A volte ritornano, i cinque grandi ripensamenti nella storia della F1
Le lacrime, la commozione, il saluto di tutti a Interlagos. Il pianto, la malinconia, l'addio. Un finale che finale non è, per Felipe Massa. Il brasiliano ci ripensa e rimane al volante della Williams. Non è certo il primo caso di ritiro annunciato e rientrato in F1, il primo fu Froilan Gonzalez, l'argentino che regalò il primo successo alla Ferrari. Il più spettacolare, per molti versi, è il secondo ritorno di Niki Lauda.
Niki Lauda: dall'addio al titolo
“Ne ho abbastanza di guidare le tue macchine in tondo”. È il 1979 e Niki Lauda lascia così la Brabham di Bernie Ecclestone e la Formula 1 a metà della sessione di prove libere del GP del Canada. Non sente motivazione, non c'è più il gusto della sfida. Si interessa solo della sua compagnia aerea che gli crea non pochi problemi. Lascia il Canada per discutere l'acquisto di un DC-10 in California, ma il governo austriaco prima blocca la creazione della Lauda Air perché sostiene non può esserci nessun'altra compagnia oltre la Austrian Air, poi gli impone una forte multa per tasse non pagate sui suoi guadagni all'estero. Deve anche sottoporsi alla visita militare, a 33 anni, ma verrà scartato perché inidoneo a causa delle menomazioni e delle ustioni dopo il rogo al Nurburgring. Tre anni dopo, però, si riavvicina alle corse. Commenta un Gp per la tv e sente tornare l'entusiasmo. Quasi nello stesso periodo Ron Dennis gli offre un contratto per tre gare con la McLaren: se i risultati saranno buoni, così chiede lo sponsor Marlboro, sarà rinnovato per altre tre Lauda accetta di mettersi al volante della MP4/1B l'evoluzione della prima monoposto interamente in fibra di carbonio. Al terzo GP, a Long Beach, Lauda vince e firma un contratto, con ingaggio maggiorato di un milione, per tutta la stagione. Non gli piacciono, però, i motori turbo che iniziano a spopolare. Per il 1984, la scuderia si accorda per la fornitura dei motori V6 Porsche griffati però Tag Heuer. Prost, suo compagno di squadra, lo batte sistematicamente in qualifica. “Allora ho cambiato strategia” ha detto al sito della Formula 1, “ho iniziato a pensare in ottica gara”. E funziona. Prost vince più gran premi ma, complice anche la sospensione a Montecarlo che frena la rimonta di Senna, Lauda conquisterà il titolo mondiale per mezzo punto.
Nigel Mansell: il ruggito del Leone
Il Leone è il re dei ritorni. Annuncia l'addio una prima volta nel 1990, in protesta con la Ferrari: è convinto che la scuderia abbia favorito Prost. Frank Williams però lo convince a tornare per il 1991. Mansell rimane bloccato a pochi metri dal traguardo in Canada mentre saluta il pubblico per festeggiare la 32ma vittoria, che invece non ci sarà, sfodera una prestazione dominante a Silverstone, regala un duello memorabile con Senna in Spagna con tanto di sorpasso da applausi alla prima curva ma va lungo a Suzuka e il sogno mondiale è rimandato al 1992. è una stagione trionfale, la festa si celebra col secondo posto al Nurburgring. “Adesso sai perché sono così bastardo” gli sussurra Senna sul podio, “perché non vorrei perdere mai la sensazione che stai provando adesso, e non vorrei mai che la provi qualcun altro”. Sarà proprio per prendere il posto del brasiliano dopo l'incidente mortale al Tamburello, che Mansell tornerà ancora in Williams per le ultime quattro gare del 1994. Vincerà anche l'ultima prova, in Australia, dopo l'incidente fra Damon Hill e Michael Schumacher. Durerà appena due gare invece, la sua seconda esperienza in McLaren nel 1995. Per oltre vent'anni, prima del ritorno di Schumi in Mercedes, il Leone resterà l'ultimo over 40 ad aver preso il via in F1.
Alain Prost campione dopo l'anno sabbatico
Oltre a Lauda e Mansell, solo Prost ha vinto nella sua seconda parentesi in F1. Nel 1991, dopo il Gp di Monaco, la Ferrari licenzia il direttore sportivo Cesare Fiorio sostituito dal trittico composto da Piero Fusaro, Piero Lardi Ferrari e Claudio Lombardi. A Suzuka, dopo una delle gare migliori della sua difficile stagione, Prost paragona la Rossa a un camion. “Avevo avuto un problema allo sterzo. Avevo toccato qualcuno al via” raccontava a GQ nel 2014. “Al traguardo provai a spiegare il perché del dolore alla braccia e usai quella metafora. In occasione dell’arbitrato cui fu dato avvio per definire i rapporti tra me e la Ferrari, chiedemmo di mostrarci l’intervista, cosa che non avvenne. È impossibile trovare una registrazione in cui io dica quelle parole”. Una settimana dopo abrebbe “dovuto firmare un contratto per diventare pilota e direttore sportivo nella stagione successiva”. Invece, si prende un anno sabbatico, commenta per la tv francese TF1. Torna nel 1993, strappa un ottimo contratto a Frank Williams e alla prima gara del Mondiale, l'ultimo gran premio nella storia a Kyalami, firma pole e vittoria, nonostante il diluvio nei due giri conclusivi. Ha avuto anche discussioni forti con la FISA per quelli che vengono considerati commenti offensivi sulla F1 e dopo il GP di Monaco si ritrova a cinque punti nel Mondiale da Senna. Adelaide, ultima gara della stagione, segna la fine di un'epoca. Senna vince la sua ultima gara, Prost il suo ultimo Mondiale e si ritira. L'abbraccio sul podio sembra aprire a un nuovo futuro, che però ha in serbo solo dolore e morte.
Michael Schumacher e la scommessa Mercedes
Nel 2010, al via del Gp del Bahrain, Michael Schumacher ha scritto la storia. Sono passati 18 anni, sei mesi e 17 giorni dalla sua prima gara, è la carriera più lunga di tutti i tempi in Formula 1. La sua prima carriera tra Benetton e Ferrari lo rende il pilota più vincente di sempre. Annuncia il ritiro nell'estate 2006 ma rimane come consigliere speciale al Cavallino che gli chiede di rientrare nel 2009 e sostituire Massa dopo il grave infortunio a Budapest. Ci prova, svolge anche dei test ma deve rinunciare, ha ancora dolori al collo per un incidente in moto di sei mesi prima. Però qualcosa scatta. “Sento di avere ritrovato dopo tre anni l'energia per un impegno serio” spiega. E accetta l'invito di Ross Brawn, appena nominato presidente non esecutivo del team, per tornare al volante in F1, con la Mercedes. Le Frecce d'Argento non sono ancora le monoposto che domineranno nell'era dell'ibrido. Per la prima volta, Schumacher chiude due intere stagioni senza podi e senza vittorie, con l'effimero record del maggior numero di sorpassi nel Mondiale 2011. La pole di Monaco 2012, solo virtuale perché sarà retrocesso al sesto posto per una penalità a Barcellona, e il terzo posto a Valencia, restano gli unici acuti di una seconda carriera in cui ha battezzato gli inizi di un giovane Nico Rosberg.
Alan Jones e il flop Haas-Lola
Erano passati quattro anni anche fra le due carriere di Alan Jones, il secondo australiano campione del mondo dopo Jack Brabham. Con la Williams vince 4 Gp nel 1979 e il titolo nel 1980. L'anno successivo, nonostante una vittoria memorabile a Las Vegas, paga la tensione interna con Carlos Reutemann e lascia la F1. “Non voglio più vedere un aeroporto in vita mia” annuncia e si ritira nella sua fattoria vicino Melbourne. Rifiuta anche l'offerta della Ferrari per sostituire Pironi nel 1982, e se ne pentirà. Si avvicina alla Arrows nella stagione successiva ma gli sponsor annunciati non arrivano. Due anni dopo dice sì a un'offerta che gli pare di quelle che non si possono rifiutare. Lo statunitense Carl Haas, grazie all'investimento del gruppo Beatrice, ha coinvolto la Lola e creato una scuderia tutta nuova. Ma le vetture spinte dal motore Hart si rivelano tutt'altro che competitive e il trentanovenne Jones ottiene solo due punti in 20 gare. “Avevano tutti gli ingredienti per preparare la torta” dirà, “ma non sapevano come accendere il forno”.