Austin, l’en plein del cowboy Marquez: il trionfo dell’intelligenza e della completezza
Un cowboy, un ballerino, un fenomeno. A Austin, sulla pista più completa del Mondiale, Marc Marquez infila la sesta vittoria su sei. Chiude con tre secondi e 56 di vantaggio su Vinales, ma solo perché nell'ultimo settore dell'ultimo giro ha praticamente smesso di guidare e iniziato a veleggiare in un anticipo di giro d'onore. Da applausi il terzo posto di Iannone, a podio per la prima volta dopo 525 giorni. Rossi e Dovizioso, che sapevano di dover correre in difesa, si prendono un quarto e un quinto posto con molte note positive. Delude Lorenzo, undicesimo. Splendido Pedrosa, sul podio tre volte su quattro nelle precedenti apparizioni, settimo con un polso fratturato e da poco operato.
Rossi e Vinales, segnali di vita dalla M1
Nel Texas di Colin Edwards e Ben Spies, Nicky Hayden e Kevin Schwantz, che ha progettato questo tracciato, uno dei più belli del mondo, i piloti devono lottare con gli avvallamenti che nonostante gli interventi della vigilia restano sulla pista Rossi, il più simpatico del paddock ha detto Schwantz, che solo qui e ad Aragon non ha ancora vinto in MotoGP, cerca ancora la gomma più dura dietro. Con le dure al posteriore anche Iannone, le Ducati e le Honda.
Vinales, uno dei piloti con il passo migliore a Austin, sei decimi dietro Marquez nel warm up, il primo non-Honda il pole negli USA dai tempi di Jorge Lorenzo a Laguna Seca nel 2012. Fuori al secondo giro l'anno scorso, Vinales cresce alla distanza e chiude davanti a Iannone, costretto a una maggiore prudenza in frenata, scattato in prima fila per la prima volta da Valencia 2017, miglior qualifica per un pilota Suzuki negli Usa dalla pole di Chris Vermeulen a Laguna Seca nel 2007. Iannone, che ancora deve rinnovare il contratto, dimostra di poter fare quel che vuole con la moto nei primi giri anche se scoda un po' nel tentativo di tenere la scia di Marquez, forse surriscaldando anche eccessivamente le gomme. E questo spiegherebbe anche la facilità dell'attacco di Vinales alla prima curva. Nel finale recupera oltre un secondo nei primi due settori nel penultimo giro. Ma è troppo tardi per l'italiano, che potrebbe lasciare la Suzuki e magari ingolosire Lorenzo.
Lorenzo e Dovizioso, distanza atlantica
E' ottima la partenza di Dovizioso, perde subito tante posizioni Lorenzo che pure si era detto soddisfatto dei ritmi con gomme nuove e soprattutto della carena con i profili che, diceva, “è la miglior soluzione dal punto di vista aerodinamico, lo è anche per il mio stile di guida” in quanto la moto è più stabile e non si chiude più l'anteriore in curva.
Anche Austin, comunque, marca la differenza fra lo spagnolo e Dovizioso. La difficoltà di un campione come Lorenzo, però, non si può del tutto paragonare alle stagioni complicate di Rossi in Ducati. All'epoca, infatti, nemmeno Hayden, suo compagno di squadra, faceva viaggiare la rossa. Quest'anno, invece, Dovi la fa volare. Il problema, dunque, non sta nella moto ma nella distanza fra le caratteristiche della moto e il suo stile di guida.
La danza di Marquez
Dovizioso, partito con la consapevolezza che Austin sia una pista in cui correre in difesa prima di tornare su una pista favorevole, e riasfaltata come Jerez, gestisce la gomma con quell'intelligenza che Schwantz gli riconosceva alla vigilia. Dovizioso, spiegava ieri, soffriva di un problema, individuava un "limite" sulla Desmosedici che non ha voluto specificare troppo. Non è escluso che si trattasse di un pompaggio eccessivo al posteriore, misura di un grip non abbastanza intenso, che toglie un po' di trazione e di velocità in uscita dall'ultima curva.
Non c'è verso però, ormai è chiaro, di fermare Marquez a Austin. Dolce in frenata, aggressivo ma stavolta senza eccedere, fa la differenza nel "serpentone", la successione di curve che vanno dalla due alla frenata prima del lungo rettilineo. Viaggia a un ritmo non sostenibile lo spagnolo che "sul campo", al di là della penalizzazione, ha festeggiato la sesta pole su sei su questo tracciato, la serie più lunga su uno stesso circuito nell'era moderna del motorsport, dal 1974.
Pedrosa più forte del dolore
Applausi a Dani Pedrosa, che si è operato per una frattura al polso subito dopo il Gran Premio a Termas de Rio Hondo eppure, su una pista lunga, difficile, dolorosa, si mantiene a metà gara a tre decimi da Dovizioso, attaccato al treno dei primi. Ieri mattina, spiegava dopo le qualifiche, "ho dovuto compiere un grande sforzo e ho sentito ancora più dolore rispetto al giorno prima: speravo nella pioggia, così potevo far riposare di più la mano, ma purtroppo la pista era asciutta. In ogni caso la cosa più sorprendente è che riesco a guidare". Abbandona, invece, Abraham per il dolore al polso.
La scivolata di Crutchlow scalda la seconda metà di gara, che evidenzia il lavoro sugli pneumatici e conferma la tradizione negativa dei britannici, mai sul podio a Austin. Iannone continua a girare sugli stessi tempi di Vinales, mentre Rossi negli ultimi 7-8 giri sembra rallentare un po' e perdere contatto, anche se non può permettersi di perdere troppo terreno dall'italiano che ha una gomma media dietro e gli rifila due-tre decimi al giro.
Deludono Espargaro e Petrucci, fuori dai primi dieci. Austin è una pista che esalta le moto complete, e questo penalizza l'Aprilia che evidentemente è ancora acerba sotto alcuni aspetti del set-up, a dispetto di prestazioni decisamente incoraggianti sul giro secco.