Florio che parte in esilio a Tripoli.

Il fascismo – Nel 1941 il terreno e gli impianti delle tribune vengono venduti. I nuovi proprietari firmano un contratto con una clausola capestro che vieta di fatto l'organizzazione della gara. Ma i Florio hanno mille risorse. Hanno costruito il Teatro Politeama e il Massimo, hanno permesso a Ernesto Basile di trasformare la città in una delle capitale del Liberty italiano, hanno trasformato Villa Florio nel salotto più ambito. Il principe Raimondo Lanza di Trabia, nipote prediletto del Cavaliere e inventore de facto del calciomercato, è il più attivo sostenitore del ritorno della Targa, che torna a illuminare la Sicilia, intanto diventata una Regione a statuto speciale, il 3 e 4 aprile 1948. Due anni dopo verrà introdotta per la prima volta la categoria Gran Turismo, ma solo dal 1951 la corsa potrà definitivamente tornare sul Piccolo circuito.

L'eccezione del 1957 – Nel 1957, tra Cerlongo e Guidizzolo, la Ferrari numero 531 di De Portago, “Fon” per gli amici, crea un entusiasmo febbrile nei tifosi, in gran parte contadini, assiepati per un pomeriggio di festa. Ma la gomma anteriore sinistra esplode. Sono le 16.03, la vettura trancia un paracarro, si impenna, travolge un palo del telefono e inizia una tragica scia di sangue falciando le persone che sostano sulla riva del fosso e nello spiazzo all’ingresso della Corte. È l'incidente mortale che mette fine alla Mille Miglia nella versione originale e causerà a Enzo Ferrari un'imputazione di omicidio colposo da cui verrà assolto solo il 26 luglio 1961. Per questo, dopo lo shock per la tragedia, la Targa Florio solo per un anno si trasforma in una prova di regolarità

Nuova era – Dagli anni '60, la corsa a conduzione familiare passa sotto il controllo dell’Automobile Club Palermo. Al via si presentano anche Maurice Trintignant, uomo nuovo in Targa, Graham Hill, “felice di ritornare sulle Madonie dove c’è sempre qualcosa da imparare”, e Stirling Moss già vincitore nel 1955. Ma a vincere è la Ferrari di Von Trips, il “barone tedesco volante”, che morirà un mese dopo al Gran Premio d’Italia a Monza. Sulle strade delle Madonie si continuano a scrivere pagine importanti nell'innovazione tecnologica: nel 1964, una Ferrari urta un paracarro sulla discesa per Collesano, così si staccano i ganci del cofano posteriore che si apre al contrario e non si stacca dalla carrozzeria: da quel giorno diventa chiaro per tutti che devono sollevarsi verso l'alto in avanti.

La prima di Vaccarella – Ad accendere la fantasia dei siciliani non c'è solo il motore delle Ferrari. C'è soprattutto il sogno di Nino Vaccarella, siciliano delle Madonie, in coppia con Bandini su una delle vetture del Cavallino (una 275/P2 di 3300cm cubici) che cerca la rivincita sulle Ford dominatrici a inizio stagione a Daytona. La mattina del 9 maggio 1965 un sole splendente in un cielo azzurro e una folla oceanica sparsa sul circuito, le cronache parlano di 200-250 mila spettatori, fanno da cornice a un capolavoro. L'ultimo passaggio a Collesano è scandito da una pioggia di petali di rose rosse da ogni balcone. Le Madonie si impongono sul mondo, la Ferrari riscatta l'Italia, a Vaccarella viene assegnata una medaglia d'oro e la cittadinanza onoraria di Collesano.

1977, la fine e il nuovo inizio – La fine della Targa Florio per come l'abbiamo conosciuta ha una data precisa. È il 15 maggio 1977. è un'estate turbolenta, a Torino le Br hanno ucciso Fulvio Croce e i giurati popolari hanno iniziato a presentare certificati medici, a Roma muore Giorgiana Masi e due settimane dopo saranno gambizzati Indro Montanelli e Emilio Rossi, direttore del TG1. Al quinto giro della Targa Florio numero 61, la Osella del marchigiano Ciuti, esperto pilota di gare in salita, perde aderenza nei pressi di Buonfornello: ne consegue una serie di tragiche piroette che falciano un gruppo di tifosi troppo vicini alla strada. Quell'ultima Targa vede la vittoria di Restivo – Apache con una Chevron BMW B 36 di 2000 cc. L'incidente chiude la storia della gara, con una formula per molti superata, che sopravvive solo come evento rievocativo. È una missione, una promessa da mantenere. “Continuate la mia opera” chiedeva Vincenzo Florio alla prima, 110 anni fa, “perché l'ho creata per sfidare il tempo”.

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